Per ritrovare equilibrio tra libertà, economia, giustizia.

Prof. Paolo Rizzi

Prof. Paolo Rizzi

All’importante appuntamento dedicato all’approfondimento delle linee guida del Messaggio per la Giornata della Pace 2022 a cura di S.E. Mons. Mario Toso domenica 4 gennaio, nell’ambito degli incontri promossi dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa e dalla Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo è continuata l’attenzione al Messaggio domenica 16 gennaio con un focus sul tema della cittadinanza e educazione alla pace per lo sviluppo della corresponsabilità necessaria ad una convivenza più giusta e fraterna, ordinata alla pace. Pubblichiamo di seguito la stimolante riflessione proposta dal Prof. Paolo Rizzi, docente di politica economica dell’Università Cattolica di Piacenza e Coordinatore “Cives”.
Segnaliamo che è possibile visionare sulla pagina youtubefraternitàfrancescanafratejacopa la registrazione video, completa del vivace dibattito intervenuto.

Educazione alla cittadinanza. Il contributo della Chiesa
Negli ultimi anni l’esigenza di introdurre o rafforzare l’educazione alla cittadinanza è diventata sempre più forte nei paesi occidentali, colpiti da sfide epocali: le difficoltà del sistema politico e istituzionali con nuove spinte a forme più o meno accentuate di sovranismo e populismo; l’erosione del capitale sociale e della fiducia nelle istituzioni pubbliche; il riaccendersi di squilibri geopolitici sia in Europa (crisi balcanica, Ucraina) che nel Sud del mondo; gli effetti incerti della pandemia da Covid19 sulla psicologia collettiva; la continua minaccia del terrorismo islamico e della violenza civile nelle società avanzate.
Anche in Italia con la legge 92 del 2019 l’educazione civica è stata reintrodotta nelle scuole di ogni ordine, dopo le indicazioni anche a livello europeo. I temi centrali del quadro disciplinare sono lo studio della Costituzione per comprendere l’architettura istituzionale e i valori fondandi della vita democratica del nostro paese; lo sviluppo sostenibile per applicare anche in Italia gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu; la cittadinanza digitale per dotare i futuri cittadini di capacità di utilizzare in modo critico e responsabile i nuovi mezzi di comunicazione virtuali.

I contributi del Consiglio d’Europa e delle Nazioni Unite
Il Consiglio d’Europa nel 2016 ha elaborato un documento strategico importante per promuovere l’educazione alla convivenza democratica: “Competences for democratic culture. Living together as equals in culturally diverse democratic societies”. Si propone un insieme di 20 competenze da diffondere e trasmettere. Innanzitutto, tre insiemi di valori di base: valorizzare la dignità e i diritti; valorizzare la diversità culturale; valorizzare la democrazia, la giustizia, l’equità, l’uguaglianza e la legalità. Sono poi proposti sei atteggiamenti: l’apertura all’alterità culturale e ad altre convinzioni, visioni del mondo e usanze; il rispetto; il civismo; la responsabilità; l’autoefficacia; la tolleranza dell’incertezza.
Per la traduzione e l’applicazione dei valori e degli atteggiamenti sono definite anche le abilità da acquisire per essere cittadini responsabili e consapevoli: l’abilita di apprendimento autonomo; di pensiero analitico e critico; di ascolto e osservazione; l’empatia; la flessibilità e l’adattabilità; le abilità linguistiche e comunicative; di cooperazione; di risoluzione dei conflitti. Infine, sono indicati tre aree di conoscenza e comprensione critica: di sé; del linguaggio e della comunicazione; del mondo, per permettere a tutti di “leggere” criticamente la politica, la legge, i diritti umani, la cultura, la storia, l’economia, la sostenibilità. Anche l’Unesco, l’agenzia dell’Onu sull’educazione, ha introdotto il concetto di Educazione alla Cittadinanza Globale (ECG), come fondamento del vivere collettivo planetario.

Il Patto Educativo Globale di Papa Francesco
Nel 2019 Bergoglio ha invitato tutti i paesi a «dialogare sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta e sulla necessità di investire i talenti di tutti, perché ogni cambiamento ha bisogno di un cammino educativo per far maturare una nuova solidarietà universale e una società più accogliente». L’obiettivo del Patto Educativo Globale è quello di «ravvivare l’impegno per e con le nuove generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione ».
È una proposta forte di alleanza educativa per «formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna».
Il Papa propone sette impegni per il Patto Educativo Globale: mettere al centro di ogni processo educativo la persona; ascoltare le giovani generazioni; favorire la piena partecipazione delle donne all’istruzione; responsabilizzare la famiglia quale primo soggetto educatore; educare e educarci all’accoglienza; studiare nuovi modi di intendere l’economia e la politica nella prospettiva dell’ecologia integrale; custodire e coltivare la nostra casa comune.

Ma come siamo messi in termini di valori civici?
Da decenni si parla di “caduta dei valori” e di “desolidarizzazione” in Europa per indicare l’erosione di quei principi di etica civica che costituiscono il fondamento della convivenza civile. Tra le molte indagini realizzate sul tema l’European Social Survey, su un campione di oltre 55 mila cittadini europei, ci permette di verificare l’importanza attribuita ad alcuni di questi valori di base. Solo la famiglia e il lavoro sono considerati aspetti “molto importanti” nella vita degli europei, mentre la religione e soprattutto la politica hanno progressivamente perso rilevanza. In particolare, le nuove generazioni denunciano una preoccupante sfiducia nella politica, che non rientra più nella propria sfera valoriale: in Italia se tra gli adulti religione e politica sono consideranti “molti importanti” rispettivamente dal 22,4% e dal 10,1% degli intervistati, tra i giovani queste quote scendono al 18,5% e all’8%, facendo emergere con chiarezza l’urgenza di percorsi educativi più coinvolgenti sia a livello di Chiesa che di istituzioni pubbliche.

Il contributo educativo della Chiesa
La Chiesa è ancora in grado di proporre modelli valoriali orientati alla solidarietà e alla convivenza democratica? Fortunatamente sì. Nonostante le difficoltà evidenti della Chiesa in questo tempo difficile, tra scandali legati agli abusi sui minori e alla corruzione economica, crollo delle vocazioni e riduzione continua della partecipazione alle celebrazioni liturgiche, il lavoro capillare dell’educazione e della catechesi di parrocchie e movimenti riescono ancora a favorire processi educativi che toccano il cuore e la mente delle persone e dei giovani. La forza del Vangelo sembra quindi ancora oggi “trasmettere” valori e principi orientati all’altruismo, all’attenzione agli altri, ad una cittadinanza più responsabile. In una recente indagine su circa 400 giovani della Diocesi di Piacenza si è potuto verificare se ci sono differenze nella scala dei valori dei ragazzi che partecipano attivamente alla vita delle parrocchie (in ambito caritativo, liturgico o catechetico) e coetanei tra i 18-30 anni che al contrario sono fuori dai percorsi di impegno diretto nella vita ecclesiale.
Se sul primato attribuito a salute, famiglia, amicizia, libertà e amore sia la graduatoria che la rilevanza del “molto importante” risultano simili tra giovani “dentro” e “fuori” dalla Chiesa, sui valori materialistici e sulle cosiddette motivazioni “estrinseche” i giovani che partecipano alla vita delle comunità ecclesiali si mostrano più refrattari. L’importanza attribuita al benessere economico, al guadagnare, alla carriera, al prestigio sociale risulta circa la metà di quella dei loro coetanei che non partecipano. Al contrario il significato dato a solidarietà, pace, impegno sociale e anche politica risulta più elevato, in alcuni casi in misura considerevole. Sono dati interessanti che rincuorano e confermano la bontà dell’impegno educativo delle comunità cristiane, anche in un’ottica di pura rilevanza civica.
Certo questi dati non devono indurre ad accontentarsi del lavoro educativo in atto, perché l’esigenza di educare ai valori e alla fiducia, anche solo dal punto di vista sociale, è sempre forte. Manca spesso la capacità di tradurre il messaggio evangelico in modo “attraente” per i giovani, con un linguaggio comprensibile, con strumenti educativi adatti ai tempi e alla lunghezza d’onda della comunicazione contemporanea. Se oggi la dimensione dell’“inducere” nel processo educativo (stimolare, insegnare, indurre) è presente, manca certamente una capacità di “seducere”, ovvero instillare nei ragazzi la forza e la bellezza dei valori di solidarietà e cittadinanza che il Vangelo contiene in modo profondo.
Mancano soprattutto scuole di formazione sociale capaci di parlare e attirare giovani con linguaggi più freschi e coinvolgenti. Una piccola esperienza è quella di Cives, spazio di formazione civica, organizzato dall’Università Cattolica di Piacenza che nelle Diocesi di Piacenza e Benevento da oltre 20 anni cerca di introdurre innovazioni metodologiche nel percorso educativo alla cittadinanza.

La Settimana Sociale dei cattolici italiani di Taranto 
In questa direzione la 49 Settimana Sociale, organizzata il 22-25 ottobre 2021 nella città pugliese è un altro segno molto incoraggiante per la Chiesa italiana, sia per la partecipazione vivace e colorata di tantissimi giovani sia per i contenuti elaborati nei mesi preparatori e nei lavori di gruppo del convegno. Sono state proposte politiche concrete per rispondere al quesito che ha titolato l’evento “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro”: dalla tassazione dei mali e non beni al superamento degli appalti al massimo ribasso soprattutto nei servizi alla persona, dall’introduzione di indicatori sociali ed ambientali per la premialità di manager, lavoratrici e lavoratori, all’obbligatorietà della rendicontazione non finanziaria per le imprese con oltre 250 dipendenti, dai bond sociali di territorio per lo sviluppo comunitario ad una maggiore e migliore formazione appunto.
Ma anche nelle scelte personali e negli stili di vita proposti l’aspetto più stimolante è quello della concretezza. Nel discorso conclusivo di Mons. Santoro Arcivescovo di Taranto, la città ferita da decenni di inquinamento e produzione insostenibile, Mons. Santoro, si legge la richiesta a parrocchie e diocesi di “prendersi l’impegno di promuovere la nascita di cooperative di comunità, cooperative di consumo, comunità energetiche e gruppi di acquisto solidale (GAS); studiare, capire e valorizzare la vocazione del proprio territorio; valorizzare le aree interne anche attraverso la pastorale rurale; essere audaci nel rivedere l’impostazione della formazione verso i giovani, non aver paura di proporre nelle catechesi l’amore e la cura della Casa Comune; provvedere a che vi sia nelle diocesi e nelle parrocchie un referente con la relativa competenza per la pastorale sociale, del lavoro e dell’ecologia integrale; adoperarsi per la valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa ed in politica sostenendo misure per il tempo di cura della famiglia”. Finalmente parole chiare, concrete, sfidanti. Un volto nuovo di Chiesa che forse si mette davvero al seguito di Papa Francesco e del suo messaggio meravigliosamente rivoluzionario per i credenti e per i non credenti.

L’enciclica Fratelli tutti e i “poeti sociali”
Lo stile di Papa Francesco anche in questa enciclica è caldo e schietto in un mix di analisi razionale e teologica e coinvolgimento emozionale e quasi poetico.
Basta rileggere alcune frasi suggestive: «Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno!» (31); «C’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana.» (43); «…siamo tutti sulla stessa barca» (30, 32). La “Fratelli tutti”, come da tradizione nella Dottrina sociale della Chiesa, presenta novità nella continuità: numerosi sono i rimandi alle altre encicliche (Laudato Si’) o esortazioni apostoliche (Querida Amazonia, Amoris laetitia, Evangelii gaudium) di Bergoglio, ma soprattutto ai contenuti delle grandi encicliche sociali dei papi precedenti: la “Caritas in veritate” di Benedetto XVI del 2009; la “Centesimus annus” del 1991, la “Sollicitudo rei socialis” del 1987 e la “Laborem exercens” del 1981 di Giovanni Paolo II; la “Populorum Progressio” del 1967 di Paolo VI; la “Pacem in terris” del 1963 di Giovanni XXIII, per non parlare della “Gaudium et spes” del Concilio Vaticano II del 1965. Un patrimonio ricchissimo di esortazioni, principi, valori che danno indicazioni chiare su un nuovo modo di vedere e vivere la politica e l’economia, per recuperare un equilibrio tra giustizia, progresso, sostenibilità e libertà. Nella “Fratelli” tutti Papa Francesco ribadisce che il mercato non basta: «il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale (168) …senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica…
La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno».Molto bella anche la parte dell’enciclica dedicata al rapporto tra locale e universale. Nel quarto capitolo Bergoglio scrive che «tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione.
Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana.Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra» (142).
Sono principi importanti per l’educazione alla cittadinanza perché spingono a riconoscere e valorizzare proprio la città, il territorio, il “sapore locale”. «È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo…. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia. … Non è né la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che rende sterili», è il poliedro, dove, mentre ognuno è rispettato nel suo valore, il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma» (145).
Di qui l’idea di un nuovo modello di economia, quello dell’economia civile, che attraverso l’ibridazione delle forme di impresa, profit e non profit, pubblica e privata, sociale e di mercato, riesca a riequilibrare le attuali ingiustizie e l’insostenibilità dei processi produttivi del nostro tempo. Per riuscire ad essere «seminatori di cambiamento…. “poeti sociali”, che a modo loro lavorano, propongono, promuovono e liberano»

Prof. Paolo Rizzi
Docente di Economia Politica,
Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza

Il Cantico
ISSN 1974 -2339
Pubblicazione riservata