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Per parlare di educazione serve conoscere il contesto socioculturale attuale, tale per cui è difficoltosa l’analisi stessa dei fenomeni educativi per quanto in rapida evoluzione. Per dare delle pennellate di sintesi potremmo definire la nostra una società connotata dal pensiero unico del politacally correct e da quella che Bendetto XVI definiva la Dittatura del relativismo.
A partire dalla sempre più pervasiva presenza dei social e della tecnologia, ravvisiamo una vera rivoluzione antropologica a cui si collega una emergenza educativa generalizzata: i giovani sono per la prima volta raggiunti da innumerevoli informazioni non mediate dagli adulti, esposti ai rischi dell’iperconnessione ma anche di solitudine e fragilità, per il venir meno di modelli di riferimento etici e comportamentali.
Una società ormai più gassosa che liquida – per riprendere Bauman – in cui la fluidità investe le relazioni individuali e sociali a tutti i livelli, fino a stravolgere i concetti stessi di famiglia, di persona e di identità. Molteplici i sintomi di questa crisi: l’espandersi tra i giovani delle dipendenze vecchie e nuove, della sessualizzazione e della pornografia, della violenza e di svariate manifestazioni di disagio – dall’autolesionismo ai disturbi psichici – e di comportamenti ispirati alla fluidità sessuale, che i giovani assimilano da tutti i contesti comunicativi.
Temi che investono tutta la sfera dell’educazione affettiva – da intendersi come educazione della persona in tutti i suoi aspetti – che è focus di questo convegno; temi che chiamano in causa la responsabilità educativa dei genitori nella famiglia, nella scuola e in tutta la società.
Se può essere condivisibile una educazione alla sessualità che tenga conto di tutte le dimensioni della persona, delle sensibilità dei discenti e delle scelte educative delle famiglie, oggi si assiste in prevalenza nelle scuole ad un’educazione sessuale che si limita a impartire istruzioni ‘medico-sanitarie’, incentrata sulla mentalità contraccettiva e che avalla una visione riduttiva della sessualità, scavalcando le scelte educative dei genitori, spesso neanche informati sui contenuti dei progetti.
Attraverso le iniziative scolastiche mirate alla cosiddetta “Educazione alle pari opportunità” si stanno diffondendo inoltre le teorie di genere più radicali che prospettano un ventaglio di infinite e indefinite identità. Il concetto di “parità tra i sessi” – condivisibile se inteso nell’accezione di parità di dignità e diritti – si rende spesso strumentale all’introduzione dell’indifferentismo sessuale, e apripista alla decostruzione degli archetipi fondanti la vita e le tradizioni familiari, come la categoria di maschile e femminile, e dello stesso concetto di eterosessualità o di famiglia naturale.
Non è questa la sede per una disamina esaustiva della c.d. Teoria Gender. Diremo, per praticità, che con questo temine si intendono le interpretazioni più radicali e sovversive dei cosiddetti studi di genere – che sono svariati in vari campi e alcuni dei quali valorizzano opportunamente le differenze sessuali maschio femmina – e le loro applicazioni in provvedimentinormativi, iniziative culturali e didattiche. In particolare alcune posizioni estremiste del femminismo di genere e del movimento “Queer”, collegate alle istanze rivendicative del movimento LGBT.
Il cavallo di Troia per l’ingresso del gender nelle scuole, come ci ha mostrato la cronaca degli ultimi anni – sono i progetti che vertono sul c.d. bullismo omofobico, la prevenzione della violenza di genere e dei femminicidi e in generale tutte le iniziative collegate alla Educazione alle Differenze e all’Educazione affettivo sessuale e alla salute. Progetti ad oggi in continua crescita e diffusione.
In estrema sintesi si è sdoganato un gigantesco – e ben studiato – equivoco: quello per cui per l’accoglienza delle persone con tendenze omosessuali o dei loro figli e per educare al rispetto delle donne sarebbe necessario imporre e accogliere una lettura che equipari qualsiasi orientamento o comportamento sessuale. Con la conseguenza di etichettare qualsiasi posizioni critica come forma di omofobia, discriminazione o discorso d’odio. Come a dire che non discriminare le persone voglia dire non poter discriminare – cioè sottoporre a critica intellettuale – idee o modelli. Il contrario di quello che una scuola valida dovrebbe fare, pur educando sempre e comunque al rispetto di tutte le persone, non deve imporre visioni di parte controverse e divisive.img120 (4)

Ciò invece avviene spessissimo – come dimostrano le tante segnalazioni raccolte anche dalla nostra associazione – rompendo l’alleanza scuola-famiglia e calpestando il diritto educativo dei genitori, prioritario rispetto a quello della scuola, che deve operare in maniera sussidiaria alla famiglia.
Ciò vale soprattutto per quei temi sensibili collegati alla personalità e a variabili culturali o religiose proprie del contesto familiare. È la famiglia infatti, la primigenia ed insostituibile realtà educativa, responsabile della formazione dei figli per l’edificazione della società umana.
La diffusione di tali progetti viene condotta per l’ iniziativa di associazioni LGBT o del femminismo radicale, enti locali o istituzionali – dalle Aziende Sanitarie alle Regioni – e sempre di più da singoli insegnanti, in virtù dell’ applicazione del comma 16 dell’ultima legge di riforma – la c.d. Buona Scuola – che ha introdotto l’ educazione di genere nel sistema italiano.
L’introduzione dell’educazione affettivo sessuale e dell’ottica di genere nella scuola pubblica, ci ha aperto gli occhi sull’importanza della nostra presenza come genitori nella scuola, dove questa rivoluzione antropologica è in atto da decenni, con il pericolo di una pedagogia di stato che usi la scuola pubblica per un indottrinamento di massa su questi e su altri temi. Indottrinamento più volte denunciato anche dalla Chiesa negli ultimi pontificati.
È chiamata in causa tutta la questione della libertà di scelta educativa dei genitori, sancita dall’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla nostra Costituzione. Principio fondamentale per il pluralismo e la democrazia, il cui rilancio può raggiungersi anche attraverso un rinnovato protagonismo educativo dei genitori nella scuola.
La spinosa questione del gender segnala un nodo di senso ineludibile, al di là di fraintendimenti, di azioni di attacco ma anche di posizioni a volte troppo concilianti. La polarizzazione tra le fazioni opposte – no-gender / pro-gender – ha in molti casi banalizzato il dibattito, che deve essere inquadrato in modo nuovo ed efficace. Le sfide legate all’educazione affettiva e “di genere” sono oggi la leva per richiamare i genitori alla loro responsabilità globale nell’educazione e a sollecitare risposte innovative sul piano pedagogico, scolastico e culturale. Nonché per una rivendicazione costruttiva della priorità che ad ogni livello della ‘cosa pubblica’ deve essere riconosciuta ai genitori nell’educazione dei figli.
Nella scuola pubblica non andranno mai imposti temi educativi sensibili divisivi o scientificamente infondati, evitando scelte didattiche che oppongano dialetticamente scuola e famiglia. Ne consegue che i genitori debbano essere coinvolti nelle attività e dettagliatamente informati in modo da esprimere il loro consenso/dissenso per gli aspetti valoriali ed educativi.
Una delle rilevanti conquiste degli ultimi tempi per i diritti dei genitori è stato il ravvivarsi dell’associazionismo familiare legato all’educazione e la conquista di strumenti come il riconoscimento da parte del MIUR – attraverso la Nota n. 4321 del 20 Novembre 2018 – della prassi del Consenso Informato Preventivo, per tutti i progetti sui temi educativi sensibili, e del loro carattere di non obbligatorietà, anche se svolti in orario normale di lezione.
Ma ogni legge per non restare sulla carta ha bisogno di cittadini che la facciano rispettare.Per diffondere questi principi oggi serve promuovere la partecipazione dei genitori nella scuola e nella società, riconquistando tutti gli spazi democratici ad essa deputati, dagli organi collegiali, alle associazioni di genitori, alla piazza stessa, luogo della democrazia per eccellenza.
Ecco perchè Articolo 26 si sta impegnando con passione a promuovere il valore formativo della famiglia nella scuola, nell’ educazione formando i genitori per “esserci”, in forme dialoganti ma assertive al tempo stesso.
Negli ultimi 5 anni abbiamo sostenuto e messo in rete decine di comitati di genitori in un numero sempre crescente di città, rappresentando le loro istanze su tutti i temi del rapporto scuola-famiglia presso le Istituzioni a tutti i livelli. In molti casi il confronto con le scuole e gli Uffici scolastici locali ha prodotto ottimi risultati, per le famiglie e per le scuole.
Circa i progetti scolastici critici spesso i genitori “non sanno” e i pochi che se ne accorgono vengono isolati. Se un genitore solo è un anello debole nel macchinoso “sistema scuola”, più genitori formati e in rete sono una risorsa per tutti, per diffondere il diritto all’informazione e all’esonero, e talvolta sensibilizzare sui rischi dell’ ideologia gender e di una pedagogia di stato e per rinforzare il fondamentale patto scuola-famiglia.
Affermava profeticamente Don Giussani che oggi la famiglia deve “uscire da un comodo, anche meritato, per stabilire una trama sociale che si opponga alla trama sociale dominante” perché “La cosa più grande che noi possiamo realizzare nella vita è passare al contrattacco, per assumere una posizione personale e promuovere un’azione collettiva, sociale, esigendo la libertà di educazione nei suoi termini più concreti dallo Stato, qualunque esso sia”.
Un appello ancora più forte alla luce della discriminazione a cui i genitori sono sottoposti nel nostro paese, dove solo i ricchi possono scegliere davvero la scuola per i loro figli, in un sistema scolastico di monopolio statale che oltre che in termini di qualità, mortifica la scuola in tutta la sua ricchezza formativa, visto che chiudono circa 400 scuole paritarie l’anno. L’ombra della scuola di regime sarà sempre più concreta se non si invertirà la rotta attraverso cambiamenti politici e normativi strutturali che permettano una vera libertà di scelta educativa alle famiglie.
Principi di ragione e laici – come è Articolo 26 – che trovano anche nel magistero il loro fondamento. Dice Papa Francesco in Amoris Laetitia:
“L’educazione integrale dei figli è «dovere gravissimo » e allo stesso tempo «diritto primario» dei genitori. Non solamente un’incombenza o un peso, ma anche un diritto essenziale e insostituibile che sono chiamati a difendere e che nessuno dovrebbe pretendere di togliere loro”.
E ancora: “La Chiesa è chiamata a collaborare, con un’azione pastorale adeguata, affinché gli stessi genitori possano adempiere la loro missione educativa”.
Così chiaramente aveva parlato già nell’udienza generale su Famiglia ed Educazione del Maggio 2015: “Se l’educazione familiare ritrova la fierezza del suo protagonismo, molte cose cambieranno in meglio, per i genitori incerti e per i figli delusi. È ora che i padri e le madri ritornino dal loro esilio – perché si sono autoesiliati dall’educazione dei figli – e riassumano pienamente il loro ruolo educativo.
Speriamo che il Signore dia ai genitori questa grazia: di non autoesiliarsi nell’educazione dei figli”.

Cari genitori, è il momento di tornare dall’autoesilio.

Chiara Iannarelli
Vice Presidente dell’Associazione Articolo 26

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L’associazione “ Articolo 26” nasce nel 2014 dall’iniziativa di genitori, docenti e specialisti dell’educazione che collaborano in un numero sempre crescente di città, per promuovere la funzione formativa della famiglia e della scuola, sostenere i genitori e docenti nei loro compiti educativi, lavorando in funzione della continuità educativa scuola-famiglia, asse fondamentale per la crescita delle nuove generazioni. Articolo 26 è un’associazione aconfessionale e apartitica, attiva nella tutela dei diritti dei genitori e dei figli, che opera nel rispetto dei valori riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti del Fanciullo e dalla Costituzione Italiana e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (che all’art. 26 co. 3 riconosce: “Ai genitori spetta il primato nella scelta del genere di educazione da impartire ai loro figli”).
Articolo 26 offre la propria esperienza e le proprie risorse a supporto degli insegnanti che desiderano riaffermare e rivalutare la funzione educativa della scuola secondo fondati riferimenti pedagogici e professionali e per genitori, che oggi vanno accompagnati a riappropriarsi responsabilmente del proprio ruolo educativo nella partecipazione scuola famiglia, anche grazie a percorsi di formazione permanente e corsi specifici per genitori, insegnanti e ragazzi.
A tal fine l’associazione segue a livello nazionale la diffusione di iniziative educative e didattiche e collabora in rete con molte altre realtà del mondo associazionistico e con specialisti dell’educazione per promuovere progetti educativi e didattici per le scolaresche e per gruppi giovanili, insieme a eventi culturali, percorsi di formazione permanente e corsi specifici per genitori, insegnanti e ragazzi. Dal 2018 è entrata a far parte dell’EPA (European Parents’ Association) la più importante associazione europea di genitori impegnati nella scuola e nell’educazione.

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ISSN 1974-2339
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