Un santo inafferrabile

Lucia Baldo

sLa figura di S. Francesco è sempre stata apprezzata nella storia delle civiltà. La sua presenza è stata sentita come significativa soprattutto nell’ambito della promozione umana e della testimonianza evangelica.
La storia ecclesiastica e quella del francescanesimo hanno accentuato di più l’aspetto della testimonianza evangelica, mentre il mondo laico o laicista ha sottolineato soprattutto quello della promozione umana.
Nei momenti della storia occidentale in cui si è cercata la promozione umana, il Santo di Assisi è venuto sempre all’orizzonte. Per esempio lo spirito anticattolico ottocentesco, erede della Rivoluzione francese, rivalutò la promozione della dignità dell’uomo promossa da S. Francesco nel Medio Evo, quando l’uomo era tenuto in una condizione di anonimato e di soggezione. La stessa cosa si può dire della Rivoluzione marxista. Anche il fascismo se ne “appropriò”. Ne è dimostrazione il fatto che nel 1926 erano presenti più di settanta delegazioni ufficiali di nazioni per celebrare il VII centenario della sua morte.
Il Concilio Vaticano II ha riproposto S. Francesco come modello del rinnovamento conciliare. Mario Von Galli, rappresentate della Svizzera e della Germania al Concilio, nel libro “S. Francesco. Il futuro vissuto” sostiene che il Santo abbia anticipato la temperie di rinnovamento inaugurata dal Concilio.
Questo dimostra che il Poverello d’Assisi non rimane incapsulato nel Medio Evo, ma rappresenta un vissuto che può essere riproposto come un futuro ancora da vivere nel progresso ampio dei secoli, perché la sua testimonianza rimane anche oggi accessibile, leggibile, interpretabile, inesauribile.
Nel cristianesimo di S. Francesco non c’è nulla che non possa essere rivissuto e riprogettato, anche se le forme e i significati possono essere differenti. Questo indica quale sia l’atteggiamento, l’orizzonte da seguire nel nostro avvicinarci oggi a S. Francesco.
Il Santo di Assisi è un dono all’umanità intera, perché è fratello di tutti gli uomini, anche di quelli che non sono cristiani. Perciò egli sfugge ad ogni appropriazione e non c’è nessuno che si debba ritenere in modo trionfalistico un suo discepolo privilegiato, ma tutti ne dobbiamo parlare con timore reverenziale, come di colui che ci sopravanza sempre e di cui rimane sempre qualche aspetto insondabile e ancora tutto da scoprire e soprattutto da realizzare.
Quello che più colpisce quando ci si avvicina a S. Francesco è constatare che nella sua vita egli “non ha fatto niente”. Non è stato apologeta della Chiesa cattolica, non ha costruito ospedali, non ha dato orientamenti precisi alla dottrina cattolica…
Comunque lo guardiamo, troviamo che egli è sempre diverso da quello che noi vorremmo che fosse. Pur essendo profondamente cattolico, ha scongiurato il Papa di non elevare mai i suoi frati alla carica di vescovi, poiché non ha accettato la gerarchizzazione della sua testimonianza, ma ha aspirato solo a realizzare la forma di vita evangelica.
Nonostante ciò l’ubbidienza al Papa è rimasta per lui uno dei voti che ha voluto fossero osservati dai suoi frati.
Quindi la figura di S. Francesco delude un po’ tutti quelli che si avvicinano a lui, perché sfugge sempre. Accade così che, volendo restringerlo a un aspetto da privilegiare rispetto agli altri, si finisce con l’imprigionarlo. Lo si può ridurre, come hanno fatto Töde e Michelet, a colui che in Italia ha dato inizio all’Umanesimo e al Rinascimento, quindi alla sola promozione umana. Lo si può ridurre all’aspetto penitenziale o a quello di una santità che trascende i problemi umani, come ha fatto S. Bonaventura.
Lo si può ridurre altresì all’aspetto sociale o a quello politico, evidenziando che egli ha fatto crollare, con il suo esempio, l’organizzazione feudale. Invece S. Francesco è presente in ognuno di questi aspetti, ma è anche eccedente rispetto ad essi. La sua testimonianza cristiana non può essere racchiusa entro alcun limite. Per questo oggi essa si manifesta così fresca ed essenziale