Il sondaggista: “Un’ intera generazione non sa più cosa sia una tradizione di area popolare. E manca il laeder che connoti l’impegno con il suo essere cattolico: l’impegno con il suo essere cattolico: dubito che da solo basti”
Intervista a Nando Pagnoncelli
«L’astensionismo crescente di questi ultimi anni investe pienamente anche i cattolici», certifica Nando Pagnoncelli. L’ad di Ispos parla da esperto sondaggista, ma dice la sua anche da membro del Comitato nazionale del cammino sinodale quando, nel dirsi scettico sul fatto che ci sia spazio per un nuovo “Ppe italiano” che volesse misurarsi alle prossime elezioni, ne dà una spiegazione non confortante: «Anche i cattolici, con la crisi dei partiti, hanno preso a comportarsi come gli altri – sostiene –: non si cerca più chi lavori per il bene comune, ma ci si accontenta della proposta di un leader che prometta di migliorare la nostra condizione». Una concezione della politica che definisce «un po’ egoistica. Ed è a questo livello che bisogna lavorare, per cambiare le cose, sin dalle parrocchie».
Come trova i cattolici, oggi, nei confronti della politica?
Disillusi, né più e né meno degli altri, con la tendenza a non farsi guidare dalla dottrina sociale nelle loro scelte. Rappresentano una componente della tendenza ormai diffusa di prescindere dalle appartenenze partitiche o dalle identità. È la conferma di quello “scisma” fra l’io e il noi di cui parla papa Francesco. Per cui è diventata fragile, e volatile, la partecipazione a una formazione politica, e la stessa partecipazione al voto.
Un nuovo partito non potrebbe offrire una risposta in positivo?
Dai nostri rilevamenti non c’è una nostalgia diffusa per un partito dei cattolici e questo anche in considerazione del fatto che un’intera generazione, ormai, non ha nemmeno conosciuto la Dc e neanche ha una idea precisa di che cosa sia stata o rappresenti ancora la tradizione di impegno politico di area popolare.
Quanto influisce l’assenza di un leader con queste caratteristiche?
La personalizzazione e la mediatizzazione – è vero – sono un tratto determinante della politica moderna. Sicuramente delle figure cattoliche valide ci sono, ma è chiaro che manca il leader di spicco che sappia connotare il suo impegno con il suo essere cattolico. Anche qui, però, bisogna intendersi sul che cosa significhi dirsi, o anche solo proclamarsi in pubblico, cattolici. Non c’è un solo ambito – dagli immigrati alla famiglia, dall’Ucraina al Medio Oriente – in cui la pensino allo stesso modo. E sto parlando, badi bene, dei cattolici praticanti.
Le indicazioni del magistero sono chiare, è la politica che tira di qua e di là…
Ma proprio per questo c’è tutt’un lavoro da fare perché il cattolico diventi più responsabile, sia reso più consapevole del suo compito di cittadino, che non può consentire scappatoie come l’astensione. È un vero e proprio compito nuovo che si presenta per la Chiesa: assegnare un valore alla partecipazione.
Da dove ripartire, allora?
Paolo VI definì la politica «la più alta forma di carità». Ora, anche a non volerle dare un’accezione del tutto altruistica, bisogna almeno recuperare un equilibrio fra benessere individuale e collettivo.
Lasciar prevalere una concezione egoistica della politica è inaccettabile per un credente.
Se non un partito nuovo, l’individuazione di un leader con queste caratteristiche potrebbe aiutare?
Dubito che un leader da solo possa bastare. C’è un lavoro da fare che richiede pazienza, tempi lunghi e costanza. Per tornare ad assegnare un valore alla partecipazione, alla costruzione del bene comune.
Un lavoro pre-politico, per cercare come far convergere valori e pragmatismo.
Nel frattempo alcune “buone pratiche” non potrebbero mettere assieme cattolici di diversa appartenenza, come è avvenuto sull’assegno unico per i figli?
Ci sono tanti ambiti di impegno possibile per provare a migliorare le condizioni della comunità a cui si appartiene, e non solo le proprie. Sulla denatalità, sull’invecchiamento della popolazione, sull’ambiente. Penso alle comunità energetiche. Le hanno inventate i cattolici, alle Settimane sociali.
E si sono dimostrate una soluzione eccellente per mettere assieme gli interessi della collettività (tutelando l’ambiente) e quelli individuali, realizzando cospicui risparmi. È quella la strada da seguire.
Angelo Piccariello, Avvenire 11-2-2024
Il Cantico
ISSN 1974-2339
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