Leonardo Becchetti

papa francescoIl discorso di Papa Francesco dell’11 giugno ai partecipanti della 39ª sessione della Fao ha toccato tutti i problemi chiave del cibo e dell’agricoltura mondiale. Per alcuni versi ci è sembrato di ripercorrere il famoso “Padiglione zero” dell’Expo di Milano, dove si entra nella “sala della finanza” e sulle pareti vengono proiettati i prezzi delle derrate alimentari in Borsa, per arrivare poi nella “sala dello spreco” dove siamo informati del paradosso che il 30% del cibo prodotto nel mondo viene buttato e basterebbe a sfamare non una ma tre volte i circa 800 milioni di denutriti.
Il Papa ha accennato ieri a questo paradosso e ha ricordato il problema della volatilità dei prezzi che sappiamo inchiodare molti piccoli agricoltori sull’orlo della soglia di povertà e li costringe a usare i figli come “assicurazione” sul reddito impiegandoli nei campi e privandoli della formazione scolastica. Altri corni del problema ricordati sono quelli dell’accaparramento delle terre, della sostenibilità ambientale, della progressiva scarsità dell’acqua e dei conflitti che essa potrebbe generare.
Come intervenire se persino gli aiuti, come è stato detto, non bastano e non finiscono nelle mani giuste creando dipendenza? Due delle direzioni di rotta indicate sono quelle della modifica degli stili di vita e della sobrietà ma è il modo in cui questi princìpi vengono applicati che fa la differenza. La spinta verso la sobrietà e la sostenibilità sta ormai modificando interi settori facendo nascere economie circolari e di condivisione nelle quali gli scarti diventano nuova materia prima e i beni di consumo vengono condivisi per essere sprecati meno e usati meglio. E in questo si intravede anche la nascita di nuovi stili di vita dove alla proprietà del bene strumentale si sostituisce l’utilizzo nel momento del bisogno.
L’impatto del cambiamento degli stili di vita sul bene comune è ormai visibile. Non si tratta solo di testimoniare una “purezza” incapace di trasformare la realtà, ma di scegliere gesti in grado di avere un forte effetto sul piano politico e sociale. Secondo il principio del magis già indicato nell’Evangelii gaudium dove si afferma che è necessario «privilegiare le azioni che generano nuovi dinamismi nella società e coinvolgono altre persone e gruppi che le porteranno avanti, finché fruttifichino in importanti avvenimenti storici. Senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci ».
Facciamo un esempio concreto. Tra qualche giorno è attesa l’enciclica “Laudato si’” nella quale si sottolineerà come la sostenibilità ambientale sia oggi un caposaldo nella via verso il bene comune. E, riprendendo la campagna internazionale promossa qualche tempo fa sulla “giustizia climatica” da parte della Chiesa, si ribadirà il legame molto forte tra salvaguardia del creato e soluzione dei problemi sociali visto che i più deboli e i più poveri sono anche coloro che non hanno gli strumenti per difendersi dai disastri naturali sempre più frequenti.
Nello stesso tempo un gran numero di fondi d’investimento (totalizzano nel complesso 3 trilioni di dollari di masse gestite) ha preso l’impegno con l’accordo di Montreal di misurare l’impronta ecologica dei propri portafogli per ridurla progressivamente con adeguate scelte d’investimento. Conta più questo impegno o quello assai debole del G7 di uscire dalle fonti fossili entro il 2100?
In questi stessi anni campagne come “scopri il marchio” hanno assegnato i voti alle maggiori aziende alimentari che controllano gran parte delle sorti del cibo e dei piccoli agricoltori nelle filiere mondiali chiedendo ai cittadini di fare pressione per un cambiamento. Dall’inizio di questa campagna oltre settecento mila azioni realizzate in tutto il mondo hanno avviato un dialogo tra i promotori della campagna e le grandi multinazionali per cambiare scelte strategiche e pratiche attuali in direzione della lotta alla povertà, alla fame e per migliorare la gestione delle terre e dell’acqua. È la mano dei cittadini responsabili che si organizza e riequilibra l’azione di mercato e istituzioni in direzione di una maggiore sostenibilità sociale e ambientale.
Non possiamo e non dobbiamo limitare la nostra ambizione. Il cambiamento degli stili di vita e la sobrietà non possono essere solo gesti interiormente gratificanti, ma possono diventare azioni di stimolo al cambiamento. Il mercato è fatto di domanda e offerta e il mercato siamo noi.

CONTINUIAMO LA LOTTA ALLA FAME Dal Discorso del Santo Padre alla Fao

…Chiediamoci, che cosa possiamo fare. Anzi, che cosa io sto già facendo
Ridurre gli sprechi è essenziale, come pure riflettere sull’uso non alimentare dei prodotti agricoli, impiegati in grandi quantità per l’alimentazione degli animali o per produrre biocarburanti.fame e spreco Certo, bisogna garantire condizioni ambientali sempre più sane, ma possiamo continuare a farlo escludendo qualcuno? Serve sensibilizzare tutti i Paesi sul tipo di nutrizione adottata, e questo varia a seconda delle latitudini. Nel Sud del mondo l’attenzione va posta sulla quantità sufficiente di alimenti da garantire ad una popolazione in crescita, nel Nord il punto centrale è la qualità della nutrizione e degli alimenti. Ma sia sulla qualità che sulla quantità pesa la situazione di insicurezza determinata dal clima, dall’aumento della domanda e dall’incertezza dei prezzi.
Proviamo allora ad assumere con più decisione l’impegno di modificare gli stili di vita, e forse avremo bisogno di meno risorse. La sobrietà non si oppone allo sviluppo, anzi, è ormai evidente che è diventata una sua condizione. Per la FAO questo significa anche proseguire nella decentralizzazione, per stare in mezzo al mondo rurale e capire i bisogni della gente che l’Organizzazione è chiamata a servire. Inoltre domandiamoci: quanto incide il mercato con le sue regole sulla fame nel mondo? Dai vostri studi emerge che a partire dal 2008 il prezzo dei prodotti alimentari ha modificato il suo andamento: raddoppiato, poi stabilizzato, ma sempre con valori alti rispetto al periodo precedente. Prezzi così volatili impediscono ai più poveri di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima. E le cause sono tante. Ci preoccupano giustamente i cambiamenti climatici, ma non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria: un esempio sono i prezzi di grano, riso, mais, soia che oscillano in borsa, magari vengono legati a fondi di rendimento e, quindi, più alto è il loro prezzo maggiormente ricava il fondo. Anche qui, proviamo a percorrere un’altra strada convincendoci che i prodotti della terra hanno un valore che possiamo dire “sacro”, perché sono frutto del lavoro quotidiano di persone, famiglie, comunità di contadini. Un lavoro spesso dominato da incertezze, preoccupazioni per le condizioni climatiche, ansie per le possibili distruzioni del raccolto…
Dobbiamo cominciare dalla nostra quotidianità se vogliamo cambiare gli stili di vita, coscienti che i nostri piccoli gesti possono garantire la sostenibilità e il futuro della famiglia umana. E poi continuiamo la lotta alla fame senza secondi fini! Le proiezioni della FAO dicono che entro il 2050, con 9 miliardi di abitanti sul pianeta, la produzione deve aumentare e addirittura raddoppiare. Invece di impressionarci di fronte ai dati, modifichiamo il nostro rapporto con le risorse naturali, l’uso dei terreni; modifichiamo i consumi, senza cadere nella schiavitù del consumismo; eliminiamo lo sperpero e così sconfiggeremo la fame…

(11-06-2015)