P. Martin Carbajo Nùñez ofm
L’argomento che presento riguarda il contributo che le religioni possono dare alla convivenza pacifica nella società1. Ciò è oggi più che mai necessario, perché il nostro mondo globalizzato è soggetto a gravi tensioni. Il bene e il male hanno acquisito dimensioni planetarie, ponendo nelle nostre mani l’equilibrio ecologico e il futuro dell’umanità. Parafrasando la famosa espressione di Lorenz, possiamo dire che “il battito d’ali di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas”2.
Il ventesimo secolo è stato “il più sanguinoso della storia umana”3, e oggi le prospettive continuano ad essere poco incoraggianti. Secondo l’Istituto Heidelberg, che si dedica allo studio dei conflitti internazionali4, il 2013 è stato l’anno che ha fatto registrare il maggior numero di guerre e conflitti violenti dalla fine della seconda guerra mondiale, un numero che è in aumento dal 2006.
Ovviamente, è necessario individuare basi più stabili per la pace.
Molti autori sostengono che un’etica globale (ad es. Jonas) e un ruolo più attivo delle religioni nella sfera pubblica sono indispensabili per poter affrontare le nuove sfide. La sapienza delle grandi tradizioni religiose è in grado di offrire orientamenti ben fondati e altri contributi che possono essere decisivi al momento di costruire una nuova cultura di pace. “Il mondo ha bisogno di una rinascita attraverso i valori spirituali ed etici“5.
Fino ad ora, però, sono prevalse le opinioni di segno contrario. La religione e l’etica sono state considerate una sorta di esperienza emotiva individuale da circoscrivere all’ambito privato. Inizieremo con l’analisi del processo di secolarizzazione che, in modi diversi, ha estromesso la religione e l’etica dal forum pubblico (1ª parte). Questa esclusione è oggi contestata da alcuni autori che propongono l’etica globale e il dialogo interreligioso come le modalità più adeguate per affrontare le sfide attuali (2ª). Poi studieremo più da vicino la posizione della Chiesa cattolica (3ª), prestando una particolare attenzione al cosiddetto “Spirito di Assisi” (4ª).
1. L’età secolare
Il filosofo canadese Charles Taylor, nel suo libro “L’età secolare”6, afferma che viviamo in un’epoca in cui la religione si è ritirata dallo spazio pubblico e la fede è solo un’opzione tra tante altre. La fede in Dio non è più assiomatica né una precondizione indiscutibile, come accadeva invece nell’epoca pre-moderna.
Taylor analizza il processo di secolarizzazione iniziato nel Rinascimento e che ha condotto attualmente ad una visione immanente della realtà, comune a credenti e non credenti. Si direbbe che la fede è solo una delle tante opzioni a disposizione del consumatore. Taylor distingue due grandi tendenze nella cultura secolare: l’umanesimo immanente e lo scientismo. Il primo sarebbe accettabile e avrebbe avviato l’attuale processo di secolarizzazione, mentre il secondo sarebbe riduzionista, utilitarista, chiuso alla trascendenza e sarebbe sorto più tardi, nel secolo XIX.
1.1. L’umanesimo immanente, condiviso da credenti e non credenti
Secondo Giusto Lipsio (1547-1606) e Ugo Grozio (1583-1645), la persecuzione degli eretici e le guerre di religione, che scoppiarono in seguito alla Riforma protestante, avrebbero dimostrato che la fede non sarebbe una base sicura per garantire la convivenza civile e, pertanto, bisognerebbe sostituirla con la ragione pratica (etsi Deus not daretur).
Essi concepiscono la legge naturale non come qualcosa di iscritto nella natura umana (Aristotele e Tradizione cattolica), bensì come il frutto di un dibattito razionale al quale tutti possono partecipare7. Di fatto, i filosofi deisti ammettono l’esistenza di un creatore ma lo considerano distante, escludendo qualunque riferimento esplicito a lui quando si tratta di organizzare la società civile e parlando quindi di una carità disciplinata, informata dalla sola ragione.
La pace di Vestfalia (1648) segna l’inizio di un nuovo ordine politico, basato sul concetto di sovranità nazionale. Ogni Stato cercherà razionalmente il proprio interesse, senza alcun riguardo per la religione o la morale, che in questo modo sono circoscritti nella sfera privata.
1.2. Lo scientismo
Nel secolo XIX si impone l’altra linea della cultura secolare – lo Scientismo –, che esalta l’individualismo8 e mette la razionalità etica al posto della razionalità strumentale9. I valori sono ridotti a sentimenti; l’etica al calcolo utilitarista del massimo beneficio. Si pensa che l’unica conoscenza valida sia quella delle scienze positive (scientismo), sottovalutando tutto ciò che non sia verificabile empiricamente10.
La scuola di Frankfurt fu molto critica nei riguardi di questo modo di pensare. Horkheimer e Adorno11 arrivarono ad affermare che l’Olocausto nazista non era stato un ritorno alla barbarie di tempi passati, bensì un’ulteriore dimostrazione del lato più oscuro della modernità che usa la scienza e la tecnologia per manipolare la gente, arrivando perfino ad eliminarla, pur di favorire gli interessi della minoranza dominante12.
2. Proposte per garantire la pace
Nonostante il secolarismo e lo scientismo, la fede non è stata abbandonata e oggi sono sempre più numerosi gli autori che difendono la necessità di assegnare alle religioni un ruolo importante nella ricerca di basi più sicure per la convivenza pacifica nella società.
Taylor riconosce che viviamo nell’età secolare, ma non nel secolarismo ateo. Non è stata abbandonata l’apertura alla trascendenza ma, al momento di voler dare un senso alla realtà, l’individuo si trova a fare i conti con una pluralità di proposte religiose, morali e spirituali13. In questo contesto di pluralismo, il dialogo interculturale e interreligioso diventa necessario per poter rispondere adeguatamente alle sfide del mondo globalizzato.
In un famoso dialogo (Monaco 2004), Ratzinger e Habermas si trovarono d’accordo nell’affermare che è urgente la collaborazione di tutte le civiltà per poter elaborare un’etica universale basata sulla ragione pratica. Il cardinale Ratzinger lodò il tentativo che, in questo senso, avevano fatto Grozio e altri autori, affermando che, a tale scopo, si erano basati su un ideale pre-filosofico di matrice evangelica.
“Hugo Grotius, Samuel von Pufendorf e altri hanno sviluppato il concetto di un diritto naturale come diritto razionale, che oltre le barriere di fede, pone in vigore la ragione come l’organo di comune costruzione del diritto. Il diritto naturale è rimasto, soprattutto nella Chiesa cattolica, la figura argomentativa con cui essa richiama alla ragione comune nel dialogo con le società laiche […] ma questo strumento è purtroppo diventato inefficace.
[…] Questa visione della natura, con la vittoria della teoria evoluzionista si è persa. La natura come tale non sarebbe razionale”14.
Da parte sua, Habermas riconobbe che la ragione naturale non è sufficiente per cogliere la profondità del senso dell’uomo e quindi si richiede una dialettica tra ragione e religione nella vita pubblica. Filosofia e religione devono dialogare, intendendo “la secolarizzazione della società come un processo di apprendimento complementare” 15.
2.1. Etica globale
Le proposte etiche finalizzate a dare un volto umano al processo di globalizzazione16 possono essere classificate in due grandi gruppi: quelle che pongono come fondamento il dialogo interreligioso (Panikkar, Küng, Boff) e quelle che sono favorevoli ad un’etica civile universale. Inoltre, in questo secondo gruppo, si deve distinguere, a sua volta, tra gli orientamenti che propongono un fondamento ontologico per l’etica (Jonas, Jaspers, Henrich, Hösle) e quelli che cercano una nuova formulazione antropologico-politica (Morin, Huber, Reuter, Lévinas)17. Ad esempio, Jonas sostiene che l’etica deve essere profondamente riformulata per poter rispondere alle nuove sfide18 e per evitare che molti vadano a rifugiarsi in nuovi tipi di fondamentalismo religioso, nazionalista o etnico19.
Più concretamente Jonas propone una nuova etica della responsabilità, basata sul valore ontologico e sull’unione intrinseca di tutto quanto esiste.
2.2. Il dialogo interreligioso
Küng sostiene che il dialogo interreligioso è la migliore risposta alle inquietanti sfide attuali, perché le religioni sono le istanze che, con maggior forza, possono fare appello all’essere umano in tutta la sua complessità di mente, di cuore e di spirito. Concretamente, l’etica politica si baserebbe su principi accettabili per tutti, come il rispetto per la vita, l’amore reciproco, l’onestà e la verità20.
Il dialogo interreligioso dovrebbe affrontare gli enigmi più fondamentali della condizione umana, ad esempio il senso della vita e della morte, la sofferenza, la felicità, la nostra origine e la nostra meta. In realtà, molte persone si avvicinano alla religione proprio perché sono in cerca di risposte a queste domande.
3. Le religioni e la pace dalla prospettiva cattolica
Il dialogo è radicato nell’essenza stessa di Dio. La vita intra-trinitaria è dialogica, un continuo flusso di amore tra Padre, Figlio e Spirito. Come afferma papa Benedetto XVI: “La verità è ‘lógos’ che crea ‘diá-logos’ e quindi comunicazione e comunione” 21. L’amore cerca la risposta dell’amante; il Logos cerca un partner per rendere possibile il dialogo.
L’auto-comunicazione di Dio presuppone un destinatario personale, che possa rispondere in libertà. Infatti, “se Dio vuole liberamente uscire da sé stesso, egli deve creare l’uomo”22. In quanto Padre, dona all’uomo la libertà; in quanto sposo, aspetta la sua risposta: “Ascoltate la mia voce! Allora io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo”23. Non si impone, si propone.
“Dio chiede il sì dell’uomo. Non ne dispone affatto ad arbitrio. Nella creatura umana ha voluto crearsi un partner libero e ora ha bisogno della libertà di questa creatura perchè il suo regno possa divenire realtà, una realtà che non si fonda in un potere esteriore, ma sulla libertà”24.
3.1. Le guerre di religione, un’espressione di immaturità
Il dialogo è stato una priorità assoluta del Concilio Vaticano II, soprattutto il dialogo ecumenico cui ha dedicato il decreto Unitatis redintegratio. Il Cardinale Kasper suggerisce che tutti i documenti ufficiali del Concilio Vaticano II devono essere letti da una prospettiva ecumenica25. Paolo VI considera il dialogo come un’esigenza intrinseca dell’evento cristologico26.
Il dialogo ecumenico e interreligioso, che in passato era stato spesso ridotto ad una strategia difensiva contro il comunismo e l’ateismo, acquisisce una importanza fondamentale con il Concilio Vaticano II.
Dobbiamo vivere come fratelli, ribadisce la dichiarazione Nostra Aetate, perché tutti siamo figli dello stesso Padre celeste. Infatti, “non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni” (NA 5). Perciò, le “testimonianze dell’intimo legame esistente tra il rapporto con Dio e l’etica dell’amore si registrano in tutte le grandi tradizioni religiose”27.
Papa Benedetto XVI è convinto che le guerre di religione sono state il risultato di uno stadio di immaturità che è necessario superare.
“Si potrebbe obiettare che la storia conosce il triste fenomeno delle guerre di religione. Sappiamo però che simili manifestazioni di violenza non possono attribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiti culturali con cui essa viene vissuta e si sviluppa nel tempo. Quando però il senso religioso raggiunge una sua maturità, genera nel credente la percezione che la fede in Dio, Creatore dell’universo e Padre di tutti, non può non promuovere tra gli uomini relazioni di universale fraternità”28.
Questo approccio storico-evolutivo vale anche per i testi dell’Antico Testamento, che presentano Dio che combatte con il suo popolo e permette lo sterminio dei nemici29. Comunque anche lì, Dio è sempre percepito come colui che trattiene l’ira distruttiva, si astiene dalla violenza e controlla la sua forza30.
La pedagogia divina rispetta la dimensione storica dell’uomo e il suo processo di graduale purificazione. L’alleanza fatta con Noè esprime già il desiderio divino di riunire tutti i popoli della terra in una sola famiglia.
“Già l’Antico Testamento manifesta l’amore di Dio per tutti i popoli, che Egli, nell’alleanza stretta con Noè, riunisce in un unico grande abbraccio simboleggiato dall’«arco sulle nubi» (Gn 9,13.14.16) e che in definitiva, secondo le parole dei profeti, intende raccogliere in un’unica universale famiglia”31.
Questo “universale disegno d’amore culmina nel mistero pasquale”32. Pertanto non è mai accettabile giustificare la violenza in nome delle differenze religiose. I santi sono quelli che hanno vissuto la religione in modo più perfetto e quindi sono loro – non i peccatori – a mostrarci le vere potenzialità e il valore della religione.
Benedetto XVI afferma che l’esperienza autentica della religione non porta mai al fondamentalismo o al sincretismo: “Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”33. Noi crediamo che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre.
Questa fraternità “rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra”34 ed è il fondamento antropologico ed etico per la pace.
3.2. Nostra Aetate: dialogo interreligioso e interculturale
Con la dichiarazione Nostra Aetate35, la Chiesa invita tutti i cristiani a favorire il dialogo interreligioso e interculturale senza rinunciare alla propria identità cristiana. Inoltre, il Concilio ha creato il Segretariato per i non cristiani (1964), che il Papa Giovanni Paolo II ha trasformato nell’attuale Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (1988)36. Inoltre, su suggerimento del Concilio, è stato istituito il Segretariato per il Dialogo con i non credenti (1965), più tardi (1993) inquadrato nel Pontificio Consiglio della Cultura.
“Il Consiglio promuove l’incontro tra il messaggio salvifico del Vangelo e le culture del nostro tempo, spesso segnate dalla non credenza e dall’indifferenza religiosa” (art. 1) e “lo studio del problema della non credenza e dell’indifferenza religiosa presente in varie forme nei diversi ambienti culturali, indagandone le cause e le conseguenze per quanto riguarda la Fede cristiana” (art. 2)37.
La dichiarazione Nostra Aetate riconosce che, tra le religioni, ci sono punti di contatto, sia interni che esterni, in base ai quali si può stabilire un dialogo rispettoso e costruttivo. Più specificamente, “esorta i suoi figli affinché […] riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi” (NA 2). Pertanto, incoraggia un approccio dialogico, che tenga conto della specifica identità di ogni religione e includa pure i non credenti. Alla base di queste affermazioni vi è la convinzione – ottimistica e piena di speranza – che la comune origine e il destino di tutti gli uomini si trovano in Dio, Signore della storia.
Siamo una famiglia (universa familia humana, GS 24) che naviga sulla stessa piccola barca. In Dio, ogni cosa trova il suo senso e la sua direzione. La Chiesa, “sacramento universale di salvezza”38, ha un ruolo fondamentale per la realizzazione di questo progetto salvifico.
Questomodo di presentare il dialogo è fondato su una ecclesiologia ben precisa. La Chiesa cattolica ha il “dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini, ed anzi tra i popoli, essa in primo luogo esamina tutto ciò che gli uomini hanno in comune e che li spinge a vivere insieme il loro comune destino” (NA 1).
Pertanto, “essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini” (NA 2).
La base per una possibile comprensione diventa ancora più ampia quando si tratta del dialogo con le religioni monoteiste – islam ed ebraismo – che coincidono con i cristiani nel considerare Abramo loro primo patriarca. Il dialogo con loro non deve essere ridotto allo studio di problemi periferici. Il Concilio Vaticano II ha esortato i cristiani e i musulmani a “promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà” (NA 3).
Benedetto XVI afferma: “il dialogo interreligioso e interculturale fra cristiani e musulmani non può ridursi ad una scelta stagionale. Esso è infatti una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro”39.
Il dialogo interreligioso è stato una preoccupazione costante del Magistero post-conciliare, che ha sottolineato che esso “non nasce da tattica o da interesse” 40 e non contraddice né diminuisce l’urgenza della missione: “Il dialogo inter-religioso fa parte della missione evangelizzatrice della chiesa. Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes anzi ha speciali legami con essa e ne è un’espressione” (RM 55).
Alcuni dei documenti più significativi nel periodo post-conciliare sono stati: “Dialogo e missione”41 (1984) e “Dialogo e annunzio”42 (1991). Quest’ultimo afferma: “I cristiani che mancano di apprezzamento e rispetto per gli altri credenti e le loro tradizioni religiose sono mal preparati ad annunciare loro il Vangelo” (DA 73c).
3.3. I semi del Verbo (Semina Verbi)
La Chiesa testimonia che Dio Padre, l’unico creatore di tutto quanto esiste, vuole che gli uomini vivano come fratelli: “i vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, […] hanno anche un solo fine ultimo, Dio” (NA 1). Egli ha posto in essi i semi del Verbo. Così, sebbene manchi il riferimento esplicito al Dio cristiano, non per questo si esclude che il Risorto sia presente nei loro cuori 43.
“Nel cuore di tutti gli uomini di buona volontà” lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire associati, nel modo che Dio conosce, al mistero pasquale. [… Infatti], con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (GS 22).
“Il mondo è impregnato dai «semi del Verbo», che è necessario discernere, far crescere e maturare”44. I cristiani sono chiamati a stabilire “un dialogo sincero e comprensivo” con tutti i popoli della Terra, affinché essi possano scoprire la presenza divina45 e “apprendano quali ricchezze Dio nella sua munificenza ha dato ai popoli” (AG 11). Annunciando il vangelo, anche il missionario è evangelizzato da quelli che lo ascoltano, poiché in essi coglie la perenne novità del Dio onnipresente.
Uno dei biografi di San Francesco d’Assisi, Tommaso da Celano, riferisce che il santo aveva quell’apertura che il Concilio Vaticano II chiede a tutti:
“Una volta un frate gli domandò perché raccogliesse con tanta premura perfino gli scritti dei pagani e quelli che certamente non contenevano il nome di Dio, egli rispose: «Figlio mio, perché vi sono le lettere con cui si può comporre il santissimo nome del Signore Iddio; d’altronde, ogni bene che vi si trova, non va riferito ai pagani o ad altri uomini, ma soltanto a Dio, fonte di qualsiasi bene»”46.
Un’interpretazione restrittiva dell’assioma “extra Ecclesiam nulla salus“ risulta, quindi, inaccettabile e lo stesso si può dire dell’estremo opposto: il sincretismo, che lascia da parte i misteri dell’Incarnazione e della Pasqua, dimenticando che sono centrali nella sola economia della Salvezza.
Il Dio onnipotente è libero di dare la sua grazia a tutti gli uomini in Cristo, l’unico mediatore universale, attraverso l’azione dello Spirito Santo e senza necessariamente collegarla alla Chiesa visibile. Questa ipotesi dimostra l’importanza del dialogo e della cooperazione con i non credenti: “Come credenti ci sentiamo vicini anche a quanti, non riconoscendosi parte di alcuna tradizione religiosa, cercano sinceramente la verità, la bontà e la bellezza, che per noi trovano la loro massima espressione e la loro fonte in Dio.
Li sentiamo come preziosi alleati nell’impegno per la difesa della dignità umana, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nella custodia del creato”47.
4. Lo Spirito di Assisi
La “Giornata mondiale di preghiera per la pace“, convocata dal Papa Giovanni Paolo II ad Assisi, il 27 ottobre 1986, è stata considerata un frutto creativo e ben riuscito della dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra Aetate; in altre parole esso fu “un’illustrazione visibile, una lezione dei fatti, una catechesi a tutti intelligibile, di ciò che presuppone e significa l’impegno ecumenico e l’impegno per il dialogo interreligioso raccomandato e promosso dal Concilio Vaticano II”48.
L’incontro rese evidente simbolicamente che le religioni possono svolgere un ruolo chiave nel porre le basi della convivenza pacifica nel mondo globalizzato. Vi presero parte centoventiquattro leaders religiosi: sessantadue rappresentanti delle chiese cristiane e sessantadue membri delle altre religioni. “Sono venuti insieme per pregare, ma non per pregare insieme”, come è stato spiegato da Giovanni Paolo II al fine di evitare ogni possibile apparenza di sincretismo.
Allo stesso tempo, il Papa ha sottolineato che “le differenze sono un elemento meno importante rispetto all’unità, che invece è radicale, basilare e determinante”49.
“Se l’ordine dell’unità è quello che risale alla creazione e alla redenzione ed è quindi, in questo senso, «divino», tali differenze e divergenze anche religiose risalgono piuttosto a un «fatto umano», e devono essere superate nel progresso verso l’attuazione del grandioso disegno di unità che presiede alla creazione”50.
Questa iniziativa pionieristica ha dato origine allo “Spirito di Assisi”, che promuove la pace nel mondo attraverso il dialogo interreligioso e la preghiera. In questo senso, Giovanni Paolo II aveva affermato: “ogni preghiera autentica si trova sotto l’influsso dello Spirito”51. L’incontro di Assisi è stato molto efficace nel mostrare che la pace è un obiettivo prioritario per tutte le religioni, e che “la religione non può che essere foriera di pace”52.
Con l’incontro di Assisi e altre iniziative, Giovanni Paolo II mostrò che la pace era al centro della sua azione pastorale e che le religioni devono assumere un ruolo importante nella ricerca della pace, soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino.
“La religione e la pace vanno di pari passo: dichiarare guerra in nome della religione è un’evidente contraddizione. […] Il compito che dovremo affrontare sarà quello di promuovere una cultura del dialogo. Da soli e tutti insieme, dobbiamo dimostrare che la fede religiosa ispira la pace, incoraggia la solidarietà, promuove la giustizia e sostiene la libertà”53.
Alcuni anni più tardi, volendo evidenziare l’importanza dell’incontro interreligioso di Assisi, Benedetto XVI disse: “Tra gli aspetti qualificanti dell’Incontro del 1986, è da sottolineare che questo valore della preghiera nella costruzione della pace fu testimoniato da esponenti di diverse tradizioni religiose, e ciò avvenne non a distanza, ma nel contesto di un incontro. In questo modo gli oranti delle varie religioni poterono mostrare, con il linguaggio della testimonianza, come la preghiera non divida ma unisca, e costituisca un elemento determinante per un’efficace pedagogia della pace, imperniata sull’amicizia, sull’accoglienza reciproca, sul dialogo tra uomini di diverse culture e religioni54.
5. Il necessario cambio di mentalità nello Spirito di Assisi
Il dialogo interreligioso richiede interlocutori sicuri delle proprie convinzioni e in continua ricerca della verità. Cercando la pace, i capi religiosi e i credenti dovranno affrontare con coraggio temi come la violenza, la guerra e la criminalità organizzata. Papa Francesco, infatti, sta mostrando una grande determinazione in questo senso. In riferimento alla Mafia, ha affermato: “coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”55. La forte reazione delle persone coinvolte dimostra l’efficacia delle parole del Papa.
Purtroppo la criminalità organizzata e la guerra sono un grande business. A causa di molteplici interessi, le finanze globali e l’industria sono orientate alla guerra; la scienza è impegnata nello sviluppo delle armi e i mass media spesso presentano la violenza come qualcosa di naturale e inevitabile56.
È necessario eliminare questi errori e superare la visione antropologica negativa (homo homini lupus57), che esclude la possibilità di una pace duratura. In questo senso, il preambolo della Costituzione dell’UNESCO afferma: “poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nello spirito degli uomini che devono essere poste le difese della pace”58. Abbiamo bisogno di un “disarmo mentale” che ci liberi dall’avidità, dall’odio, dai pregiudizi… Questa necessaria guarigione va oltre le nostre forze in un mondo segnato dalla violenza.
I credenti di diverse religioni ritengono che questo cambiamento di mentalità non è soltanto un compito urgente per ogni uomo, ma anche un dono da chiedere continuamente a Dio, giacché solo lui può portare la vera pace. Per i cristiani, Gesù stesso è la nostra pace (Ef 2,14).
Le religioni hanno una lunga tradizione di saggezza e di impegno disinteressato nell’affrontare le questioni sociali. Di fatto, le organizzazioni religiose sono note a livello mondiale per la loro sollecitudine e diligenza nell’aiutare le persone più vulnerabili. La vicinanza affettuosa all’altro favorisce il senso di responsabilità, crea legami di fiducia e costruisce la coesistenza pacifica. Inoltre, le religioni aprono gli esseri umani alla contemplazione della bellezza in un modo che qualsiasi ideologia o materialismo sarebbe incapace di fare.
Con l’aiuto divino, anche i nostri errori e le nostre imperfezioni non sono più un ostacolo alla crescita personale e sociale, poiché Cristo, sposo bellissimo, tutto purifica59 e così ristabilisce la bellezza facendo “nuove tutte le cose”60.
Conclusione
La religione (re-ligare) ha come scopo il costruire la comunità, cioè i legami umani che uniscono e danno vita. Attraverso l’incontro personale, il perdono e i rapporti di fiducia, la religione pone veramente le basi della pace. Invece, il sistema economico- finanziario oggi dominante offre molti mezzi tecnici di connessione, ma non riesce a evitare che le persone si sentano sempre più sole.
Nella nostra società individualista, i legami familiari sono sempre più deboli e il globale minaccia il locale. I media e le reti sociali offrono soltanto un’illusione di comunità, mentre in realtà rispondono alla logica del consumismo. L’assenza di un contatto umano diretto favorisce, ad esempio, l’esibizionismo e il cyber-bullismo. La stessa dinamica di irresponsabilità agisce nella guerra moderna che uccide migliaia di persone senza guardarle in faccia, ridotte di proposito a mere figurine statistiche sullo schermo del computer. Cercando ciecamente un progresso materiale fine a se stesso, l’economia promuove una guerra di interessi in cui si sacrifica l’essere umano e si abusa della natura perché, come diceva Hobbes, “la tua morte è la mia vita”61.
Contraddicendo questa visione darwiniana della società, la Chiesa cattolica afferma che l’uomo, “per sua intima natura è un essere sociale” (GS 12) e sempre “deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali” (GS 25). Inoltre, attraverso il principio di sussidiarietà, la Chiesa sottolinea l’importanza delle comunità locali e la prevalenza dei beni relazionali sui beni economici.
La vera religione promuove la pace, l’armonia e la riconciliazione, risanando le quattro relazioni fondamentali: con Dio, con gli altri esseri umani, con se stessi e con la natura. Anche la morte diventa una sorella nella percezione dei credenti come Francesco d’Assisi, perché ci apre la porta alla vera vita. In quel momento solenne, saremo giudicati sull’amore.
P. Martin Carbajo Nùñez ofm
Teologia Morale Pontificia Università Antonianum
1 Il testo ripropone una conferenza tenuta durante il 5° Simposio internazionale sul dialogo islamo-cristiano, organizzato dalla Famiglia Francescana ad Istanbul (Turchia), dal 26 al 27 settembre 2014, sul tema: “Contributions of Religions to Peace”.
2 Con questa espressione, Edward Lorenz cercava di spiegare la teoria del caos, ma è stata utilizzata anche per mettere in guardia dai pericoli di un mondo globalizzato e interdipendente. Cfr. R.C. HILBORN, in American Journal of Physics 72/4 (2004) 425-427.
3 B.V. BRADY, Essential Catholic social thought, Orbis, Maryknoll 2008, 239.
4 http://hiik.de/de/downloads/data/downloads_2013/Conflict- Barometer2013.pdf
5 K. SINGH, The contribution of Religions to the culture of peace. Final report, Centre UNESCO de Catalunya, Barcelona 1995, 4 [traduzione mia].
6 C. TAYLOR, A Secular Age, Belknap Press, Cambridge MA 2007 (trd. it. L’età secolare, Feltrinelli, Milano 2009). Sul pensiero di Taylor: ID., Dilemmas and connections. Selected Essays, Belknap, Cambridge 2014.
7 G. BAUM, «The churches challenged by the Secularization of culture», in Journal of Ecumenical Studies 46/3 (2011) 344.
8 “The dark side of individualism is a centering on the self, which both flattens and narrows our lives, makes them poorer in meaning”. C. TAYLOR, The Ethics of authenticity, Harvard Univ. Press, Cambridge MA 1991 (6th printing 1995), 4.
9 Cfr. C. TAYLOR, A Catholic Modernity?, The Univ. of Dayton 1996, 20-21.
10 J. RATZINGER., Values in a time of upheaval, Ignatius, San Francisco 2006, 66. Reason has been reduced “to what is calculable. […] We have to be converted again to a broader concept of reason; we must relearn moral reason as something rational”. ID., Church, ecumenism, and politics: new endeavors in ecclesiology, Ignatius, San Francisco 2008, 205.
11 Cfr. BENEDETTO XVI, Lettera enciclica «Spe Salvi», [=SS], 30-11-2007, n. 22 e 42-43, in Acta Apostolicae Sedis, [=AAS], 99 (2007) 985-1027.
12 G. BAUM, «The churches challenged…», cit., 345.
13 C. TAYLOR, A Secular Age, cit., 505-535.
14 J. HABERMAS – Cardinal J. RATZINGER, The Dialectics of Secularization. On reason and Religion, Ignatius Press, San Francisco, CA, 2006, 69-70 (trd. it Ragione e fede in dialogo, Marsilio, Venezia 2005).
15 J. HABERMAS – J. RATZINGER Ragione e fede in dialogo, Marsilio, Venezia 2005, 59. “La secularización ha de entenderse hoy como un proceso de aprendizaje recíproco entre el pensamiento laico heredero de la Ilustración y las tradiciones religiosas. Éstas pueden aportar un rico caudal de principios éticos que, al ser traducidos al lenguaje de la razón, fortalecen los lazos de solidaridad ciudadana sin los que el Estado secularizado no puede existir”. J. RATZINGER – J. HABERMAS, Dialéctica de la secularización. Sobre la razón y la religión, Encuentro, Madrid 20064, 18. “Ambas posturas, la religiosa y la laica […] pueden tomar en serio mutuamente sus aportaciones en temas públicos controvertidos”. Ibid., 43-44.
16 Per completare quanto qui diciamo: M. CARBAJO NÚÑEZ, Francisco de Asís y la ética global, PPC, Madrid 2008. Il libro è stato tradotto in italiano (Padova 2011) e in portoghese (Braga 2009). Cfr. R. MANCINI, Etiche…, cit.; cfr. L. BOFF, Ethos mondiale. Alla ricerca di un’etica comune nell’era della globalizzazione, Gruppo Abele, Torino 2000, 31-59.
17 R. MANCINI, Etiche della mondialità, Cittadella, Assisi 1996, 15-198.
18 H. JONAS, Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik für die technologische Zivilisation, Suhrkamp, Frankfurt am Main 19845, 15.
19 H. JONAS, tr. it. Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 2009.
20 H. KÜNG, Perché un’etica mondiale. Religione ed etica in tempi di globalizzazione, Queriniana, Brescia 2004; ID., Etica mondiale per la politica e l’economia, Queriniana, Brescia 2002; ID., Proyecto de una ética mundial, Trotta, Madrid7 2006.
21 BENEDETTO XVI, Lettera enciclica «Caritas in Veritate», [=CV], 29-06-2009, n. 4, in AAS 101 (2009) 641-709. “La carità è amore ricevuto e donato”. CV 5.
22 K. RAHNER, «Il Dio trino come fondamento originario e trascendente della storia della salvezza», in Mysterium Salutis, III, Queriniana, Brescia 1969, 474. “Il disegno divino dell’uomo e del mondo non può incarnarsi senza la libertà dell’uomo”. N.A. BERDJAEV, Filosofia dello spirito libero, San Paolo, Cinisello Balsamo 1997, 212.
23 Ger 7,23; cfr. Es 6,7.
24 J. RATZINGER, Il Dio vicino. L’eucaristia cuore della vita cristiana, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, 13.
25 A. KASPER, Caminos de unidad. Perspectivas para el Ecumenismo, Cristiandad, Madrid 2008, 26. “Al comienzo de segundo período de sesiones, el papa declaró en un discurso inaugural de carácter programático que el ‘acercamiento’ ecuménico era uno de los objetivos y, por así decir, la necesidad espiritual por la que se convocó el Concilio. Si nos ajustamos a esa afirmación, habría que leer todos los documentos oficiales del Concilio desde una perspectiva ecuménica”. Ibid.
26 “La rivelazione […] può essere raffigurata in un dialogo, nel quale il Verbo di Dio si esprime nell’Incarnazione e quindi nel Vangelo”. PAOLO VI, Lettera enciclica «Ecclesiam suam», 6- 08-1964, n. 72, in AAS 56 (1964) 609-659.
27 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino in occasione del XX anniversario dell’incontro interreligioso di preghiera per la pace» 2-09-2006, in AAS 98 (2006) 749-754.
28 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino…», cit.
29 Cfr. Dt 20,10-18; Gs 7; D. SORRENTINO, «Benedetto XVI e lo “Spirito di Assisi”», in Convivium Assisiense 9/1 (2007) 97-99.
30 Cfr. Sap 16,18.
31 Cfr. Is 2,2ss; 42,6; 66,18-21; Ger 4,2; Sal 47. BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino…», cit.
32 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino…», cit.
33 FRANCESCO, Lettera enciclica «Lumen Fidei», 29-05-2013, n. 34, in AAS 195 (2013) 555-596.
34 FRANCESCO, «Messaggio per la 47 Giornata Mondiale della Pace», 1-01-2014, n. 1, in L’Osservatore Romano (13-12- 2013) 4-5.
35 CONCILIO VATICANO II, Dichiarazione «Nostra Aetate», [NA], 28-10-1965, in AAS 58 1966) 740-744.
36 GIOVANNI PAOLO II, Costituzione apostolica «Pastor Bonus», 28-06-1888, in AAS 80 (1988) 841-930. Questo Pontificio Consiglio include la Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani, istituito da Paolo VI nel 1974.
37 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica in forma di Motu proprio «Inde a Pontificatus», 25-3-1993, in AAS 85 (1993) 549-552.
38 “La Chiesa è «l’universale sacramento della salvezza» che svela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio verso l’uomo”. CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale «Gaudium et Spes», [=GS], 7-12-1965, n. 45, in AAS 58 (1966) 1025-1120; cfr. ID, Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», [=LG], 21-11-1964, n. 48, in AAS 57 (1965) 5-71.
39 BENEDETTO XVI, «Incontro con i rappresentati di alcune comunità musulmane», Colonia 20-08-2005 in Insegnamenti di Benedetto XVI, Lev, Città del Vaticano, [=InsB], vol. I (2005) 445-448, qui 445.
40 Il dialogo “è un’attività che ha proprie motivazioni, esigenze, dignità: è richiesto dal profondo rispetto per tutto ciò che nell’uomo ha operato lo Spirito, che soffia dove vuole”. GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica «Redemptoris misio», [=RM], 7-12-1990, n. 56, in AAS 83 (1991) 249-340.
41 SEGRETARIATO PER I NON-CRISTIANI, «La Chiesa e le altre Religioni – Dialogo e Missione», 10-06-1984, in AAS 76 (1984) 816-828.
42 PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTER-RELIGIOSO, «Dialogo e annunzio», [=DA], 19-05-1991, in AAS 84 (1992) 414-446.
43 “Dio ha legato la salvezza al sacramento del Battesimo, tuttavia egli non è legato ai suoi sacramenti“. Catechismo della Chiesa Cattolica, [=CCC], n. 1257, Madrid 1992.
44 P.G. CABRA, La vida religiosa en misión, Sal Terrae, Santander 1991, 81 [traduzione mia]; E. MELANDRI, «Dalla “colonizzazione” alla liberazione», in Adista 32 (2012) 30; PAOLO VI, Esortazione apostolica «Evangelii nuntiandi», [=EN], 8-12-1975, n. 80, in AAS 58 (1976) 5-76.
45 V.M. PEDROSA et al., ed., Nuevo diccionario de catequética, I, San Pablo, Madrid 1997, 52.
46 T. DE CELANO, «Vita del beato Francesco [vita prima]», [=1Cel], c. 82, in Fonti Francescane, [=FF], EFR, Padova3 2011, 463.
47 FRANCESCO, Esortazione apostolica «Evangelii Gaudium», [=EG], 24-11-2013, n. 257, LEV, Città del Vaticano 2013.
48 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12- 1986, n. 3, in AAS 79 (1987) 1082-1090. 49 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12- 1986, cit., n. 3. 50 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12- 1986, cit., n. 5.
51 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso alla Curia romana», 22-12- 1986, cit.
52 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino…», cit.
53 GIOVANNI PAOLO II, «Discorso ai rappresentanti religiosi», 28-10-1999, n. 3, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, [=InsJP2], Lev, Città del Vaticano, vol. 22/2 (1999) 651-655, qui 653; cfr. ID., «Discorso ai partecipanti della sesta assemblea della conferenza Mondiale su Religione e Pace», 3-11- 1994, 2, in InsJP2 17/2 (1994) 597-601, qui 599.
54 BENEDETTO XVI, «Lettera a S.E. Mons. Domenico Sorrentino…», cit.
55 FRANCESCO, «Omelia nella spianata dell’area ex Insud (Sibari, Calabria)», 21-06-2014.
56 K. SINGH, The contribution of Religions…, cit., 3. “In order to contribute to the creation of a culture of peace, UNESCO initiated a dialogue with the religious traditions and peace research centers during the 1992-1993 biennium”. Ibid.
57 “L’uomo è un lupo per l’uomo“. PLAUTO, Asinaria, atto II. Tommaso d’Aquino mostra una concezione antropologica molto diversa quando afferma: “Homo homini naturaliter amicus“. S.Th II-II, q.114, a.1, ad.2.
58 UNESCO, Costituzione della Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, le Scienze e la cultura, Londra 1945. 59 Cfr. Rm 8,28. “Deformia facit pulchra, pulchra pulchriora et pulchriora pulcherrima”. Hexaem I, 34 (Opere di San Bonaventura, VI/1 66-67).
60 Ap 21,5. Bonaventura afferma: “Pulchritudo pulchrificativa universorum”. BONAVENTURA, Sermones de nativitate b. Mariae virginis, II (Opera omnia, IX 709a).
61 “Mors tua vita mea”. HOBBES, De cive, 1, 12.