La Pasqua frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi, e perfino la morte, dal versante giusto: quello del «terzo giorno». Da quel versante le croci sembreranno antenne, piazzate per farci udire la musica del cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell’agonia, ma i travagli del parto. E le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo.
Pasqua, festa che ci riscatta dal nostro passato! Allora, Coraggio! Non temete! Non c’è scetticismo che possa attenuare l’esplosione dell’annuncio: “le cose vecchie sono passate: ecco ne sono nate nuove”.
Cambiare è possibile. Per tutti. Non c’è tristezza antica che tenga. Non ci sono squame di vecchi fermenti che possano resistere all’urto della grazia…

Don Tonino Bello

La speranza e la forza della Resurrezione
diventi fermento di vita nuova.
Buona Pasqua!

p. Lorenzo Di Giuseppe

Dire Pasqua ci mette gioia e suscita speranza anche durante questa pandemia del coronavirus.
Sul pianeta terra c’è un passaggio dalla fredda fissità dell’inverno alla vitalità della primavera che coinvolge tutto il creato: esso dopo il sonno dell’inverno si scuote e si popola di teneri germogli che spuntano da rami che appaiono morti, ma custodiscono una nascosta vitalità. In questo tempo nascono anche nuovi agnelli, che bianchi e saltellanti cambiano l’aspetto del gregge e danno gioia ai pastori nomadi. È la Pasqua del creato, la primavera della nostra terra.
Il popolo di Dio schiavo e sottomesso a pesanti lavori forzati in Egitto, ha conservato la gioia della festa di Pasqua, ma ne ha cambiato il contenuto: sulla festa più grande ha posto la memoria dell’episodio che era il fondamento della sua esistenza: la liberazione dalla schiavitù della superpotenza Egitto. In questo avvenimento gli Ebrei, questi quattro straccioni che riescono a piegare la potenza del grande Faraone e dei suoi carri veloci e invincibili, sperimentano l’amore di Dio e la sua protezione. Sulla riva del mare Rosso, vedendo gli egiziani sommersi dal riflusso delle acque, Maria sorella di Mosè e le altre fanciulle degli Ebrei, danzando e agitando i tamburelli, cantano un cantico di gioia: “Cantate al Signore perché ha mirabilmente trionfato: cavallo e cavaliere ha gettato nel mare. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza!”. Gli Ebrei celebrano ogni anno la festa di Pasqua e alcuni di loro la celebrarono anche nei campi di sterminio sotto i nazisti.
La Pasqua si caratterizza sempre più come lotta per la vita e per la dignità dell’uomo. Gesù anticipa la dimostrazione del suo potere sulla morte nei tre anni di vita di predicatore itinerante. Questo appare evidente in alcuni miracoli che compie: risuscita la figlia adolescente di un capo della sinagoga di nome Giairo (Mc 5,21-42), ridà la vita al figlio di una vedova di Nain (Lc 7,11-17), con voce potente chiama il suo amico Lazzaro morto da quattro giorni a venir fuori dal sepolcro (Gv 11,1-44).
La nostra Pasqua è quella che fu vissuta da Gesù Cristo, che ha radunato in sé ogni altro significato. Nella Pasqua Gesù ha vissuto un amore eccessivo per noi uomini, amore rivelato da Lui e che noi riusciamo a credere solo mediante la grazia del suo Spirito. Ha voluto Lui la Pasqua di morte e Resurrezione: salendo per l’ultima volta a Gerusalemme, Gesù sta davanti agli altri, quasi avesse fretta. La sera del Giovedì celebra la Pasqua ebraica con i suoi e durante la cena lascia agli Apostoli i ricordi più cari: lava loro i piedi per imprimere indelebilmente in loro il servizio vicendevole, parla dell’amore del Padre e della carità unica legge tra loro; consegna l’Eucaristia e il sacerdozio a favore dei fratelli.
Terminata la cena, scende al Getsemani e mentre gli Apostoli dormono oppressi dal sonno, da solo entra nel combattimento della Passione: oppresso dall’angoscia, si getta bocconi sulla roccia, prega il Padre per essere soccorso, suda sangue e sembra quasi smarrito. Con chiarezza afferma di voler fare la volontà del Padre. Guidati da Giuda vengono i nemici e lui non oppone resistenza e si consegna. Lo giudicano, dicono falsità sul suo conto, lo sottopongono alla derisione, lo coronano di spine, lo flagellano: come agnello condotto al macello non si difende. Dopo una notte spaventosa lo condannano: portando sulle sue spalle la croce e i peccati di tutta l’umanità, va verso il Calvario dove sarà crocifisso fuori delle mura della città, fra due delinquenti. Muore sulla croce dopo aver gridato ancora al Padre: Nelle tue mani rimetto il mio spirito!
Non possiamo pensare che sia solo Gesù a soffrire, è il Padre, è Dio che soffre.
Gesù scende nella tomba: incontra la morte, la sconfigge, distrugge il suo dominio sull’uomo, e glorioso e splendente risorge perché è il Figlio di Dio, perché il Padre lo ama e fa risplendere in lui la vita per la potenza dello Spirito Santo.
La Pasqua di Gesù è anche la nostra Pasqua: nella sua passione e morte ci ha detto che “Nessuno ama più di chi dona la sua vita”. Ci ha fatto capire chi è Dio e come Dio ritiene preziosa la nostra vita e come la sua paternità è misericordia e perdono sempre pronti. Nel sacramento del Battesimo lo Spirito Santo viene ad abitare in noi e ci testimonia l’amore del Padre che si è manifestato in Gesù Cristo. Da questo amore viene in noi una trasformazione profonda, una rinascita, una vita nuova.
È la nostra resurrezione, è la nostra Pasqua: Cristo, mia speranza, è risorto, alleluja! In lui fiorisce la vita, alleluja