A conclusione del Giubileo straordinario della misericordia Papa Francesco chiese a tutta la Chiesa di scegliere una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio “per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo” (Misericordia et misera, 7).
Rispondendo lui stesso a questa esigenza, Papa Francesco, con una lettera apostolica (Aperuit illis) nello scorso settembre ha stabilito che la III Domenica del Tempo Ordinario sia dedicata a mettere a fuoco la Parola di Dio. Chiaramente questo impegno non si esaurisce in una domenica: ogni giorno dell’anno questa parola viene a noi e ogni giorno siamo invitati ad entrare mediante essa in un dialogo costante con Dio, il dialogo che ci fa vivere, perché è acqua per la nostra sete.
Molti anni fa, su una rivista di psicologia si potevano leggere le conclusioni di una ricerca fatta sull’infanzia che affermava: se a un bambino non viene rivolta la parola da nessuno, neanche dalla madre, questo bambino si ammala e tende a lasciarsi morire. Cosa sarebbe di noi se Dio non ci parlasse? Senza la sua parola chi ci avrebbe fatto conoscere Gesù Cristo, chi ci avrebbe raccontato come in Lui Dio ci ha amato fino a caricarsi dei nostri peccati, fino a dare la vita per noi e a versare il suo sangue per vincere la nostra incredulità? Chi ci avrebbe parlato del Padre con la parabola del pastore che ha perso una pecora o con la parabola del padre del Figliol Prodigo? Dio ci parla perché ci ama, perché la nostra vita è preziosa ai suoi occhi e noi siamo come la pupilla dell’occhio, come un bimbo appoggiato alla guancia della mamma; e noi abbiamo bisogno di conoscere Dio.
La parola giunge a noi in molti modi. La storia della salvezza ci parla della infinita misericordia di Dio e della grande creatività di Dio per parlare con noi: a volte Dio parla direttamente con le persone, a volte parla anche nel sonno, a volte manda un profeta: questo avveniva più di frequente prima della venuta di Gesù Cristo. Dopo la prima generazione cristiana, dopo la generazione degli Apostoli, più spesso Dio ci parla con la Sacra Scrittura, libro scritto da uomini del Popolo di Dio nelle varie epoche passate. Questi uomini che hanno scritto le pagine della S. Scrittura scrivevano con il loro stile, con la loro intelligenza, ma erano sostenuti e guidati dallo Spirito di Dio che quindi era ugualmente autore dello scritto.
Ed è meraviglioso come questo libro sia parola di Dio per noi. Difatti è un miracolo che un fatto accaduto quattromila, duemila anni fa, proclamato oggi in una nostra assemblea diventi parola di Dio per noi oggi. Il libro della Sacra Scrittura è un libro, le parole scritte in esso potremmo dire sono morte, inermi. Ad esempio prendiamo la storia di Davide: è una storia di tanti anni fa. Quando nella liturgia viene letta, quella storia prende vita, parla alla nostra vita, è Dio che ci parla, è parola di Dio per la nostra vita: finchè è scritta sul libro è storia del passato che può informarci, accrescere le nostre conoscenze, ma nella preghiera liturgica è usata da Dio per parlarci, è parola di Dio che noi accogliamo e parla alla nostra vita o che respingiamo rimanendo chiusi nel nostro intimo.
Sempre la parola di Dio è azione anche di Dio, è azione dello Spirito Santo. Senza il Signore che ci introduce, quella parola rimane inerme. È esemplare il racconto dei due discepoli che il giorno di Pasqua sono in viaggio per Emmaus: finchè sono soli loro due, ragionano, riflettono, si affliggono… ma niente più, finchè non si affianca loro Gesù stesso che apre la loro mente, apre il loro cuore: “aprì le loro menti all’intelligenza delle Sacre Scritture”. Dice Papa Francesco: “Senza il Signore che ci introduce è impossibile comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo” (Aperuit illis).
Occorre frequentare la Parola di Dio, abitare in essa come a casa propria, renderla familiare; in questo modo impareremo lo stesso linguaggio e apprenderemo a condividere i sentimenti dei giusti dell’Antico Testamento, di Gesù e degliApostoli. È importante lasciarci illuminare anche le vicende che viviamo al presente. La parola di Dio, in questo tempo di contagio del coronavirus viene a farci riflettere sulla precarietà della nostra vita, sulla verità dell’affermazione che noi siamo creature e che Uno solo è il Signore della vita.Allo stesso tempo ci consola e ci assicura che non siamo soli e che un Padre veglia su di noi.
La frequentazione costante della Parola è una caratteristica della esperienza di S. Francesco. Scriveva Tommaso da Celano: “Egli non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando a un’encomiabile memoria tutto ciò che ascoltava, cercava con diligenza di eseguirlo alla lettera” (FF 357).All’inizio della sua vita evangelica, il Santo domandò alla S. Scrittura indicazioni per la via.Avendo avuto risposta dal Vangelo, esclama: “Questo è ciò che io bramo con tutto il cuore” (cfr FF 356. 1051). La testimonianza di S. Francesco accompagni tutti noi nel pellegrinaggio quaresimale verso la Pasqua.

p. Lorenzo Di Giuseppe

Il Cantico
ISSN 1974- 2339
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