La vita di Gesù è attraversata dalla preghiera

p. Lorenzo Di Giuseppe

La preghiera nella vita di Gesù è “come un canale segreto che irriga la sua esistenza, le relazioni, i gesti e che lo guida, con progressiva fermezza, al dono totale di sé, secondo il progetto di amore di Dio Padre” (Benedetto XVI, Udienza 30 nov 2011). Gesù è anche colui che ci insegna a pregare. E quando noi ci rivolgiamo al Padre, è lui che ci sostiene e ci assicura che verremo ascoltati: “Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà… chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,23-24).
img107La preghiera di Gesù ha una particolarità: Egli è il Figlio del Padre, vive in un rapporto unico con il Padre, Egli è costantemente in un rapporto di comunione piena con il Padre. Gesù non è Figlio a tempo, ma è continuamente generato. Quello che c’è nel Padre c’è anche nel Figlio, quello che vuole il Padre lo vuole anche il Figlio ; “Io e il Padre, noi siamo una cosa sola” (Gv 17,22).
Esaminando la preghiera di Gesù uomo, andiamo ai 30 anni vissuti a Nazareth: vive in famiglia e fa l’artigiano. La sua famiglia è profondamente legata alla tradizione religiosa del popolo d’Israele: la circoncisione, la presentazione al tempio, il pellegrinaggio a Gerusalemme, il sabato preghiera alla sinagoga. L’educazione e la formazione a Nazareth: 30 anni di vita nascosta e feriale. A 12 anni l’episodio al tempio è come una finestra: la risposta a Maria e a Giuseppe mette in luce la sua consapevolezza di essere Figlio del Padre.
Da chi ha imparato a pregare? “Gesù, secondo il suo cuore di uomo, ha imparato a pregare da sua Madre e dalla tradizione ebraica. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente più segreta, poiché è il Figlio eterno di Dio che, nella sua santa umanità, rivolge a suo Padre la preghiera filiale perfetta” (Compendio Catechismo Chiesa Cattolica, 541).
La preghiera di Gesù attraversa tutta la sua vita. Egli spesso si ritira in “luoghi deserti”, sale sul ”monte” a pregare, passa in preghiera tutta la notte che gli permette la solitudine. In certi momenti la sua preghiera si fa più prolungata: prima della scelta degli Apostoli, l’evangelista Luca ci dice che Gesù passò tutta la notte sul monte a pregare (cf. Lc 6,12-13)
All’età di 30 anni Gesù esce dalla sua famiglia: lascia il mestiere ed inizia la vita di rabbi (maestro) itinerante. Punto di riferimento d’ora in poi sarà “la casa” di Pietro a Cafarnao. Le sue peregrinazioni toccano tutta la Palestina e a volte anche altre località confinanti; all’orizzonte sempre Gerusalemme. Incontra Giovanni Battista che stava battezzando al fiume Giordano (Lc 3,21ss).
È un momento particolarmente significativo. Gesù si confonde tra la gente che attende il Battesimo di penitenza: con umiltà, come un altro peccatore, lui che non aveva peccato, condivide il Battesimo di conversione, entra anche lui nella moltitudine dei peccatori. Giovanni Battista non vorrebbe battezzarlo, ma Gesù riafferma la sua volontà di solidarietà e di vicinanza con coloro che si sentono peccatori e intendono cambiare vita. Dopo il Battesimo Gesù si immerge in una preghiera personale e prolungata: “Ricevuto anche lui il Battesimo stava in preghiera; il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo”. “Stava in preghiera”, in dialogo con il Padre. Questo dialogo a un certo punto quasi scoppia, si manifesta: si aprono i cieli, scende lo Spirito Santo su di lui, la voce del Padre si fa sentire: “Tu sei il mio Figlio, l’Amato! In te ho posto il mio compiacimento”.
Un altro momento particolare è la preghiera di Gesù al Getsemani dopo l’Ultima Cena. Insieme agliApostoli Gesù esce dal Cenacolo, scende verso il Cedron e si porta verso un podere/uliveto chiamato Getsemani. Gli Apostoli si fermano in una grotta: Gesù chiede loro di vegliare e pregare mentre lui si allontana quanto un tiro di sasso e si getta a terra sopra una roccia. È assalito da paura e angoscia. Chiede agli Apostoli di stare con lui, ma questi dormono perché afflitti da una strana sonnolenza.
Si rivolge al Padre: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a Te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi Tu” (Mc 14,36). Il gesto di essere steso bocconi a terra indica chiaramente la sua piena sottomissione alla volontà del Padre, il suo radicale abbandono al piano di Salvezza. In questa preghiera di Gesù possiamo vedere l’esperienza primordiale della paura, lo sconvolgimento di fronte al potere della morte, lo spavento davanti all’abisso del nulla che fa tremare l’uomo Gesù e lo fa sudare sangue. C’è in lui una contrapposizione: volontà naturale dell’uomo Gesù e volontà del Figlio che si abbandona totalmente alla volontà del Padre. La consapevolezza della sua missione gli fa accettare la volontà del Padre. Gesù muore pregando. “Alle tre del pomeriggio Gesù gridò a gran voce: Eloì, Eloì, lemà sabactani? che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15, 34).Come nel Getsemani Gesù sperimenta l’angoscia della solitudine della morte, l’angoscia di sentire lontano anche il Padre.
Sulle sue labbra c’è il Salmo 22: è il grido a Dio che apparentemente tace. Più volte si parla del “gridare”: non basta più un semplice chiamare o pregare: la preghiera diventa un grido. La sofferenza indifesa di Gesù è come la prova che anche il Padre è lontano, anche lui lo ha abbandonato. Ma Gesù resiste e al termine del Salmo tutto è ribaltato: Gesù entra in un atteggiamento di fiducia perché ci sarà una salvezza per lui e la sua morte porterà salvezza ai poveri e a tutti i lontani. Gesù ci insegna a morire: con la preghiera sulle labbra, forti di fronte alla sofferenza, abbandonati alla fiducia del Padre.