“Perché a te…?”
img122Nell’episodio raccontato dai Fioretti fra’ Masseo chiede a S. Francesco come mai tutto il mondo lo segua. Il Santo non si schermisce dicendo che questo non è vero, ma afferma che ciò è dovuto al fatto che egli si sente il più grande peccatore. Non possiamo pensare che questo suo sentire sia dovuto all’aver vissuto una giovinezza particolarmente scellerata, ma gli Scritti di S. Francesco ci inducono a ritenere che egli, sentendosi peccatore, si sia svuotato di se stesso in modo da farsi riempire in pienezza dalla grazia. Dio ha potuto compiere in lui “quell’operazione meravigliosa… a ciò ché si conosca che ogni virtù e ogni bene è da lui e non dalla creatura, e nessuna persona si possa gloriare nel cospetto suo; ma chi si gloria si glorii nel Signore, a cui è ogni onore e gloria in eterno” (FF 1838).
Di più. Secondo S. Bonaventura il Santo di Assisi spiega: “Se Cristo avesse trattato il più scellerato con la stessa misericordia con cui ha trattato me, sono sicuro che quello sarebbe stato molto più riconoscente di me a Dio” (FF 1111).
S. Francesco si sente il più grande peccatore perché avverte la distanza abissale tra la sua condizione prima della conversione e lo stato di grazia in cui è stato trasformato dalla misericordia divina. La letizia che deriva da questo stato lo ha reso attraente e coinvolgente. “Le sue parole non erano frivole, ridicole, ma, piene della virtù dello Spirito Santo, penetravano nell’intimo delle coscienze, così da toccare vivamente gli ascoltatori” (FF 1427). Con questa osservazione la Leggenda dei Tre Compagni sottolinea la particolare efficacia comunicativa del linguaggio di S. Francesco.
Studiando fenomenologicamente i suoi Scritti si può subito notare che essi non dipendono da una cultura libresca e accademica, ma sono espressione di una vita intessuta di esperienze fortissime fondate su una continua preghiera rivolta al Tu-Creatore che, passo dopo passo, esperienza dopo esperienza gli rivela come dare senso alla sua vita e lo trasforma rendendolo pienamente realizzato, estremamente comunicativo e perciò capace di evangelizzare.

Una vita trasformata
Sembra che S. Francesco abbia seguito, in anteprima, la strada indicata da papa Francesco agli evangelizzatori ai quali è chiesto di non annunciare la Buona Notizia solo con le parole, “ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio” (EG 259)!
Il Santo, ascoltando lo Spirito Santo che dimora in lui, trasforma la sua vita prima meditando la Parola e poi concretizzandola attraverso il compimento di atti che costituiscono la testimonianza di una visione del mondo meno spontanea, ma più umana.
S. Francesco rappresenta metaforicamente questo cammino di conversione ricorrendo all’immagine della maternità spirituale nella fase della gravidanza e della nascita di Cristo donato al mondo nel compimento delle opere sante (cfr. FF 178).
Negli Opuscoli Spirituali-Le cinque feste di Gesù, S. Bonaventura descrive questa maternità spirituale nei particolari. Dopo il concepimento da parte dello Spirito del Signore, l’anima pia continua la sua gravidanza affrontando le insidie dei consigli venefici dei perversi che vorrebbero distoglierla dai suoi intenti o le insidie dei diffidenti che sconsigliano di fare ciò che supera la norma della vita comune.
Solo dopo aver superato con la “penitenza” le insidie dei “mortiferi veleni” l’anima pia può giungere felicemente al parto spirituale. Il Figlio di Dio nasce nella mente dell’anima pia quando essa comincia a compiere di fatto ciò che ha meditato a lungo, ma ha sempre temuto di intraprendere credendosene incapace (cfr. Essere madri di Gesù, Il Cantico n.11- 12/2017).

Una vita con Lui
Il compimento dell’opera santa, cioè voluta dallo Spirito Santo di cui siamo dimora, ci trasforma e al tempo stesso illumina gli altri. È una testimonianza che è fondamentale per la nuova evangelizzazione che “deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati” (EG 120).
Papa Francesco sostiene che è inadeguato ai nostri tempi pensare ad uno “schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati”, lasciando il resto del popolo fedele “solamente recettivo delle loro azioni”.
Oggi il modo opportuno di comunicare Gesù è quello esperienziale, poiché la cultura del nostro tempo privilegia l’esperienza rispetto alla dottrina teorica.
“In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario…
Se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo… Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù”. Deve solo comunicare che “la vita non è la stessa senza di Lui” (EG 121).

Graziella Baldo