ascolto-risurrezione

Quest’anno i gruppi di ascolto biblico, organizzati dalla parrocchia di S. Maria Annunziata di Fossolo a Bologna, hanno ripreso ad incontrarsi commentando la parabola dei dieci lebbrosi (Lc 17,11-19).
In questi ultimi il nostro gruppo ha visto rappresentata l’umanità malata che può essere guarita solo da Cristo che si è incarnato ed “ha assunto la condizione umana per sanarla da tutto ciò che la separa da Lui” (catechesi di Benedetto XVI, 9-1-2013).
La malattia spirituale dell’uomo è dovuta alla sua lontananza da Lui, poiché solo in Lui “trova vera luce il mistero dell’uomo” e solo Lui “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (GS 22).
Inoltre, indicandoci come vivere per essere trasformati sempre più a sua somiglianza, Cristo ci offre la possibilità di divenire testimoni credibili del Vangelo. Il vero discepolo di Gesù, prima di rivolgersi agli altri, attinge dall’amore di Dio la capacità di comunicare il Vangelo e la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito.
Perché non vedere il vero discepolo di Gesù in quel lebbroso che torna indietro a ringraziarlo per essere stato sanato? Non è forse lui l’uomo che rende gloria a Dio fondando un nuovo umanesimo che, proprio perché aperto alla trascendenza, permette di vivere con gli altri e per gli altri nella reciprocità del dono?
Nel secondo incontro, a partire dal brano evangelico dei discepoli di Emmaus, abbiamo riflettuto sulla Risurrezione a partire dalla domanda esistenziale: che cosa significa la Risurrezione per la nostra vita? La cultura in cui ci troviamo a vivere è stata definita da Benedetto XVI: “cultura di morte”. Infatti non si crede che esista la verità, sembra che certi valori siano legati alle epoche e siano destinati a scomparire per lasciare il posto ad altri. L’uomo è frammentato, non progetta la vita dandole un’unità ragionevole, ma vive senza cercare un senso affidandosi all’emozione del momento.
A questa cultura che si esprime con le parole: angoscia, depressione… e che relega la ragione al mondo tecnico-scientifico, Benedetto XVI offre ragioni di speranza che danno sapore alla nostra vita, un gusto nuovo di esistere, un modo gioioso di stare al mondo.
Attraverso la comunione con Cristo possiamo cambiare mentalità, giudizi di valore, scelte, azioni concrete e così ragionevolmente orientare la nostra vita aprendo gli occhi sulla realtà e su noi stessi, Benedetto XVI ha più volte insistito sulla “ragionevolezza della fede cattolica” e, rifacendosi alla tradizione, ha rigettato il fideismo che è la volontà di credere contro la ragione e che riduce la fede alla sfera affettiva facendola così diventare “illusione, fuga dalla realtà, comodo rifugio” (catechesi di Benedetto XVI, 14-11-2012).
Anche “la croce di Cristo ha una sua ragione” (catechesi, 21-11-2012). Non è un avvenimento irrazionale, ma “un fatto salvifico che possiede una propria ragionevolezza riconoscibile alla luce della fede”. Nella profonda esperienza di fede che ci fa vivere in comunione con Cristo crocifisso siamo “toccati nel profondo dalla presenza dello Spirito di Gesù in noi e superiamo gli orizzonti dei nostri egoismi e ci apriamo ai veri valori dell’esistenza”. Viviamo una vita nuova, una vita da risorti!
Graziella Baldo