È la fotografia che emerge dal Rapporto Censis presentato nella seconda serata del Convegno diocesano. Forte l’«analfabetismo religioso» e le infilitrazioni di pensiero laico.

Conv Roma«Il Papa, con parole molto chiare, ci ha detto che la nostra città “ha bisogno di una rinascita morale e spirituale”. Roma vive un periodo difficile: tanta gente sta male, soffre, è scoraggiata soprattutto per il diffuso clima di degrado morale e materiale che si respira». All’indomani dell’incontro di Papa Francesco con le famiglie in piazza San Pietro, che ha inaugurato il Convegno pastorale diocesano, lunedì 15 giugno, il Cardinale vicario Agostino Vallini è partito proprio dalle sue parole per aprire la seconda giornata di lavori sul tema «Noi genitori testimoni della bellezza della vita. “Vi trasmettiamo quello che abbiamo ricevuto”».
«Come cristiani non possiamo rimanere indifferenti a questi segnali», ha detto in una cattedrale lateranense affollata di fedeli prima di passare la parola a Elisa Manna, sociologa, componente del Consiglio pastorale diocesano e responsabile del settore culturale del Censis, al quale il Vicariato ha commissionato una indagine su “I genitori e la trasmissione della fede ai figli a Roma”.
Un tema molto delicato che Manna ha approcciato evidenziando il profondo cambiamento delle famiglie determinato, negli ultimi decenni, da una serie di macro processi sociali quali «il maggior investimento affettivo sulla coppia, la riduzione del numero dei figli, la trasformazione del ruolo della donna e la crisi della figura paterna, l’enfasi ossessiva sui diritti individuali e la crisi economica».
Nonostante ciò, la prima notizia che emerge dallo studio è positiva. La famiglia tiene: «Solo il 5,7% delle mille famiglie intervistate a Roma – ha riportato – la considera un’istituzione superata».
Resta la principale «scuola di solidarietà e di libertà, una palestra di legami che durano», anche se il 36% dei cattolici ne ha una concezione laica intesa come nucleo fondamentale della società.
È chiaro che «la fede ha attraversato e sta attraversando sfide epocali», ha osservato Manna parlando di «relativismo imperante, individualismo esasperato e soggettivismo aggressivo». È quanto spicca, ad esempio, analizzando il rapporto con i sacramenti. Solo 11,7% dei cattolici considera un obbligo religioso partecipare alla Messa domenicale e per altrettanti è un precetto poco significativo.
«Tra queste famiglie – ha evidenziato – si registrano “infiltrazioni di pensiero laico” che ritroviamo anche nel modo di vivere il sacramento del matrimonio e nella trasmissione della fede ai figli». Se infatti il 24% ammette che si arriva alle nozze in Chiesa con scarsa consapevolezza e il 15% parla del matrimonio religioso sottolineandone valenze marginali come l’opportunità di siglare l’unione con un bel rito indossando abiti speciali, «quasi il 30% delle famiglie cattoliche non ritiene di dover trasmettere la propria fede ai figli». Il 99% dei genitori cattolici ha battezzato i figli, ma appena il 14% lo reputa un rito da rendere vivo attraverso la partecipazione attiva alla vita parrocchiale.
E «“solo” il 72% – ha messo in luce la sociologa – definisce la Prima Comunione la maniera più profonda in cui possiamo incontrare Gesù». Emerge dunque una «fede anemica» basata su un eterno presente, se è vero che si preferisce non affrontare in famiglia temi estremi come “il fine della vita” e solo il 18% dei genitori cattolici parla, appunto, “da cattolico”, della morte.
In sintonia con l’esperienza di tanti parroci romani (e non solo), anche il Rapporto Censis conferma l’allontanamento dei ragazzi dalla Chiesa dopo la Prima Comunione. Lo ha sperimentato il 32% dei genitori cattolici e il 53% del sub-campione dei loro figli, i quali puntano il dito in primis sulla mancanza di un gruppo parrocchiale coinvolgente.
Tanto che appare evidente, secondo Elisa Manna, la necessità di una «alleanza tra l’impegno della famiglia e la presenza in parrocchia di un gruppo vitale».
Quali sono, dunque, le aspettative delle famiglie cattoliche? «È come se chiedessero alla Chiesa di comprendere che prima ancora di decidere di fare famiglia le persone vivono sentimenti, emozioni umane», ha evidenziato la sociologa del Censis. Il 73% del campione ritiene che il Magistero della Chiesa dovrebbe rivedere alcuni suoi comportamenti sulla sessualità alla luce della sensibilità di oggi e in tanti chiedono una Chiesa povera, che dia più spazio alle donne e riscopra lo spirito del Concilio Vaticano II.
«Le famiglie desiderano che la Chiesa si faccia promotrice sul territorio di eventi culturali in grado di coinvolgere e colpire la mente e il cuore» per realizzare un «nuovo umanesimo » e quella «rinascita morale e spirituale» auspicata da Papa Francesco. Nel complesso, dal Rapporto Censis emerge un forte «analfabetismo religioso» tra i cattolici romani, che preferiscono testimoni credibili come il Santo Padre (considerato il principale punto di riferimento del cattolicesimo da quasi l’80% dei credenti romani e da tanti non cattolici) all’approfondimento della propria fede. Un risultato che, lungi dall’esser letto con disappunto o trionfalismo, ha concluso Manna, «ci invita a trovare una freschezza di sguardo, una giovinezza di approccio di cui tutti oggi abbiamo bisogno».

Antonella Pilia