Convegno dei responsabili delle Aggregazioni laicali ecclesiali e di ispirazione cristiana
Roma 7-8 marzo 2014

Il Convegno, aperto il 7 marzo con oltre mille presenze, è proseguito sabato 8 marzo con i laboratori per aree tematiche, relative a otto ambiti della società: Istituzioni ed enti pubblici, Università e centri di ricerca, Scuola, Strutture produttive e del terzo settore, Servizi sociosanitari, Agenzie economicofinanziarie, Società sportive e del tempo libero, Enti dello spettacolo e comunicazioni. La intensa partecipazione degli intervenuti ha messo in evidenza l’esigenza di costruire insieme “una cultura del noi” per imparare a crescere in una responsabilità amorosa verso il mondo, ed ha suggellato l’incontro come inizio di un percorso che vuole coinvolgere in una prospettiva di comunione ogni aggregazione laicale e le relative competenze, in vista di un progetto di nuova evangelizzazione volto ad abitare la città in maniera più inclusiva, e pienamente umana.

laicijpegEssere davvero cristiani, interpretare il cambiamento nel dialogo con tutti, “esserci” nei luoghi in cui si vive ogni giorno, stare vicino a chi soffre, promuovere Roma come città di cultura cristianamente ispirata, creare una Capitale inclusiva. Ecco gli orizzonti che i laici cristiani sono chiamati a guardare, mettendosi in gioco come «testimoni di speranza» nel tessuto sociale della città. Li ha illustrati il Cardinale vicario Agostino Vallini venerdì 7 marzo all’Università Lateranense nel suo intervento al convegno dei responsabili delle Aggregazioni laicali e di ispirazione cristiana su «La missione dei laici cristiani nella città», che si è concluso sabato con le attività dei laboratori.

Dalla «diaspora della responsabilità» alla «presenza dialogica e attiva»: questo, per il cardinale, il passaggio necessario al rilancio della responsabilità laicale nella città e nei suoi ambienti di vita. Anche alla luce della «profezia» del Concilio Vaticano II, il cui «messaggio rinnovatore» non è ancora stato assimilato pienamente per l’«affievolimento del ruolo specifico dei laici» e per una pastorale incapace di fornire loro una «formazione robusta».
Le esigenze profonde dello spirito vengono annebbiate nel mondo «un po’ schizofrenico» che abitiamo, e a Roma, in modo particolare, l’identità collettiva si è persa e il disagio è aumentato. Nella coesione sociale «sfilacciata» su un assetto urbanistico che «non aiuta a far interagire le diversità», la vita ecclesiale mantiene una «consistenza sistemica i cui benefici ricadono nel tessuto vivo della città».

«Voi, Chiesa nel mondo – ha detto il cardinale rivolgendosi alle centinaia di responsabili delle aggregazioni – siete chiamati a sporcarvi le mani». Una “ricetta” per operare laicamente esiste: «decidere di voler essere davvero cristiani», rinunciando alla comoda trincea del dire: «Io sono fatto così», cercare spunti di dialogo con tutti, soprattutto con chi è distante. Là dove si vive, ha proseguito, occorre «esserci», da cristiani, come Chiesa, come popolo e soggetto vivo, anche in politica, sviluppando un «tessuto di comunione» che si fa «comunità visibile»: forti della spinta a «farsi prossimo », i laici cristiani staranno vicino a chi soffre. Roma, città-museo per le sue memorie antiche, andrebbe valorizzata per la sua cultura «cristianamente ispirata», mentre è da promuovere, ha aggiunto, il concetto di cultura «diffusa», che immette nel tessuto sociale della città «valori e comportamenti che includono, accolgono, integrano, uniscono».

Integrazione sociale e rispetto della legalità saranno concime di una «mentalità popolare» capace di sviluppare, in una città cosmopolita e multietnica, «travaso di umanità», dove l’umano, ha concluso il cardinale, «è uno solo e le diversità tra gli uomini rappresentano una risorsa».
I laici cristiani nella città di Roma, secondo il rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, possono essere protagonisti di un «nuovo umanesimo», i cui assi portanti sono la speranza, la cultura della gratuità, l’animazione di un sentire etico e la professionalità. In una società non solo non più «sazia» come un tempo, ma «peggio che disperata», il laico cristiano deve in primo luogo essere, nel suo ambiente, «trasmettitore di una speranza non ingenua, superficiale ed effimera, ma robusta, propositiva, fattiva e contagiosa».

A cominciare dagli ambienti di lavoro, è chiamato a promuovere la giustizia e a testimoniare la «dimensione vissuta della gratuità e del dono».
Mentre la cultura anestetizzante, ha sottolineato Dalla Torre, ci ha reso sempre meno sensibili all’etica nell’agire quotidiano e le norme morali, confuse con quelle religiose, finiscono accantonate, viene «generalmente disconosciuta la connessione tra coscienza morale e legge civile».
Il credente, invece, ha il dovere, «non solo civico ma anche morale», di obbedire al giusto comando dell’autorità civile: lo attende l’impegno a «un’azione educativa all’agire morale», da espletare con «testimonianza di legalità, civismo e agire etico».

La professionalità, infine, «non riguarda solo le cognizioni culturali e tecniche, ma la formazione e l’alimentazione continua di un sentire circa la responsabilità nel far crescere le istituzioni» rendendole «sempre meglio rispondenti alle esigenze per cui sono nate». Incaricati di diventare protagonisti di una «martyrìa permanente», i laici cristiani, tutti i giorni, devono «rendere esplicita e credibile la parola del Vangelo». Alle aggregazioni, ha chiarito Dalla Torre, è affidato il compito di «suscitare nei loro aggregati la nostalgia dell’invito evangelico a essere sale della terra e luce del mondo».

Fuori dalle sacrestie, i laici si calano, da cristiani, nelle realtà mondane, perché è il mondo che va trasformato «secondo il disegno di Dio», forti della consapevolezza di essere in molti casi una minoranza, ma «attiva e comunicativa». Ciò che conta, in fondo, come ha scritto Papa Francesco nel suo Messaggio ai responsabili riuniti, è che, «incorporato alla Chiesa», ogni membro del Popolo di Dio sia «inseparabilmente discepolo e missionario». Badando bene, prosegue il Papa, a non «contrapporre tra loro le parrocchie e le aggregazioni ecclesiali laicali che, nella loro varietà e dinamicità, sono una risorsa per la Chiesa, con la loro proiezione nei diversi ambienti e settori della vita sociale».

È auspicabile, invece, aggiunge il Papa, che mantengano un «legame vitale con la pastorale organica della diocesi e delle parrocchie, per non costruirsi una lettura parziale del Vangelo e non sradicarsi dalla madre Chiesa». Un invito, quello di Francesco, a mantenere, nell’unità, le caratteristiche peculiari di ciascuna aggregazione. Infine, un incoraggiamento a lavorare, con il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa come «bussola», per l’inclusione sociale dei poveri, riservando loro una «prioritaria attenzione religiosa e spirituale».

Lorena Leonardi (RomaSette)