Interventi di Pierpaolo Ianni alla presentazione del saggio “La nonviolenza stile di una nuova politica per la pace” (Camera dei deputati 6-7-2017

img119 copiaLa pace è un’aspirazione profonda del genere umano, ma è continuamente minacciata, come dimostra la nostra storia recente, da molteplici fattori. Come evidenziato da Mons. Mario Toso nel capitolo V del suo nuovo saggio su «La nonviolenza stile di una nuova politica per la pace», le attuali politiche belliche e l’evoluzione della tecnologia militare rendono possibili distruzioni e scenari un tempo impensabili.
Confrontiamoci con alcune cifre che mettono in luce il triste progresso della capacità distruttiva dei conflitti. Nel 1495 durante la battaglia di Fornovo, che a Guicciardini parve sanguinosissima, morirono in tutto tremila persone, durante lo scontro di Waterloo più di 47.000, fino ad arrivare alle drammatiche cifre del Novecento, quando nella Grande Guerra per esempio nella lunga battaglia di Verdun morirono 800.000 persone e più di 100.000 furono le vittime nelle battaglie che si combatterono sull’Isonzo. Un massacro che condusse Benedetto XV a chiedere ai Capi dei popoli belligeranti di fermare «l’inutile strage».
Ancora peggiori furono le devastazioni ed il numero dei caduti sui campi di battaglia durante il secondo conflitto mondiale che registrò anche un numero mai visto prima di vittime civili. Intere città in Europa furono distrutte a causa dei massicci bombardamenti aerei, a cui si aggiunse il drammatico bilancio dei campi di sterminio e le conseguenze devastanti delle due bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki. Le popolazioni civili hanno pagato un prezzo altissimo durante i conflitti del Novecento come drammaticamente constatato nella guerra civile nell’ex- Jugoslavia, nel genocidio in Ruanda, in Sudan e in moltissime altre ostilità.
A questo carico di dolore si è andato aggiungendo un nuovo tipo di attacco che colpisce il patrimonio storico-archeologico. Non si distrugge solo il presente, ma anche il passato, come avvenuto con i Buddha di Bamiyan in Afghanistan, con i templi del sito di Palmira in Siria e la metodica distruzione delle chiese e dei musei in Iraq. Una sistematica distruzione che cancella le testimonianze delle generazioni che ci hanno preceduto, che in qualche modo continuavano a vivere proprio attraverso i monumenti (dal latino monumentum «ricordo, monumento », da monere, ricordare).
Nella seconda guerra mondiale il grande patrimonio storico- culturale custodito nella città di Firenze evitò che il capoluogo toscano fosse colpito da un bombardamento a tappeto. L’arte in quel caso era stata uno scudo contro la barbarie della guerra, così come avvenne nella città di San Sepolcro, in Provincia di Arezzo, che grazie alla presenza della Resurrezione di Piero della Francesca fu risparmiata dalla distruzione. In quel caso il coraggio di un Maggiore britannico che si chiamava Anthony Clarke fu decisivo.
Questo ufficiale si ricordò di aver letto in un libro di Aldous Huxley che in quella cittadina si trovava un capolavoro del Rinascimento, descritto come «il miglior dipinto al mondo», e decise di non ottemperare all’ordine di cannoneggiamento del borgo toscano, rischiando di essere processato dalla corte marziale. Una storia a lieto fine nello scenario oscuro del conflitto mondiale che ci dimostra come un singolo possa fare una grande differenza nella tempesta della guerra.
All’aumentata capacità distruttiva dei conflitti l’uomo ha risposto con un’aspirazione sempre più consapevole e forte verso la pace.
Dopo la sanguinosa battaglia di San Martino e Solferino nasce la Croce Rossa, dopo la Grande Guerra nasce la Società della Nazioni, dopo la Seconda Guerra Mondiale nascono le Nazioni Unite.
Purtroppo nonostante questi progetti la guerra è rimasta una costante della storia umana, tant’è che può apparire tuttora valido quanto teorizzato dal filosofo inglese Hobbes che finì per affermare il celebre «homo homini lupus».
Eppure, se è vero che nell’uomo esiste una carica di aggressività e di violenza, non si deve dimenticare che nell’uomo esiste anche un forte impulso creativo ed una notevole capacità di amare. Si tratta allora di compiere una rivoluzione culturale che trasformi il concetto dell’«uomo lupo» in quello dell’uomo solidale verso l’altro, instaurando un nuovo modo di essere che allontani l’abitudine a considerare i conflitti come strumento risolutivo delle controversie.
Mons. Toso nel suo saggio spiega chiaramente che questo obiettivo non è un’utopia e ci indica due grandi figure che con la loro esperienza di vita ci dimostrano che l’aspirazione alla pace può essere praticata anche in periodi avversi ed in società con grandi disuguaglianze: San Francesco d’Assisi e Madre Teresa di Calcutta.
Entrambi praticarono la non-violenza, non come semplice resistenza passiva, ma proponendo un modello alternativo alla società corrente e tendendo la mano al prossimo. Emblematica è la figura di San Francesco in due casi che vengono citati dall’Autore: la pacificazione tra il Vescovo e il Podestà di Assisi e il viaggio in Egitto dove San Francesco ottiene il permesso di passare nel campo saraceno per incontrare e dialogare con il Sultano.
La pace, dunque, può nascere solo attraverso un costante confronto tra l’impegno morale dell’uomo e le strutture del mondo in continua evoluzione. Essa deve basarsi sulla verità e la giustizia. È necessario educare ogni singolo uomo alla pace e ciò può avvenire solo attraverso la realizzazione di una personalità e di una società in cui prevalgano gli atteggiamenti di collaborazione anziché di antagonismo e prevaricazione.
Bisogna inoltre non dimenticare le nostre radici costituzionali tra cui l’art. 11 che non è semplicemente l’articolo della «Pace», ma è qualcosa di più profondo, frutto di un confronto e di un dibattito intenso avvenuto in Assemblea Costituente. L’articolo 11 della Costituzione è una dimostrazione illuminata dello spirito costituente, ovvero della capacità dei nostri deputati all’Assemblea Costituente di essere al contempo moderni e visionari. Tale articolo ci offre un’idea chiara di quello che deve essere il ruolo internazionale del nostro Paese che «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali » e si impegna alla realizzazione in seno alla comunità internazionale di «un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni».
In questa linea si inserisce il tema del disarmo che dopo la messa al bando delle armi chimiche, biologiche, delle mine antiuomo e delle bombe cluster, vede il nostro Paese impegnato nel disarmo nucleare, basandosi su motivazioni umanitarie e in questa direzione sono in discussione in entrambi i rami del Parlamento italiano mozioni su questo importante tema.

Pierpaolo Ianni
Dottore di ricerca in Istituzioni e politiche
presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano