Card. Angelo Bagnasco - Intervento alla Summer School - Fondazione Magna Carta e Italia Protagonista | ilcantico.fratejacopa.net

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… La politica è amore per la polis, per la vita sociale che trova la sua radice in quella esigenza interiore che spinge l’uomo a cercare gli altri, ad entrare in relazione con loro, a vivere insieme. Non si tratta solo della necessità di soddisfare i propri bisogni attraverso la collaborazione altrui, o di regolamentare gli istinti di prevaricazione di tutti contro tutti, ma di aprirsi, di superare il proprio guscio, di creare comunione, di farsi dono nella dimensione indispensabile dell’amore dato e ricevuto. Non è innanzitutto questione di avere ma di dare, non di sopravvivere ma di essere. E questo a partire dalla prima forma di società, la famiglia. Si comprende allora come la Chiesa da sempre considera la politica come una forma alta di carità.

Il politico, infatti, è colui che per amore si dedica alla giustizia. Decide, cioè, di dedicarsi alla vita sociale, al suo buon funzionamento, sapendo che lo scopo della politica è la giustizia. Questa, che è un valore morale, significa riconoscere a ciascuno il suo, come ancora scrive Tommaso. Perché ciò possa accadere è necessario interpretare l’uomo e gli uomini. Che cosa vuol dire in concreto? “Gli uomini” sono singoli e concreti, “l’uomo” indica non un’idea astratta ma ciò che vi è di universale in tutti gli esseri umani e che precede ogni individuale diversità; è ciò che si manifesta – identico – nelle differenze di ciascuno e dei tempi. È ciò che si chiama “natura umana”. Ora, la politica deve avere a cuore non anzitutto le peculiarità individuali, ma ciò che appartiene a tutti e che costituisce non solo il primo oggetto di diritto, ma il fondamento stesso del diritto. Inseguire desideri o esigenze puramente singolari trascurando i bisogni generali, è ingiusto anche se può essere conveniente per assicurarsi un consenso di parte.

Missione della politica non è passiva registrazione di ciò che accade nella società al fine di ratificare; certamente deve anche essere attenta verso i mutamenti sociali e culturali, ma non in modo supino e acritico. Essa ha anche una funzione di guida, non solo di presa d’atto e di organizzazione dei fenomeni: il suo compito, dunque, richiede un giudizio di merito. Ma in base a che cosa può valutare le situazioni, le richieste, i bisogni vecchi e le nuove istanze? Come dicevo prima, è necessario essere capaci di confrontare gli uomini con l’uomo, per cogliere la congruenza delle spinte con il vero bene umano e – di conseguenza – per assicurare a tutti ciò che è proprio di tutti. Questo non significa omologare, ma essere giusti nell’assicurare a tutti gli stessi diritti secondo la linea di corrispondenza all’ universale natura umana. Se questo vale rispetto alle persone, vale altresì rispetto alla società nel suo insieme, rispetto ad un popolo.

La politica come forma di carità | ilcantico.fratejacopa.net

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Il popolo si differenzia da una moltitudine perché ha un’anima: mi sembra che oggi questa categoria sia oscurata, e si voglia – ad arte o in modo miope – appiattire i popoli in nome di una unità di convenienza. Ora l’anima non è di ordine economico o politico, ma di ordine spirituale e morale. Se la politica non rispetta “l’anima della Nazione” fatta di gente e di terra, di storia e di cultura, tradisce il popolo in ciò che ha di più profondo e caro, anche quando sembra dimenticare le sue radici. Così facendo, la politica sgretola – in nome di ideologie o di altri interessi – ciò che consente a ciascuno di sentirsi parte di un tutto. Significa derubarlo di ciò in cui crede, che gli appartiene, che gli è stato tramandato come un patrimonio, che costituisce la forza unificante di una comunità: un patrimonio ideale che consente di sentirsi “famiglia”. Per questa ragione, intaccare i valori spirituali e morali di una società, è attentare alla sua integrità e alla sua unità. È opportuno ricordare anche che non esistono solo utopie o miti fallaci e devastanti: vi è anche il “vuoto” di verità che assume la maschera del bene, ma che svuota l’anima dei singoli e delle Nazioni. Il nichilismo di senso e di valori nasce da una visone materialista dell’uomo e del mondo, conduce e si alimenta allo spettro ridente del consumismo, che porta a concepire l’esistenza come una spasmodica spremitura di soddisfazioni e godimenti fino all’estremo. Ma ben presto – lo vediamo nella cronaca – ne deriva un’immane svalutazione della vita. Essa non è più custodita col sigillo della sacralità, e quando non è più gradita, la si getta via. La brama di vivere e di godere si muta improvvisamente in avversione per la vita e rifiuto. Veramente chi semina vento raccoglie tempesta, come dice il profeta Osea.

In questo orizzonte, la libertà viene concepita come assenza di vincoli, e la legge o le norme morali vengono ritenute come attentati alla soggettività. Nulla può essere al di sopra della propria autodeterminazione, si dice; questa è concepita come valore supremo e criterio etico. In verità, l’esperienza universale insegna che la libertà è condizione di moralità – se agisco costretto, infatti, non sono responsabile – ma la qualifica morale del mio agire sta in ciò che scelgo liberamente. Il fatto di scegliere senza costrizioni non rende buono il mio atto a prescindere dal contenuto. Oggi, in un clima di individualismo solitario e di nichilismo valoriale, il dinamismo etico, tanto universale quanto ovvio, fatica ad essere riconosciuto. La conseguenza pratica, sul piano morale, è il cinismo comportamentale: scelgo ciò che mi conviene, ciò che mi appare utile, o che sembra placare i miei impulsi, fosse anche la morte mia o degli altri.

La Chiesa si colloca “in medias res”, fedele alla sua missione: per questo ha scelto come obiettivo pastorale del decennio la sfida educativa. Essa crede fermamente alla ragione e nel suo rapporto virtuoso con la fede; inoltre, porta il suo contributo perché nella contesa tra utilità e verità, la verità non soccomba. La ragione, come facoltà del vero e del bene, si muove nell’ampio campo della ricerca empirica e tecnologica, ma è necessario che l’uomo contemporaneo torni ad allargare gli spazi della ragione e li estenda alla contemplazione dell’essere, della bellezza dell’universo, del mistero dell’uomo, interrogandosi non solo sul “come” del mondo, ma anche sul suo “perché”, sui criteri della moralità, cioè del bene e del male. In questa missione la scuola si pone accanto alla famiglia, e così la comunità cristiana; ma è necessario anche che la società diventi nel suo insieme “educante”, nelle persone, nelle sue strutture e nei suoi ordinamenti. I limiti saranno sempre con noi, ma l’impegno dell’esempio alto e nobile deve essere evidente da parte di tutti, specialmente di coloro che hanno responsabilità e visibilità maggiori. Allora il bene comune, che richiede anche sacrificio, sarà credibile.

Card. Angelo Bagnasco
Intervento alla Summer School – Fondazione Magna Carta e Italia Protagonista