XI Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia

Poveri di diritti | ilcantico.fratejacopa.net

Poveri di diritti | ilcantico.fratejacopa.net

Anche quest’anno ho accettato di intervenire alla presentazione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia per aiutare a cogliere i segnali di preoccupazione che giungono in questa fase della vita sociale ed economica e incoraggiare a farsene carico responsabilmente. A provocare tali segnali concorrono fenomeni di portata globale, in un intreccio di condizionamenti che producono effetti devastanti su masse crescenti di popolazione (cf. Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 25), ma che allo stesso tempo lasciano affiorare opportunità non immaginate per fare della globalizzazione un «processo di integrazione planetaria» (ib., n. 42). In questo orizzonte si inserisce la situazione italiana fotografata dall’XI Rapporto, il quale registra alcune precise tendenze. Innanzitutto rileva la cronicizzazione e il peggioramento delle condizioni dei ‘poveri storici’. Come già segnalato nel precedente Rapporto, le Caritas diocesane continuano a registrare un progressivo aumento del numero di persone che si presentano ai Centri di Ascolto e ai servizi promossi dalle Caritas diocesane. Negli ultimi quattro anni (2007- 2010), il numero di persone incontrate è aumentato del 19,8%, e quasi del 70% nel Sud dell’Italia. Il Mezzogiorno presenta in maniera particolare segni crescenti di vulnerabilità economica e sociale, i cui effetti sono riconoscibili, tra l’altro, nei fenomeni di migrazione e nel conseguente depauperamento del capitale umano disponibile. Un’ulteriore tendenza riguarda il progressivo coinvolgimento in situazioni di temporanea difficoltà economica di persone e famiglie tradizionalmente estranee al fenomeno.

Questi ‘nuovi poveri’ si differenziano dalla marginalità estrema, in quanto si tratta di persone che risiedono in dimora stabile, sono in possesso di un lavoro e vivono all’interno di un nucleo familiare. La presenza di questo profilo- tipo di nuovi poveri è aumentata complessivamente del 13,8% in quattro anni. Un aspetto molto preoccupante di tale tendenza è che le nuove situazioni di povertà che si affacciano ai Centri di Ascolto delle Caritas diocesane sono sempre meno legate a storie di persone sole e sempre più caratterizzate da un coinvolgimento complessivo dell’intero nucleo familiare. Tutti i membri della famiglia si trovano a vivere, in modi diversi, una condizione di stress e di sofferenza, anche se sono le donne e le nuove generazioni a pagare il prezzo più elevato. A questo riguardo, due attenzioni meritano un cenno a parte. Innanzitutto la condizione dei giovani, la cui povertà fondamentale si configura come mancanza o perdita di futuro, perché vede sommersi e resi inaccessibili i territori del sapere e intaccata ogni opportunità di lavoro. Scuola e lavoro, infatti, sono i fattori decisivi per le nuove generazioni chiamate a costruire progetti e prospettive di realizzazione per sé e per la collettività intera.

E un riferimento ulteriore esigono le persone e le famiglie immigrate, nelle quali ancora una volta sono le donne, i bambini e gli adolescenti a subire gli effetti peggiori del crescente impoverimento generale e le conseguenze di una cittadinanza incompiuta che espone maggiormente alla povertà. Nei Centri di Ascolto delle Caritas diocesane, dunque, nel periodo 2007-2010, la presenza di ‘povertà familiare’ è aumentata del 44,8%. In riferimento ad essa va notato che il peggioramento della condizione economica risulta spesso aggravato dall’incapacità di rinunciare a determinati livelli di consumo. In questo senso, anche lo stile di vita può divenire causa di povertà: molte situazioni di indebitamento e di indigenza derivano dall’incapacità di gestire in modo adeguato i consumi in rapporto all’effettiva entità delle disponibilità economiche. Si conferma così che si è poveri, certo, per insufficienza o assenza di risorse economiche; e tuttavia appare sempre più evidente che la povertà si presenta anche come deficit non solo di possibilità materiali ma anche di capacità, di relazioni e di socialità, privazione di strumenti informativi e culturali, perdita di identità e di senso, smarrimento di valori e assenza di punti di riferimento solidali all’interno della città e del tessuto sociale.

Questo fa capire perché sia difficile delimitare i confini della povertà e come essa sia rivelatrice della tenuta complessiva di una società come la nostra, attraversata da profonda crisi economica, ma anche da anomia e crisi di senso e di valori. Il carattere non solo economico ma anche antropologico del fenomeno della povertà e delle nuove povertà, come emerge dal rapporto Caritas-Zancan, induce, perciò, a valutare l’incidenza della dimensione relazionale, culturale ed etica nel generarsi e nell’alimentarsi del fenomeno. Prendersi carico e promuovere la persona nella sua interezza, rendendola soggetto consapevole del proprio riscatto, costituisce il più potente fattore di contrasto della povertà. Questo ci dà modo di intendere il senso del titolo che i curatori hanno dato all’XI Rapporto, e cioè Poveri di diritti. Sono poveri di diritti coloro che vivono in una condizione di negazione o di limitazione delle possibilità fondamentali per condurre con dignità la propria vita, dei diritti sostanziali di accesso e di fruizione delle opportunità che la società offre e che dovrebbe essere consentito a tutti di raggiungere. Si denota in questa maniera la riduzione dell’offerta di possibilità per un numero crescente di persone.

poveri-di-diritti2In questo contesto e di fronte alle maggiorate vulnerabilità nel nostro Paese, abbiamo peraltro bisogno di prendere coscienza non solo dei problemi ma anche dei punti di forza, suscettibili di mobilitare le tante risorse disponibili per un cambio di passo nell’affrontare le vaste regioni delle povertà. A tal fine la conoscenza della effettiva situazione, favorita da strumenti quali il Rapporto che oggi viene presentato, è condizione necessaria per valutare adeguatamente il fenomeno e orientare efficacemente le decisioni individuali e collettive. La risposta che la comunità ecclesiale può dare alle attese che salgono da vecchi e nuovi poveri va innanzitutto nel senso del richiamo dei criteri di fondo che devono ispirare ogni impegno in questo campo. Essa consiste nel coniugare in maniera gerarchicamente ordinata etica della vita ed etica sociale, come insegna papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate (cf. n. 15) e come ha ribadito il cardinale Angelo Bagnasco nella Prolusione all’ultimo Consiglio episcopale permanente. Nell’ambito dell’etica sociale, poi, bisogna guardarsi dal separare solidarietà e sussidiarietà, e analogamente cultura dei diritti e coscienza delle responsabilità diffuse e condivise, oltre che istituzionali. Non a caso l’anno scorso, nella stessa circostanza, sottolineavo, tra l’altro, la gravità del fenomeno diffuso della evasione fiscale.

Alla luce di queste indicazioni di fondo, il nostro compito ecclesiale si può dispiegare, come di fatto già avviene, in tutta una serie di opere che, da una parte, sono espressione di una volontà di farsi carico e, dall’altra, sollecitazione rivolta a tutte le istanze della vita sociale a non rimanere insensibili al problema, ma ad adoperarsi per contrastare e ridurre il fenomeno della povertà. Il card. Angelo Bagnasco, nella Prolusione appena richiamata, ricordava che negli ultimi anni la Chiesa, in coincidenza col dispiegarsi della crisi, «ha intensificato la propria capillare presenza, a cerniera tra il territorio e i bisogni della gente». Sono infatti insite nella identità delle Chiese locali la prossimità e la vicinanza alle famiglie e alle persone in difficoltà, come pure l’impegno in gesti di solidarietà concreta e diretta, nonché la creatività di intraprendere vie nuove per esprimere prossimità e non meno cercare possibilità di combattere le cause strutturali dell’esclusione e della povertà. Sarebbe estremamente difficile riuscire a raccontare la molteplicità di interventi, piccoli e grandi, messe in opera da parte delle diocesi e delle parrocchie della nostra Italia: interventi che stanno dentro la vita ordinaria e che si realizzano in termini di servizi strutturati e continuativi o anche come servizi occasionali ma non meno importanti, perché prendono in carico bisogni primari o emergenze straordinarie che attendono risposte urgenti e immediate. Si tratta di interventi resi possibili dalla conoscenza, dall’incontro, dalla relazione, dall’ascolto delle persone, nello sforzo di farle stare dentro il tessuto sociale ed ecclesiale per trovare riscatto a quella povertà ed emarginazione che sperimentano.

In tal senso, accanto a questo XI Rapporto, va segnalato, come strumento di ricerca e informazione sulla rete di organismi e di iniziative, oltre che sulla trama di indigenza e di bisogni del nostro tessuto sociale, il IV Censimento delle opere caritativo-socioassistenziali e socio-sanitarie che è stato svolto proprio nell’anno appena trascorso. La speranza cristiana ci invita a non perdere mai la fiducia e sollecita ogni impegno per «sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo» (Is 58,6), promuovere e tutelare i diritti di tutti, ma anche richiamare tutti al senso del dovere e della responsabilità. Il nostro impegno ecclesiale in tale direzione non verrà meno, anzi si esprime già con rinnovata dedizione nel rilancio del compito educativo, su cui si concentra in modo particolare l’iniziativa pastorale della Chiesa in questi anni, convinti come siamo che, nel contrasto delle povertà, un ruolo decisivo lo svolge la crescita della coscienza e della maturità delle persone.

Presentazione di S.E. Mons. Mariano Crociata