Presentazione del Messaggio di Papa Francesco per la 3ª Giornata Mondiale dei poveri
Al termine del Giubileo della Misericordia Papa Francesco volle offrire alla Chiesa l’iniziativa di “Giornate Mondiali per i poveri” da celebrarsi nel mese di novembre “Perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi” (Messaggio per la I Giornata dei poveri). La Giornata era rivolta prima di tutto ai credenti, ma poi era una parola per ogni uomo: “Questa giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco facendo propria la cultura dell’incontro. Al tempo stesso l’invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, perché si aprano alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà” (ibidem).
Il Messaggio per la I Giornata Mondiale dei poveri (2017) era intitolato “Non amiamo a parole ma con i fatti”. Citando 1Gv 3,18, Papa Francesco afferma che queste parole esprimono con chiarezza un imperativo da cui nessun cristiano può prescindere. L’esempio della prima comunità cristiana, e più vicino a noi l’esempio di S. Francesco, ci ricordano che siamo chiamati a tendere le mani ai poveri, a incontrarli, a guardarli negli occhi.
Il Messaggio per la II Giornata Mondiale dei poveri (2018) aveva come frontespizio una parola presa dal Salmo 34: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta”. Siamo chiamati a incontrare le diverse condizioni di sofferenza ed emarginazione in cui vivono tanti fratelli e sorelle che siamo abituati a designare con il termine generico di “poveri”. Ci viene detto che il Signore ascolta i poveri che gridano a Lui ed è buono con quelli che cercano rifugio in Lui, con il cuore spezzato dalla tristezza, dalla solitudine e dall’esclusione.
La III Giornata Mondiale per i poveri che si celebra il 17 novembre ha come frontespizio una Parola dal Salmo 9: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”. Il Messaggio sottolinea una “incredibile attualità” di queste parole, che esprimono una “verità profonda che la fede riesce a imprimere soprattutto nel cuore dei più poveri: restituire la speranza perduta dinanzi alle ingiustizie, sofferenze e precarietà della vita”. Siamo invitati a guardare ai poveri e a capire che se ai poveri viene tolta la speranza, in loro prevale solo la sofferenza e il non senso.
Il Messaggio ci richiama alla fede: senza di essa la realtà dei poveri è incomprensibile. Abbiamo bisogno di guardarla con gli occhi della fede, con la luce della parola di Dio, altrimenti tutto è assurdo e senza speranza. E ci invita a puntare gli occhi sulla realtà dei poveri che è antica quanto l’umanità, ma allo stesso tempo manifesta sempre modalità ed espressioni nuove. Passano i secoli, ma la condizione di ricchi e poveri permane immutata. Alle molte forme di povertà, sempre esistite nell’umanità, oggi dobbiamo aggiungere “molte forme di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini”.
Ma chi è il povero? Sempre il Salmo 9 dà una definizione: il povero è colui che confida nel Signore perché ha la certezza di non essere abbandonato.
“Il povero, nella Scrittura, è l’uomo della fiducia” “perché conosce il suo Signore”. È proprio questa confidenza nel Signore, questa certezza di non essere abbandonato, che richiama alla speranza. Il suo aiuto si estende oltre la condizione attuale di sofferenza; lo sostiene nel profondo.
Per capire chi è il povero è importante vedere come è l’agire di Dio nei suoi confronti: Dio lo “ascolta”, “interviene”, ”protegge”, “difende”, riscatta”, ”salva”. Insomma un povero non potrà trovare Dio indifferente o silenzioso dinanzi alla sua preghiera. Non durerà a lungo la sua condizione di emarginazione.
Non è mai possibile eludere il pressante richiamo che la Sacra Scrittura affida ai poveri. Gesù non ha avuto timore di identificarsi con ciascuno di essi: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Gesù inizia le Beatitudini dicendo: “Beati voi poveri” (Lc 6,20). Ai poveri appartiene il Regno perché sono nella condizione di riceverlo.
Gesù, che ha inaugurato il suo regno ponendo i poveri al centro, ha affidato a noi il compito di portarlo avanti, con la responsabilità di rianimare la speranza e restituire loro fiducia. È un programma che la comunità cristiana non può sottovalutare. Ne va della credibilità del nostro annuncio e della testimonianza dei cristiani.
La Chiesa, nella vicinanza ai poveri, scopre di aver la vocazione di non far sentire nessuno straniero o escluso. “La condizione dei poveri obbliga a non prendere alcuna distanza dal Corpo del Signore che soffre in loro”. Tutta la Chiesa è il Corpo del Signore ma i poveri sono la parte sofferente del Corpo del Signore. Siamo chiamati a toccare la carne del Signore per comprometterci in prima persona. “L’amore che dà vita alla fede in Gesù non permette ai suoi discepoli di rinchiudersi in un individualismo asfissiante, nascosto in segmenti di intimità spirituale, senza influsso sulla vita sociale”.
“L’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta, è una scelta prioritaria che i discepoli di Cristo sono chiamati a perseguire per non tradire la credibilità della Chiesa e donare speranza fattiva a tanti indifesi. Chi compatisce le loro sofferenze con l’amore di Cristo riceve forza e conferisce vigore all’annuncio del Vangelo”. Mirare ad accrescere in ognuno l’attenzione piena dovuta ad ogni persona che si trova nel disagio è attenzione d’amore che costituisce l’inizio di una vera preoccupazione per i poveri nella ricerca del loro vero bene.
Non è facile essere testimoni della speranza cristiana nel contesto della cultura consumistica e dello scarto; è necessario un cambiamento di mentalità per riscoprire l’essenziale e dare corpo e incisività all’annuncio del regno di Dio.
“La speranza si comunica anche attraverso la consolazione che si attua accompagnando i poveri non per qualche momento carico di entusiasmo, ma con un impegno che continua nel tempo. I poveri acquistano speranza vera non quando ci vedono gratificati per aver concesso loro un po’ del nostro tempo, ma quando riconoscono nel nostro sacrificio un atto di amore gratuito che non cerca ricompensa”. Qui possiamo tornare all’esperienza di S. Francesco che certo ha dato ai poveri tutti i suoi averi; poi è diventato uno di loro, si è avvicinato ai poveri, ha condiviso la loro vita, si è messo nella loro condizione. E così ha comunicato la speranza ai poveri.
“Vi esorto (il Papa si rivolge ai volontari) a cercare in ogni povero che incontrate ciò di cui ha bisogno…a scoprire in ogni povero la bontà che si nasconde nel loro cuore, facendovi attenti alla loro cultura e ai loro modi di esprimersi, per poter iniziare un vero dialogo fraterno… Non dimenticate mai che la peggiore discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale.
I poveri prima di tutto hanno bisogno di Dio, del suo amore reso visibile da persone sante che vivono accanto a loro, le quali nella semplicità della loro vita esprimono e fanno emergere la forza dell’amore cristiano. Certo i poveri si avvicinano a noi anche perché stiamo distribuendo loro cibo… ma ciò di cui hanno veramente bisogno va oltre il piatto caldo o il panino. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno di amore semplicemente “ (Messaggio per la III Giornata Mondiale dei poveri).
“A volte basta poco per restituire speranza: basta fermarsi, sorridere, ascoltare… i poveri sono persone a cui andiamo incontro, uomini, donne e bambini che attendono una parola amica”.
Noi siamo chiamati a far risorgere la speranza dei poveri. Questa speranza può risorgere solo se i poveri sentono nella loro vita l’amore di Dio, ma l’amore di Dio noi lo dobbiamo mediare con il nostro comportamento, la nostra vicinanza, il nostro avere cura di loro.
I poveri ci salvano, perché ci permettono di incontrare il volto di Gesù Cristo. “Hanno una forza salvifica. Nel cuore del Popolo di Dio in cammino pulsa questa forza di salvezza che nessuno esclude e tutti coinvolge in un reale pellegrinaggio di conversione”.
La condizione che è posta ai discepoli del Signore Gesù, per essere coerenti evangelizzatori, è di seminare segni tangibili di speranza.
P. Lorenzo Di Giuseppe