“Paolo, dopo aver predicato in numerosi luoghi, giunto ad Atene si reca all’areopago, dove annunzia il Vangelo, usando un linguaggio adatto e comprensibile in quell’ambiente (cfr At 17,22-31). L’areopago rappresentava allora il centro della cultura del dotto popolo ateniese, e oggi può essere assunto a simbolo dei nuovi ambienti in cui si deve proclamare il Vangelo” (Redemptoris Missio 37). L’areopago del tempo attuale, che sta unificando l’umanità rendendola un villaggio globale, è il mondo dei media. Essi “hanno una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali. Le nuove generazioni soprattutto crescono in modo condizionato da essi” (ibidem).
La “Caritas in Veritate” pone l’“accresciuta pervasività” dei media in connessione con lo sviluppo tecnologico e aggiunge: “È ormai quasi impossibile immaginare l’esistenza della famiglia umana senza di essi. Nel bene e nel male, sono così incarnati nella vita del mondo, che sembra davvero assurda la posizione di coloro che ne sostengono la neutralità, rivendicandone di conseguenza l’autonomia rispetto alla morale che tocca le persone. Spesso simili prospettive, che enfatizzano la natura strettamente tecnica dei media, favoriscono di fatto la loro subordinazione al calcolo economico…” (CV 73).
I media hanno contribuito ad affermare oggi una nuova cultura in cui l’interesse economico si è fatto strada in maniera prepotente fino a provocare il livellamento delle tradizioni, degli stili di vita e delle norme sociali di comportamento e fino ad alienarci da noi stessi.
Si è affermata una tendenza all’appiattimento delle varietà culturali e si sono acquisiti atteggiamenti di inerzia mentale e fisica, per affermare ovunque lo stesso messaggio culturale di tipo consumistico, lo stesso stile di vita e un’unica visione del mondo. In qualunque parte del mondo si possono acquistare gli stessi prodotti. Ma non si tratta solo di questo, poiché con il prodotto si acquista una particolare visione del mondo che comporta lo stesso modo di vestire e di atteggiarsi. È, dunque, un messaggio culturale quello che noi “beviamo” insieme al prodotto.
Questo comporta un’omologazione culturale che, a differenza della ricchezza costituita dalla diversità culturale dei popoli, indica una povertà, poiché non c’è ricchezza dove mancano le tradizioni e la propria identità. Le nuove tecnologie accentuano l’omologazione, perché sono nelle mani di chi vuole veicolare comportamenti economicamente redditizi.
I media determinano mutamenti nel modo stesso “di percepire e di conoscere la realtà e la stessa persona umana” (ibidem) e poiché sono subordinati anch’essi al calcolo economico, occorre urgentemente fare un’attenta riflessione sulla loro influenza specie nei confronti della dimensione etico-culturale della globalizzazione e dello sviluppo dei popoli.
La parola s-viluppo significa liberare l’uomo e i popoli dai “viluppi”, dai vincoli, dalle catene, dalle varie forme di schiavitù per poter raggiungere uno “sviluppo integrale dell’uomo” (cfr sottotitolo della “Caritas in Veritate”). Ciò significa che la crescita economica non deve minacciare la relazionalità e la spiritualità, come accade, ad esempio, quando si favorisce l’aumento dei video poker che fanno crescere il PIL, ma creano anche pericolose dipendenze tra i giovanissimi e non solo.
I media devono assumersi la responsabilità di questo processo di sviluppo integrale dell’uomo che possono favorire o contrastare. Essi assolveranno il loro compito di umanizzazione non solo se offriranno maggiori possibilità di interconnessione e di circolazione delle idee, ma soprattutto se mireranno alla “promozione della dignità delle persone e dei popoli”, se saranno “animati dalla carità” e saranno posti “al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale” (ibidem).
Lucia Baldo