Il libro Le Porte della Misericordia: per un nuovo umanesimo in Gesù Cristo (Mod edizioni, 2015) propone cinque lectio in compagnia del Discepolo amato nel Vangelo di Giovanni, nella metafora delle cinque porte che il credente è chiamato a varcare per vivere un umanesimo integrale in Gesù Cristo. Il Prediletto, dinanzi Cristo, è come posto alla scuola del Logos fatto persona: l’umanizzazione del Logos divino e la divinizzazione dell’uomo vengono così proposte mediante le cinque vie (Uscire, Annunciare, Abitare, Educare, Trasfigurare) che il discepolo vive nelle frontiere della vita.
1. La “porta” del Cenacolo (Gv 13) Il primo capitolo mette in evidenza la frontiera della vita affettiva e delle relazioni famigliari: “amatevi gli uni gli altri”! Il discepolo amato, che affianca Gesù, anzi, come traduce la Vulgata, è situato in ‘seno’ a Gesù,su “in sinu Iesu”, ovvero nelle sue viscere misericordiose: in Cristo, in seno alla Chiesa-madre, è nutrito, matura, viene amato e viene formato ad un nuovo umanesimo per essere rigenerato e posto in uscita per la missione. La porta del cenacolo dice: per essere Chiesa, Famiglia di famiglie, in uscita missionaria è necessario il tempo dell’annuncio e dell’ascolto: l’uomo abita il Verbo e Questi abita la vita dell’uomo. Nel Cenacolo il Maestro educa affettivamente ed effettivamente all’Amore reciproco, solidale e gratuito. Così, Cristo, la sua logica, la sua mentalità e la sua persona viene a Trasfigurare le relazioni umane per rigenerarle nella Carità.
2. La “porta” stretta della croce (Gv 19)
Il secondo capitolo è un invito a varcare, in compagnia del discepolo solidale, le frontiere delle mille fragilità vissute nelle periferie esistenziali della vita. Annunciare, ascoltare e condividere il ‘dramma’ di ogni fragilità è l’invito rivolto dall’umanità sofferente del Crocifisso: “Ecco (ìde) tuo figlio… Ecco tua madre”. Qui l’Ecco (ìde, guarda) è un imperativo che invita il discepolo e la donna sotto la croce ad aprire gli occhi dinanzi alla tragedia della sofferenza come cifra della condivisione della prova e delle solitudini vissute nelle frontiere delle fragilità, nelle periferie esistenziali della vita. Non chiudere gli occhi di fronte al male significa già abitare la vita degli altri.
Non chiudere gli occhi (ìde) significa educarsi reciprocamente ad avere uno sguardo, un cuore e una mentalità misericordiosi. La condivisione, l’accoglienza e la solidarietà del discepolo amato dice che il dolore e la sofferenza se condivisi e offerti operano una trasfigurazione, una nuova umanizzazione, e perdono la carica distruttiva e pervasiva che il male porta in sé. È un aprirsi alla Speranza più Grande.
3. La porta spalancata della tomba vuota (Gv 20)
Il terzo capitolo rinvia alla ricerca e alla trasmissione della conoscenza e della Verità. Cristo viene a umanizzare le frontiere del mondo delle proposte educative e della trasmissione del sapere, non più intesi come nozione da comunicare ma come esperienza e visione personale della realtà da testimoniare e trasmettere. Varcare la frontiera della Traditio, ci fa entrare nel cuore delle cinque vie proposte dalla Traccia di Firenze 2015: il Kerigma, ovvero annunciare la vittoria del bene sul male, della Vita sulla morte, operata dal Risorto, significa, anche, abitare il corpo di Cristo (Chiesa) con le sue piaghe Trasfigurate dalla Grazia. Il discepolo amato, alle soglie della porta del Mistero, dà precedenza a Pietro e diviene modello dell’Amore che dà sempre precedenza: l’autorità di Pietro e l’autorevolezza del Prediletto ci educa alla corresponsabilità ecclesiale e comunitaria, alla ricerca e alla comunicazione del vero, bello e buono esistenti nella storia come cifra della collegialità.
Questo significa compiere un passaggio dall’uomo vecchio a quello generato dal nuovo umanesimo di Cristo risorto.
4. La porta della missione (Gv 21)
Il quarto capitolo rappresentato dalla pesca prima fallimentare e poi miracolosa, vuole aiutarci a guardare a Cristo e alla sua grazia come capacità di umanizzare l’esperienza del lavoro e della festa, nella prospettiva della collegialità, della comunione e della corresponsabilità al progetto di Dio.
5. La porta della testimonianza escatologica (Gv 21)
La porta escatologica è l’ultima frontiera che mette in relazione città degli uomini e città di Dio nella prospettiva di un impegno politico e sociale volto alla costruzione di una cittadinanza attiva e di un mondo nuovo fondato sulla carità che non avrà mai fine.
Nell’Invito al Convegno di Firenze 9-13 novembre 2015 la Chiesa italiana affronta la questione sull’umanesimo, ovvero su quel “di più” che rende l’uomo unico tra i viventi secondo quella permanente domanda di senso che l’orante formula nel Sal 8.
Se nel mondo contemporaneo l’affermazione della centralità dell’uomo nell’universo e della sua peculiare natura, la sua unicità e la sua prevalenza rispetto a tutti gli esseri viventi, non è scontata nel quadro di particolari ipotesi antropologiche olistiche in cui l’uomo è solo una delle moltissime specie che popolano il pianeta, il Prediletto, dinanzi al Verbo fatto Uomo, con il suo percorso di umanesimo integrale in Cristo, ci aiuta a compiere una nuova umanizzazione delle frontiere dell’esistenza: né il mondo minerale, né il mondo vegetale, né il mondo animale possono essere educati al “Logos” e al dia-logo. Se una foresta sta per essere distrutta da parassiti, salvaguardare la foresta potrebbe significare mettere in atto un sistema difensivo, come estrema ratio, contro i parassiti stessi: questi non possono recepire un invito ad uscire dal loro habitat, né a ricevere un annuncio che contribuisca a far ripensare quanto stanno operando, né possono avere consapevolezza di una nuova modalità di abitare l’ambiente, né essere educati a discernere le conseguenze del loro agire: in tal senso il ‘logos’ non trasfigura la loro esistenza, non converte il loro proposito. Se, invece, l’esistenza della foresta è messa in pericolo dall’azione umana di un villaggio non possiamo sacrificare la comunità del villaggio!
L’uomo può recepire il Verbo: uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare.La conversione per l’uomo è possibile! La pietra, la pianta, l’animale non hanno “logos”per varcare le “porte” della conoscenza e discernere come vivere i livelli affettivi di eros, philìa e agape; né capacità logica di scegliere la condivisione solidale della sofferenza; né impulso alla ricerca della verità e alla sua trasmissione; né capacità di scelta del “lavoro”come vocazione per la trasformazione del mondo;né ca pacità dell’esercizio della programmazione del bene comune mediante la prospettiva di una partecipazione alla vita della polis. L’invito a varcare le “porte” in compagnia del Prediletto è un percorso di nuova umanizzazione passo dopo passo.
Tonino Cetrangolo