Vizi e virtù in politica
img68 (1)Nella nostra cultura individualistica, che ha dato vita a un’etica libertaria, è più che mai necessario ricuperare il significato della parola “virtù” (da vir= forza, vigore) in tutti gli ambiti dell’agire umano.
Per esempio nell’ambito politico il recupero delle virtù renderebbe possibile umanizzare la politica per liberarla dalla sua disumanizzazione foriera di vizi. Sì, perché la politica o è virtuosa, cioè umana, o è in preda ai vizi, cioè disumana. Non ci sono vie di mezzo.
Per affrontare il tema delle virtù in rapporto alla politica, lasciamoci illuminare dal Messaggio per la Pace 2019 con cui Papa Francesco ci guida alla riscoperta delle virtù, proprio nell’ambito della politica.
In esso è scritto che i politici, se vogliono operare per il bene della famiglia umana, devono praticare le virtù umane che “soggiacciono al buon agire politico”. Esse sono: “la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà” (Msg Pace 2019, 3).
A queste virtù il Papa contrappone i vizi della politica che sono: “la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio” (ibidem, 4).
Se il politico sarà proteso a incarnare le virtù indicate nel Messaggio della Pace 2019, i vizi della politica cadranno da sé e non potranno intaccare la credibilità di coloro che scelgono di dedicarsi alla res publica, cioè al bene della comunità.
Ma tra tutti i vizi possibili in politica, il Messaggio indica la corruzione come il padre di tutti i vizi.
Mons. M. Toso nella sua riflessione su questo Messaggio, ci ricorda il monito ripetuto sovente da Papa Francesco: “Peccatori sì, corrotti no”. I corrotti non chiedono perdono a Dio perché ritengono di fare quello che fanno tutti e, perciò, nel nome di un’etica libertaria che propaganda il “mal comune mezzo gaudio”, si autoassolvono.
Invece i peccatori chiedono perdono a Dio, hanno il senso del peccato e sanno che solo Dio li può assolvere, perciò hanno ancora speranza, futuro. Essi credono che sia “beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale” (ibidem, 3).
Invece i corrotti non sperano in nessuna possibilità di cambiamento in meglio della società.
Il Messaggio della Pace 2019 come mette in guardia dal vizio dei vizi della politica, così richiama anche quella che è la virtù delle virtù: la carità, foriera di tutte le virtù: “Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità” (ibidem, 2) che unisce i credenti a tutti gli uomini di buona volontà.
Il politico che sarà animato dalla carità cristiana, saprà affrontare le ingiustizie, la violenza, le inimicizie non con spirito di rivendicazione e di vendetta, ma contrapponendo ad esse il modello Cristo da cui si lascerà guidare.
Pensiamo a Gesù tradito da Giuda all’uscita dal Cenacolo, quando, in procinto di essere arrestato, lascia ai suoi il testamento spirituale dell’amore: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34). Egli contrappone all’odio l’amore. La carità è questo amore soprannaturale che nessuno di noi saprebbe inventare perché supera le forze dell’uomo il quale da solo potrebbe tutt’al più trattenersi dalla vendetta, senza immaginare di poter piegare l’odio attraverso il suo contrario: l’amore.
La giustizia è “la prima via della carità” (CV 6). Quando si parla di carità, si parla di gratuità, di misericordia, di perdono, di riconciliazione. In una parola si parla di Dio.
La giustizia, secondo l’antropologia cristiana, è comprensibile solo nell’orizzonte dell’Amore (cf Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 203): “Da sola, la giustizia non basta. Può anzi arrivare a negare se stessa, se non si apre a quella forza più profonda che è l’Amore” (Msg Giornata Mondiale per la Pace 2004, 10).

Giustizia: dare a ciascuno il suo
Un politico virtuoso deve innanzitutto seguire, nelle sue scelte, dei criteri improntati a un senso di giustizia, dando all’altro ciò che è suo, che gli spetta (justitia deriva da jus= diritto), riconoscendo e rispettando i legittimi diritti degli individui e dei popoli. Oggi, però, c’è una grande confusione, perché i diritti sono considerati come assoluti, disancorati dai doveri. Ogni nostro desiderio viene rivendicato come diritto: l’eutanasia, l’aborto, l’utero in affitto, la maternità a sessant’anni ecc. Papa Francesco collega l’affermazione esasperata dei diritti al “consumismo edonista” perché, nell’ossessione del divertimento, “finiamo con l’essere eccessivamente concentrati su noi stessi, sui nostri diritti” (GE 108). Ma se ad ogni diritto non corrisponde un dovere, si costruisce una società libertaria e quindi senza fondamento etico.
Mons. M. Toso sollecita i cattolici ad appropriarsi della propria identità di cristiani che non possono scendere a patti col pensiero libertario corrente, ma devono distinguere i diritti connessi ai doveri, dai diritti assoluti, soggettivistici e libertari in nome dei quali viene sancita la negazione di tutti i diritti.
Non ogni desiderio può essere rivendicato come diritto, ma si deve difendere e sostenere tutto ciò che pone al centro la persona, soggetto libero (non libertario) e responsabile, sul rispetto della quale si deve fondare tutta la comunità internazionale, perché diventi sempre più e sempre meglio un’unica famiglia umana.

Equità
I cattolici per fare una buona politica dovranno prendersi cura del bene di tutti, soprattutto di quelli che non hanno la possibilità di fare sentire la loro voce, perché la giustizia è fondata sul bene comune. img71 (2)
Il bene comune è riconoscere a tutti un’“uguaglianza di opportunità” (EG 59), senza abbandonare gli ultimi ai margini della società, quasi fossero prodotti di scarto, anche perché: “Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che potranno assicurare illimitatamente la tranquillità” (ibidem).
Diciamo, con Papa Francesco: “no a un’economia dell’esclusione e dell’inequità”! (EG 53). Il termine “inequità” è un neologismo introdotto da Papa Bergoglio il quale cita come esempio della parzialità del nostro modo di giudicare, il fatto accertato che non interessa a nessuno se un anziano muore per strada, mentre siamo tutti attenti se in borsa si ha il ribasso di due punti (cf. EG 53). L’inequità porta alla cultura dello “scarto” che riduce l’uomo a un bene di consumo e non considera in lui la persona.
Invece la giustizia cristiana è quella virtù che consente di “entrare con gli altri uomini in un rapporto di amicizia e di comunità di lavoro, di amore e di fecondità” (R. Guardini, ibidem, p. 59). E questo vale non soltanto per il potente, il felice e il dotato, ma per ogni uomo per il fatto che è uomo.

Lucia Baldo