Un commento alla “Esortazione ai fratelli e sorelle della penitenza” (FF 178), prima redazione della “Lettera ai fedeli” di S. Francesco d’Assisi ci accompagnerà dalle pagine del Cantico a coglierne i tratti fondamentali per porci in una prospettiva di profonda conversione in questo Anno della Fede.

II parte

3. “… E RICEVONO IL CORPO ED IL SANGUE DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ CRISTO”
Il tema eucaristico si pone al centro della risposta di fede all’Amore di Dio. Oltre alle numerose testimonianze descritte dalle biografie, è presente in quasi tutti gli Scritti. Nella 2a Lettera ai Fedeli S. Francesco ci ricorda con veemenza che “nessuno può essere salvo se non per il sangue del Signore nostro Gesù Cristo e per il ministero della parola di Dio che i sacerdoti proclamano e annunciano e amministrano, ed essi soli debbono amministrare e non altri” (FF 194). Queste parole sono un invito a superare il disappunto nei confronti degli abusi commessi da una parte del clero nei confronti dell’Eucaristia.

lettera-fedeliIIparteAccadeva infatti che i fedeli si allontanassero dalla pietà eucaristica a causa di comportamenti irrispettosi: “non rinnovavano a tempo debito le ostie consacrate che brulicavano di vermi, lasciavano spesso cadere a terra il Corpo ed il Sangue del Signore e conservavano il Sacramento in stanze o in un albero del giardino, nelle visite ai malati appendevano la teca con l’eucaristia e andavano nelle bettole…” (K. Esser, Temi spirituali, Mi, Ed. Biblioteca Francescana, 1981, p. 164).

Di fronte a tali abusi S. Francesco dice: “Dobbiamo… riverire i sacerdoti, non tanto per loro stessi, se sono peccatori, ma per il loro ufficio di ministri del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, che essi consacrano sull’altare e ricevono e distribuiscono agli altri” (FF 193). “E questi e tutti voglio temere, amare e onorare come miei signori, e non voglio in loro considerare il peccato, poiché in essi vedo il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dell’altissimo Figlio di Dio, nient’altro io vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo che essi soli consacrano ed essi soli amministrano agli altri. E questi santissimi misteri sopra ogni cosa voglio che siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi” (FF 113-114). Nella 2a Lettera ai Fedeli S Francesco si preoccupa anche delle disposizioni interiori: “chi indegnamente lo riceve mangia e beve la sua condanna, non riconoscendo il corpo del Signore, cioè non distinguendolo dagli altri cibi” (FF 189).

Questo pensiero di ammonimento, che è ripreso nella 1a Ammonizione, contiene una polemica anticatara. Insiste sulla presenza reale del corpo di Cristo sotto le specie eucaristiche contro le idee docetiste dei Catari che ritenevano tale presenza solo apparente in quanto la materia non può contenere la divinità. Occorrono gli “occhi della fede” per credere “che il suo santissimo corpo e sangue sono vivi e veri” (FF 144) così come accadde agli apostoli che videro Gesù in carne ed ossa, e credettero che egli era Dio. Per S. Francesco l’Eucaristia era al centro della sua esistenza. “Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere, verso il sacramento del corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità” (FF 789).

Amava l’amore e desiderava viverlo in se stesso. Era rapito dall’ardente e dolce forza dell’amore che si manifestava in modo sommo nel sacrificio eucaristico. Nella 2a Lettera ai Fedeli il tema eucaristico è introdotto da quello della povertà del Verbo Incarnato che “essendo ricco più di ogni altra cosa, volle tuttavia scegliere… la povertà” (FF 182) (cfr FF 4) e così facendo ci ha rivelato che occorre rinnegare se stessi per poter amare. La 2a Lettera ai Fedeli prosegue presentandoci l’istituzione dell’Eucaristia che è la massima espressione dell’amore di Dio per l’uomo, ma soprattutto è l’esempio che Cristo ci ha lasciato “perché ne seguiamo le orme” (FF 184). Per seguire questo sacrificio anche l’uomo dovrà farsi povero, cioè rinnegare se stesso. Compiendo le azioni esemplari di Cristo l’uomo si trasformerà e sarà capace di portare, attraversare e superare il male con la forza della carità che è in lui. “Solo attraverso la rinuncia e lo spogliamento, attraverso la povertà, si crea nell’uomo quel vuoto che la carità divina potrà colmare a suo piacimento” (K. Esser, ibidem, p. 49).

S. Francesco, nella 6a Ammonizione, pone in risalto l’importanza dell’imitazione del Signore dicendo: “le pecore del Signore lo seguirono nella tribolazione e nella persecuzione e nell’ignominia, nella fame e nella sete, nell’infermità e nella tentazione e in altre simili cose e ne ricevettero dal Signore la vita eterna” (FF 155). L’azione che rivela in modo sommo l’amore è il sacrificio sull’altare della croce. Anch’essa è per noi “l’esempio perché ne seguiamo le orme” (FF 184). S. Francesco “essendo colmo di reverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e, quando riceveva l’agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore” (FF 789). “La vita di penitenza, quale scaturisce dalla partecipazione al sacrificio eucaristico, è dunque, nel medesimo tempo, preparazione e frutto, opera di Dio e azione dell’uomo, fuse in un unico tutto. È una risposta dell’amore riconoscente all’Amore che Dio ci dona in Cristo Gesù” (K. Esser, ibidem, p. 46).

(Continua)

Graziella Baldo