Assisi 11-13 novembre 2016

Sintesi della relazione di p. Paolo Zampollini

PREMESSA
img101-5La Lettera di S. Francesco inviata a tutti i fedeli e il Testamento di S. Chiara hanno lo stesso inizio: “Nel nome del Signore”1.
Questo vuole sottolineare che per entrambi si deve sempre partire dal Signore per fare qualunque cosa.
Facciamo riferimento al Testamento di santa Chiara perché, come ha detto una volta qui in Assisi nel 1982 san Giovanni Paolo II, non si può capire il carisma francescano se non si conosce la “leggenda divina di Francesco e Chiara”2.
All’inizio del suo Testamento Chiara ci invita a rendere grazie al padre delle misericordie del beneficio della nostra vocazione e questo innanzitutto è importante fare all’inizio di un Capitolo, perché un Capitolo, non è una riunione qualsiasi, ma un luogo teologico in cui alcune persone si ritrovano, convocate dallo Spirito, per prendere decisioni, per rafforzare il loro cammino. È un luogo importantissimo.
Dunque anche noi oggi vogliamo rendere grazie per la nostra chiamata, per il Battesimo, per la vocazione, per il carisma francescano.
Il fatto che Francesco e Chiara ci consegnino un Testamento o una Lettera significa che abbiamo ricevuto un’eredità. La realizzazione della mia persona non è nelle cose che penso o che mi piacciono, ma nell’incontrare, nella sua oggettività, la vocazione che mi è stata consegnata. Riflettendo su queste cose capisco chi sono io3.
Come dice il documento Mutuae Relationes: “Il carisma dei fondatori è un’esperienza dello spirito trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo, che è la Chiesa, in perenne crescita”4.
Approfondire gli Scritti di Francesco ci consente di capire chi siamo e di attualizzarlo nel mondo della società civile, del lavoro…
La fenomenologia ci dice che non dobbiamo
giustificare le cose solo con la ragione, poiché vengono da sé. Ciascuno di noi leggendo un testo ha una sua percezione interna dovuta al fatto di essere francescani.

LA LETTERA AI FEDELI
Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e la mente, con tutta la forza e amano i loro prossimi come se stessi, e hanno in odio i loro corpi con i vizi e i peccati, e ricevono il corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno frutti degni di penitenza: oh, come sono beati e benedetti quelli e quelle, quando fanno tali cose e perseverano in esse, perché riposerà su di essi lo Spirito del Signore, e farà presso di loro la sua abitazione e dimora (cf Gv 14,23)… FF 178.
A Francesco interessa soprattutto una cosa: conformarsi a Cristo. Poco prima della morte afferma di voler perseverare nel seguire la vita e la volontà di Cristo e perseverare sino alla fine. Gli sta a cuore di stare sempre dietro Gesù.
In che cosa perseverare?
Per prima cosa nell’amore di Dio e del prossimo. Per fare questo bisogna avere in odio il corpo con i suoi vizi e peccati. Il corpo non va inteso in senso fisico, ma come l’io egoista, la carne del linguaggio paolino, il mio io (vedi Tommaso Moro).
L’io egoista spinge a fare cose anche buone, ma nel proprio nome! E questo è il più grande tradimento della fede cristiana e della spiritualità francescana.
Il rapporto di conversione deve essere costante.
Dobbiamo costantemente rapportarci con Gesù per convertirci. Ogni giorno dobbiamo combattere con la nostra mentalità egoista e vivere senza nulla di proprio e restituire a Dio il beneficio che ci ha dato nella nostra vocazione.
E per finire occorre ricevere i sacramenti. Nelle Ammonizioni Francesco ci ricorda che in noi lo Spirito Santo riceve il corpo di Cristo.

LA BENEDIZIONE: INABITAZIONE DELLO SPIRITO IN NOI
Il cristocentrismo di Francesco è fortemente trinitario: è lo Spirito Santo che consente di divenire simili a Gesù.
Nella Parafrasi al Padre Nostro il Santo ci dice di portare altre persone al Padre.
“Oh come sono beati…”.
In questo testo Francesco esulta. Sembra di sentire Gesù che dice: “Ti benedico o Padre perché hai rivelato queste cose…”.
E poi dirà: “Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre! Oh, come è santo, fonte di consolazione, bello e ammirabile avere un tale Sposo!…”. Queste espressioni ci dicono che, nonostante la fatica di vivere la penitenza, possiamo essere nella gioia.
Quando scrive queste cose Francesco vede tutto il mondo francescano e gioisce per il fatto che esso cerchi di seguire il Signore, di essere illuminato dallo Spirito, di essere assimilato a Gesù.
Gioisce che ci sia qualcuno, diverso da lui, che possa amare Dio e vivere una vita di fede. Gioisce per le vocazioni dei fratelli e delle sorelle anche perché senza di loro non può vivere la fraternità.
Perché sono beati coloro che fanno tali cose e perseverano in esse? Perché “riposerà su di essi lo Spirito del Signore e farà in loro la sua abitazione e dimora”.img103
Questa espressione è ripresa dal brano del profeta Isaia (11) che noi leggiamo a Natale. È meravigliosa l’idea che lo Spirito Santo si riposi in noi. Esso ha la capacità di uscire da Dio per andare sulla creazione e poi restituirla a Dio. Ci riporta all’idea dell’incarnazione.
Tutto ciò è molto concreto perché serve a far sì che la nostra vita si conformi a Cristo e possa amare i fratelli come Cristo li ha amati.
“… e farà presso di loro la sua abitazione e dimora”.
Francesco interpreta il versetto di Giovanni (14,23) riferendo allo Spirito, invece che al Padre e al Figlio, il prendere abitazione e dimora presso di noi. Infatti sa che può dire Padre nostro poiché lo Spirito è entrato in lui.

LA LETTERA CI GUIDA AD ESSERE CHIESA
Lo Spirito ci costituisce Chiesa e figli di Dio. Non possiamo essere figli se non siamo uniti al suo corpo che è la Chiesa e non possiamo essere pietre vive della Chiesa se non siamo, in qualche modo, Gesù.
Noi dobbiamo solo seguire il Signore, cercare di accogliere lo Spirito Santo, avere in odio il nostro corpo con i suoi vizi e peccati e nutrirci dei sacramenti. Il resto lo fa lo Spirito: come trasforma il pane e il vino in corpo e sangue di Cristo, così trasforma noi.
Lo Spirito ci costituisce fraternità facendo sì che ciascuno dei fratelli sia Gesù.
Bonhoeffer dice che Dio “lavora” in ogni uomo.
Francesco non si dimentica mai di essere “parvulus”, però quando è necessario parla, pretende, comanda in nome di Dio. Pur mantenendo il legame coi fratelli, si lega a Dio e parla con l’autorità che gli viene da Dio.
La Lettera ci insegna la possibilità di essere Chiesa. Ma non è possibile seguire il nostro mandato se non amiamo anche i nemici (Rb cap.X). Questo può comportare di accogliere in un Capitolo una persona che pensa diversamente da me e che posso considerare mio nemico. Se lo accolgo apro le porte allo Spirito in me e in lui, e possiamo costituirci Chiesa.
Per fare entrare lo Spirito bisogna morire a se stessi e ascoltare l’altro nella speranza che lui abbia qualcosa di interessante o di innovativo da dire a noi. Lo Spirito ci può costituire Chiesa perché ci amiamo reciprocamente.
Queste considerazioni sono in linea con la Lettera agli Efesini che recita: “In Lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in Lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito” (Ef 2,21-22).
Se ognuno è fondato su Cristo, insieme siamo Chiesa. Lo Spirito ci unifica per diventare abitazione di Dio.
Le persone esterne possono essere attratte dalla bellezza di questo edificio.
Nella 1° redazione della Lettera ai fedeli si dice che lo Spirito abiterà “presso” (apud) di loro, mentre nella 2° redazione si dice che abiterà “in” loro.
“Apud” indica qualcosa di esterno, mentre “in” qualcosa di interno. È come se lo Spirito avesse una duplice azione: ci convoca dall’esterno e poi ci costruisce insieme come Chiesa. Solo in quanto la persona singola vive il mistero della comunione fraterna, è la sposa, è la cellula del corpo vivente di Cristo che è la Chiesa5.
È importante che ogni Fraternità o ogni famiglia si pensi così e che comprendiamo che questo può accadere solo se siamo mossi dallo Spirito.
Se accade questo siamo dentro l’agire sponsale dello Spirito che plasma la persona a immagine del Figlio perché in lei si possa rivelare il Padre.
Romano Guardini scrisse di Francesco definendolo un evento della Provvidenza in quanto uomo che «nell’essere interamente se stesso, si fa capace di liberare e di aiutare gli altri ad attingere l’identità loro propria». Secondo questo grande autore tale evento provvidenziale si può realizzare solo quando un uomo, come è accaduto per Francesco, «puramente giunge alla compiutezza muovendo dal suo centro».
Perché quando un uomo trova veramente il suo centro «con tanta più immediatezza esprime la parola del cuore degli altri – quegli altri che sono a lui legati in una particolare comunanza dell’immagine essenziale e del cammino di vita»6.
Qui Guardini fa riferimento a Francesco che nella sua coscienza accoglie lo Spirito Santo, pone al centro Cristo e gode dell’amore del Padre. Così facendo, guida gli altri ad essere più liberi. Non gli altri in generale, ma primariamente coloro che “sono a lui legati in una particolare comunanza dell’immagine essenziale e del cammino di vita”. I primi siamo noi che seguiamo il suo carisma. Attraverso noi il nostro essere Chiesa plasmata dallo Spirito, può aiutare a liberare anche altri.
A Francesco interessa incontrare Gesù, riempirsi di amore e far sì che anche altri possano conoscere questo amore, come per esempio nell’esperienza del Perdono di Assisi.

1 1Lf I,1-10: FF 178/1-178/2 e TestsC 1,1: FF 2323, in questo caso In FF si rimanda a Col 3, 17.
2 Cf il discorso improvvisato alle Clarisse riportato in Con Francesco nella Chiesa, Roma 1983, pp.116-118.
3 Cf GIULIO MANCINI, L’eredità francescana in Forma Sororum, XV, 1978, 3.
4 Mutuae Relationes 11.
5 Per un’attenta analisi del Testamento di Chiara e di questi passi della Lettera ai Fedeli di San Francesco cf. E. BARELLI, Chiara in ascolto della Parola, in Chiara modello di vita cristiana, in Quaderni di Spiritualità Francescana della Verna XV, p 43-57. Inoltre per quanto riguarda la dimensione ecclesiale di questa inabitazione dello Spirito Santo cf. E. BARELLI, Il romitorio delle Stimmate: venticinque anni di presenza, in La riscoperta della vita eremitica e la famiglia francescana. Atti della Giornata di studio. Santuario de La Verna, 27 settembre-2008: “Studi Francescani” 106 (2009) 485-517
6 R. GUARDINI, San Francesco, Brescia: Morcelliana, 2005, 7, nota.

A cura di Graziella Baldo