Fa discutere la bozza che indica di fornire i trattamenti “preferibilmente ai pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio”. “Da dove traggono origine questi principi di etica? La natura non dimentica, né perdona: o la si mantiene in equilibrio oppure fa pagare il prezzo, questa volta, a tutti”.

Alcuni quotidiani di oggi, riportano uno stralcio della bozza del nuovo piano pandemico 2021-2023 per il nostro paese, nel quale è previsto come comportarsi in caso di pandemia, se si riscontrasse scarsità di risorse mediche.
“Tuttavia, quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità, i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio”, si legge nel testo elaborato dal dipartimento Prevenzione del ministero della Salute che sarà sottoposto all’esame delle Regioni.
Sarebbe interessante capire da dove traggono origine i principi di etica e soprattutto chi li ha ispirati. Dal Ministero della salute si sono affrettati a dire che si tratta di una bozza. È già grave che tale indicazione appaia in una bozza ministeriale.
Infatti, chi sarebbero i componenti autorevoli che appellano ai “principi di etica”. A quale etica e con quale autorità? È un’indicazione vergognosa e ingiusta. Vergognosa perché utilizzano l’etica di chi è forte. Infatti si parla di maggiori probabilità di riuscita. Un modo elegante per aumentare la disuguaglianza. A chi più ha, si aggiunge qualcosa in più. Se qualcuno muore, “pazienza”, come direbbe l’imprenditore.
Il principio “etico” della civiltà occidentale dice che merita cure chi è più “fragile”: senza distinzioni di età, di salute, di provenienza, di ceto e di sesso. Introducendo distinzioni si allargano le disuguaglianze. Ne esistono in abbondanza per la cultura, per le risorse, per le abitazioni, per i territori ed ora si aggiungono quelle per la salute. L’usanza dei bambini disabili gettati dalla “rupe tarpea” è vecchia di migliaia di anni. La civiltà ritornerebbe alle origini della sopravvivenza, salvo invocarne la sospensione quando toccasse a se stessi o a qualche parente.
Oltre che vergognosa quella proposta è ingiusta. Si colpirebbero quanti, lungo gli anni, hanno contribuito alla pace e al benessere che oggi offrono una migliore vita.
Non è solo questione di memoria, ma di riconoscenza e di giustizia. Sta prevalendo, anche su beni essenziali, la logica del presente: di chi ha potere su chi è più debole.
Invocare vendetta non si può, ma la natura non dimentica, né perdona: o la si mantiene in equilibrio oppure fa pagare il prezzo, questa volta, a tutti. In fondo, già il filosofo greco affermava: “Le leggi sono scritte dai potenti per difendere se stessi”.
Non è affatto una buona prospettiva.

Vinicio Albanesi (da Vita 13/1/2021)

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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