Ciclo Incontri “Sperare la pace” (Bologna, 26 genn.2020)

Massimo Valpiana

Dopo la presentazione ad opera di S.E. Mons. Mario Toso del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “La Pace cammino di speranza”, che è stato al centro della Scuola di Pace a Faenza all’inizio di gennaio, la Fraternità Francescana Frate Jacopa e la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo hanno promosso in continuità a Bologna un Ciclo di incontri “Sperare la pace”. In apertura del Ciclo domenica 26 gennaio è stato messo a fuoco il tema del disarmo nel problematico contesto attuale con l’interessante riflessione di Massimo Valpiana, Presidente Nazionale del Movimento Nonviolento, che qui pubblichiamo. Nel prossimo numero del Cantico seguirà un’altra relazione di vivo interesse “Prendersi cura del creato. Piccola guida a nuovi stili di vita” proposta nel secondo incontro del Ciclo domenica 9 febbraio da Don Davide Baraldi, Vicario Episcopale per il laicato e la custodia del creato. Il Ciclo si concluderà con il 3° appuntamento Domenica 5 aprile 2020 sul tema “Conversione ecologica, conversione al Vangelo” affidato alla magistrale parola di S. Em. il Cardinale Matteo Zuppi

PREMESSA
mai più la guerra“Considero l’impiego della bomba atomica per la distruzione totale di uomini, donne e bambini l’uso più diabolico della scienza. Qual è l’antidoto? È diventata obsoleta la nonviolenza? No, al contrario, la nonviolenza è l’unica cosa che ci risolleva; l’unica cosa che la bomba atomica non potrà distruggere. Non mossi un muscolo quando ho sentito che la bomba atomica aveva spazzato via Hiroshima. Al contrario mi sono detto, a meno che ora il mondo adotti la nonviolenza, questo significherà il suicidio dell’umanità”. Sono parole di Gandhi pronunciate pochi giorni dopo l’utilizzo per la prima volta nella storia della bomba atomica su due città Hiroshima e Nagasaki. E Gandhi proseguiva: “La morale legittimamente da trarre da quella tragedia suprema della bomba è che essa non sarà annullata da una contro bomba, così come la violenza non può essere combattuta da una controviolenza. L’umanità può uscire dalla violenza solo attraverso la nonviolenza. L’odio può essere vinto solo con l’amore”.
Quindi il Mahatma Gandhi – considerato da tutti universalmente una delle grandi voci dell’umanità – di fronte alla bomba atomica ci dice una cosa semplice, di una verità assoluta: “Solo l’amore è l’antidoto”. Sembrerebbe una soluzione semplicistica, ma cerchiamo di capire bene il significato di questa frase: “Non mossi un muscolo” … Ma se venisse a sapere – fu chiesto a Gandhi – che adesso sarà sganciata una nuova bomba atomica, come reagirebbe? “Mi ritirerei in preghiera”.
Questo significa la passività della nonviolenza? Che la nonviolenza è solo accettazione? Assolutamente no, perché dobbiamo interpretare cosa significa la proposta rivoluzionaria (come l’ha definita anche Papa Francesco) della nonviolenza attiva, la nonviolenza del coraggioso, la nonviolenza dei forti, la nonviolenza di chi vuole modificare la realtà.
Don Lorenzo Milani, 20 anni dopo in Italia nel 1965, concludendo quello scritto meraviglioso “L’obbedienza non è più una virtù”, che era la sua autodifesa al processo subito in quanto aveva difeso gli obiettori di coscienza in carcere, scrisse: “A questo punto mi domando se non sia accademia seguitare a discutere di guerra con termini che servivano già male alla seconda guerra mondiale. Eppure mi tocca parlare anche della guerra futura perché accusandomi di apologia di reato, ci si riferisce a quello che dovranno fare o non fare i nostri ragazzi un domani”. “Ma nella guerra futura l’inadeguatezza dei termini della nostra teologia e della vostra legislazione è ancora più evidente. È noto che l’unica difesa possibile di una guerra di missili atomici sarà quella di sparare 20 minuti prima dell’aggressore, ma nella lingua italiana sparare prima si chiama aggressione, e non difesa. Oppure immaginiamo uno stato onestissimo che per sua difesa spari 20 minuti dopo, cioè spari con i suoi sommergibili, unici superstiti di un paese ormai cancellato dalla geografia. Ma nella lingua italiana, questo si chiama vendetta, non difesa. Mi dispiace se il discorso prende un tono di fantascienza. Ma Kennedy e Krusciov si sono lanciati l’un l’altro pubblicamente minacce del genere. Siamo dunque tragicamente nel reale. Allora la guerra difensiva non esiste. Dunque non esiste più una guerra giusta. La guerra difensiva non esiste più, né per la Chiesa, né per la Costituzione. Gli scienziati ci hanno avvertito che è in gioco la sopravvivenza della specie umana… Spero che in tutto il mondo i miei colleghi e maestri di ogni religione e di ogni scuola insegneranno ai ragazzi come sto facendo io”. Proseguendo, Don Milani arriva all’obiezione di coscienza, al rifiuto di divenire un granello che porta alla guerra atomica. “Poi forse qualche generale troverà un meschino che obbedisce e così non si riuscirà a salvare l’umanità. Se non potremo salvare l’umanità, almeno ci salveremo l’anima”.
Sono passati altri decenni, mezzo secolo da quel 1965. Siamo nel 2020. Gli scienziati atomici nel loro bollettino che annualmente pubblicano, ci avvisano che siamo a 100 secondi dalla fine dell’umanità. Questo si chiama l’orologio dell’Apocalisse.
Pochi giorni fa hanno pubblicato questo orologio, un orologio che gli eredi di quei scienziati della costruzione della bomba atomica pubblicano dicendo così quanti minuti mancano al momento della crisi globale. La lancetta non è mai stata così vicina alla mezzanotte della storia dell’umanità. Questo orologio nel 1989 dopo il crollo del muro di Berlino, quando sembrava che forse avrebbe potuto aprirsi una nuova pagina della storia dell’umanità, era a 17 minuti dalla mezzanotte, e oggi per la prima volta siamo a poco più di 1 minuto.
In 70 anni che viene pubblicato questo è il momento più drammatico della storia dell’umanità. Gli scienziati, che sentono il parere di tutti i premi nobel viventi, hanno deciso i minuti qualche giorno prima dell’attacco voluto da Trump in Iran con la morte di Solimani. Sono quattro gli elementi che hanno portato a questa conclusione:
• crisi belliche oggi nel mondo che rischiano una degenerazione nucleare;
• crisi climatica che il pianeta sta vivendo;
• la disinformazione totale dell’opinione pubblica internazionale su questi temi;
• l’inazione (non capacità di agire), le non scelte politiche che non stanno compiendo i leaders mondiali. Nella crisi dei primi giorni dell’anno tra Stati Uniti e Iran con i coinvolgimento dell’Iraq, si è detto che per errore dei missili hanno colpito un aereo civile (180 e più morti). Il rischio degli incidenti è uno degli elementi che gli scienziati avevano calcolato per arrivare a questa cifra. Quel giorno sta a dimostrare che nessuno può chiamarsi fuori, che nessuno può dire “Io sono esente”. Siamo tutti dentro a quel meccanismo infernale e tutti dobbiamo e possiamo fare qualcosa per uscirne. In quei giorni dobbiamo ulteriormente registrare il fallimento dei negoziati sui trattati nucleari tra Stati Uniti e Corea del Nord, nuove tensioni India- Pakistan, e la denuncia degli Stati Uniti sugli accordi del nucleare civile con possibilità di trasformazione militare dell’Iran. Quindi sono intervenuti ulteriori tre motivi negativi che forse indurrebbero gli scienziati a portare le lancette dell’orologio ancora un po’ più avanti.

LA SITUAZIONE ATTUALE
La situazione del pericolo nucleare, dell’armamento atomico oggi è drammaticamente peggiorata rispetto ai tempi di Gandhi o di Don Milani. Oggi abbiamo 14.900 testate atomiche presenti nel globo, ognuna delle quali 10 volte più potente di quella ta su Hiroshima. Il 90% di queste testate sono in possesso degli Stati Uniti e della Russia. Alcune decine di queste testate sono costantemente attive, cioè possono essere utilizzate in pochi minuti. In gran parte sono nei depositi e avrebbero bisogno di processi di attivazione, ma varie decine sono attive. Chi ne ha più di tutte è la Russia con 7.000 testate, seguono gli Stati Uniti con 6.800 testate, che però sono distribuite in territori molto più vasti (90 sono anche depositate nel nostro paese: noi abbiamo sotto i piedi decine di bombe atomiche).
Gli Stati che, oltre agli Stati Uniti e alla Russia, possiedono armamenti atomici sono Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. C’è però una questione un po’ particolare. Gli Stati autorizzati che hanno sottoscritto tra loro un Trattato di armi nucleari sono solo cinque: Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna e Cina.
Gli altri paesi – India, Pakistan, Israele e Corea del Nord – sono “illegali”. È curioso che ci si concentri molto su Corea del Nord, mentre su India, Pakistan, Israele silenzio assoluto… Si usano due pesi e due misure. Di queste 14.900 testate atomiche alcune sono state utilizzate in terra o in mare per test atomici, cioè sono state fatte scoppiare. Le conseguenze di queste esplosioni sono tuttora presenti; molti atolli del Pacifico sono a tuttoggi inabitabili, e soprattutto, oltre che nell’Oceano Pacifico, in Kazakistan e Algeria.
Il Papa, che è una delle grandi autorità morali dell’umanità, ha detto che la immoralità non sta solo nell’utilizzo ma anche nel loro possesso, cioè gli Stati che possiedono armi atomiche, sono Stati immorali.
Giustamente c’è una condanna sulla moralità di queste superpotenze. Siamo di fronte a Stati immorali che non dovrebbero possedere queste armi. Il solo possesso è peccato. Di fronte a questa situazione gran parte dell’umanità non sta con le mani in mano, ma ci si è attivati negli anni per cercare di contrastare questa situazione, di modificarla perché se stiamo con le mani in mano diveniamo complici. Noi possiamo fare moltissimo e abbiamo ottenuto dei risultati straordinari, per cui, dopo questa sequela di dati preoccupanti, dobbiamo cercare di vedere anche la parte positiva.
Di fronte a queste considerazioni, dopo una lunga Campagna internazionale durata dieci anni contro l’armamento atomico, il 7 luglio 2017 la maggioranza degli Stati dell’Assemblea Generale dell’Onu (122 Stati) hanno votato a favore dell’approvazione del Trattato per la messa al bando degli armamenti atomici. Questo Trattato approvato entrerà però in vigore solo dopo che 50 Stati l’avranno approvato nei loro mandamenti, sottoscritto e ratificato.
Questo Trattato dice che sarà vietato sviluppare, testare, produrre, valutare, realizzare, trasportare, possedere, immagazzinare, usare, minacciare di usare, o semplicemente stazionare sul proprio territorio armamenti atomici. Noi siamo molto impegnati con questa Campagna. Rete italiana Disarmo e Rete della Pace sono mobilitate per fare pressione sul governo perché l’Italia sottoscriva questo Trattato e aderisca. Due dei partiti della coalizione, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, nella Campagna precedente si erano detti a favore quando li abbiamo intervistati.
Ora siamo in attesa che entro quest’anno l’Italia sia uno dei 15 paesi sottoscrittori che mancano ancora all’appello.
E più forte è la campagna e più voce alzerà l’opinione pubblica per fare pressione sul governo, più sarà possibile che questi paesi aderiscano. Non siamo ingenui: sappiamo che l’Italia fa parte della Nato, che è guidata dagli Stati Uniti che non hanno votato l’approvazione e che sono assolutamente contrari. Ma questo non è sufficiente a fermare la Campagna. Perché questa Campagna per la messa al bando delle armi nucleari sta seguendo la stessa strada di Campagne precedenti che sono state vittoriose.
Campagne vittoriose: nel 1972 viene ottenuto dall’Onu il Trattato di abolizione delle armi biologiche. Oggi universalmente, moralmente c’è una opposizione alla sola idea che potremmo possedere armi biologiche. Nel 1983 è approvata la messa al bando delle armi chimiche (in Italia in base a quel Trattato abbiamo vinto molti processi in quei casi dove si era detto che molti soldati italiani erano stati colpiti da malattia perché nei poligoni militari in Sardegna avevano usato le armi ad uranio impoverito). Nel 1997 viene approvato il Trattato della messa al bando delle mine antiuomo; oggi le mine antiuomo non vengono più prodotte legalmente. Nel 2008 abbiamo vinto la battaglia per il Trattato Onu contro le bombe a grappolo. Nel 2017 l’approvazione della messa al bando delle armi nucleari. Questa Campagna ha vinto il premio Nobel della Pace, ritirato da Beatrice Fihn, coordinatrice internazionale della Campagna. Oggi la Campagna è a un punto di svolta: oltre ai 35 Stati che già hanno sottoscritto, dobbiamo trovare 15 Stati che si impegnino alla approvazione, alla sottoscrizione e alla ratifica del Trattato di non proliferazione.
Siamo però ad un punto difficile perché la situazione internazionale rischia di degenerare, non solo per le crisi che ci sono per situazioni più fragili da questo punto di vista, ma perché negli Stati Uniti, e conseguentemente in Russia, si sta prendendo la decisione molto preoccupante di adeguamento, trasformazione, modernizzazione delle vecchie bombe atomiche B61 in B61-12, rendendole trasportabili, utilizzabili nei famosi aerei F35 cacciabombardieri che l’Italia si è impegnata ad acquistare. Anche le bombe di Ghedi e Aviano, tutte bombe che verrebbero modernizzate, diventerebbero così trasportabili.
In questi giorni è stato detto che non è più tanto sicuro lasciare le bombe atomiche in Turchia; verrebbero portate in Italia. Anche sugli F35, i due principali partiti del governo attuale si erano impegnati nella campagna contro gli F35, peccato però che dal momento in cui sono stati al governo hanno dato il via libera. Da notare che ancora per pochi giorni fino a febbraio l’Italia potrebbe uscire dall’accordo senza penali per l’acquisto degli F35 (cosa che per es. ha fatto il Canada). Uno dei punti forti delle manifestazioni che si sono tenute in tutte le città d’Italia ieri nella Giornata internazionale della pace è la pressione sul governo perché entro poche settimane le decisioni politiche possono andare in una direzione o nell’altra, a seconda della forza che si mette in campo. È questione di forza politica.

QUALI GLI STRUMENTI NELLE NOSTRE MANI?
Molto della posta in gioco è nelle nostre mani, non nelle mani di Putin e di Trump. Quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione? Ne abbiamo solo uno: è la nonviolenza, la scelta della nonviolenza come metodo di azione. Ma cos’è questa nonviolenza? Come la possiamo attuare? Quali sono i passi che dobbiamo fare? Quali le Campagne in atto?
Quali le scelte da fare?
Quando si parla di nonviolenza noi ci riferiamo sempre e soprattutto al Mahatma Gandhi, non perché sia stato l’inventore della nonviolenza. La nonviolenza c’è sempre stata e molto prima di Gandhi.
Le grandi religioni dell’umanità hanno al centro il messaggio della nonviolenza. Grandi civiltà si sono sviluppate con questa idea della nonviolenza.
Il Papa, anche nel recente Messaggio della Pace, dice chiaramente che l’anelito alla pace è iscritta nel cuore di ogni uomo. Il Messaggio della nonviolenza c’era da millenni prima di Gandhi, Budda, Cristo … e tanti altri profeti di varie religioni. Ma con Gandhi succede una cosa particolare, c’è un salto di qualità, perché con Gandhi, per la prima volta nella storia, la nonviolenza non è più solo un messaggio di salvezza individuale (tu comportati da nonviolento, tu non devi uccidere…); la nonviolenza diventa un metodo politico, è nonviolenza attiva, creativa. Gandhi non ha inventato nulla, si è molto riferito al Vangelo e al messaggio di Gesù Cristo. Ha preso quelle tecniche, che sono soprattutto tecniche religiose, e le ha trasformate in metodo politico. La preghiera, il digiuno, le processioni religiose, Gandhi le ha trasformate in marce attive per la pace, le marce del sale, le marce della disobbedienza civile. Un metodo politico applicabile dai governi, applicabile dalle masse, applicabile dai poveri.
Non abbiamo bisogno di essere armati, non abbiamo bisogno di grandi finanziamenti per comprare armamenti. L’arma che abbiamo è gratuita: è la nonviolenza. Però questo tipo di nonviolenza, che è la nonviolenza del forte, non può essere improvvisata. Come tutte le arti e le scienze umane, va studiata, conosciuta, applicata. Bisogna addestrarsi, bisogna organizzarsi. C’è tutto un lavoro da fare per diventare operatori di pace e di nonviolenza. E funziona di più se fatta insieme, in gruppo, movimenti, organizzazioni. Gandhi, leader del partito del Congresso, addirittura portò il partito sulla strada della nonviolenza. E ne ha fatto uno strumento di azione politica. Gandhi era un leader politico che aveva una visione ben chiara di trasformazione globale della società a partire da un punto specifico: la lotta al militarismo, la lotta per il disarmo.
Nel Messaggio per la Pace 2017 “La nonviolenza, stile di una politica per la pace” Papa Francesco dà questo riconoscimento a Gandhi. La nonviolenza non la troviamo solo nella nostra tradizione cattolica, prendiamo il buono dovunque sia. La stessa cosa che diceva Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento italiano. Con il riferimento sempre a S. Francesco e a Gandhi. Gandhi e Capitini avevano la stessa visione di riforma religiosa basata sulla nonviolenza. Poi prendevano anche un altro italiano come riferimento: Giuseppe Mazzini, perché oltre alla riforma religiosa ci vuole la riforma sociale e politica. Noi abbiamo questo patrimonio enorme, lo abbiamo in casa e non lo utilizziamo.
Una nonviolenza che va oltre il cercare di avere il rispetto delle regole, che siano regole per tutti, che siano regole democratiche. Basti pensare a quello che è successo nella nostra Europa con il nazismo. La nonviolenza cerca di andare oltre, perché può succedere che, dentro i binari di un apparato di apparente legalità, si parta in un modo e poi si arrivi ai forni crematori.

CONCLUSIONE
La nonviolenza è rivoluzionaria, la nonviolenza sovverte e per farlo però bisogna addestrarsi e avere del coraggio di dire no quando è il momento, il coraggio di fare disobbedienza civile anche se vai contro l’intera società. Violare leggi che tu sai che alla fine sono ingiuste. La legge dell’uomo, quando è in contrasto con la legge di Dio, va violata. È una scelta difficile che però bisogna decidere se la si vuole compiere o no. Occorre non lasciarsi sopraffare, e guardare sempre l’aspetto positivo, con fede, speranza, carità.
Sostenere questi movimenti attivamente: dare voce, sostenere queste proteste, questi impegni e fare circolare l’informazione, perché quando si hanno le notizie, si cambia un po’ di mentalità. I cambiamenti nella storia avvengono, spesso avvengono crescite di presa di coscienza. Nel 1979 nessuno aveva previsto il crollo del muro di Berlino. Eravamo anche allora in un momento drammatico. Poi è successa una cosa non prevista: è arrivato un personaggio, Gorbaciov, con un atto di disarmo unilaterale.
La strada del disarmo unilaterale è una delle scelte della nonviolenza. Capitini diceva: per innamorarsi non si aspetta che prima si innamori l’altro. Uno si innamora per primo, poi cercherà di far sì che si innamori anche l’altro.
Così con la nonviolenza, non possiamo aspettare che sia l’altro a disarmarsi; allora iniziamo col disarmo unilaterale.
Il primo passo iniziamo a muoverlo noi come singole persone. La scelta della nonviolenza non la dobbiamo aspettare da Trump o da Putin: deve iniziare da noi singolarmente. E poi da qui i movimenti, le organizzazioni, le Campagne prenderanno più forza. E solo se avranno forza, riusciranno ad ottenere obiettivi, perché la forza fondamentale della nonviolenza è la forza della verità. Nella verità – che per Gandhi era sinonimo di Dio – nella ricerca della verità, dell’informazione, c’è questa forza straordinaria della nonviolenza, che è l’unica forza che la bomba atomica non potrà distruggere.

Massimo Valpiana
Presidente Nazionale
del Movimento Nonviolento

 

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata