Intervista di Alessandro Gisotti
La custodia del Creato e la difesa della pace sono stati tra i temi forti del 2015 di Papa Francesco, in particolare con la pubblicazione dell’Enciclica Laudato si’. Un binomio, pace-Creato, che si lega anche con la dimensione della Misericordia di Dio al centro del Giubileo appena iniziato. Su questo anno di Francesco, a partire dal messaggio per la Giornata mondiale della pace sul tema “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana, già segretario del dicastero “Giustizia e Pace”. Il prossimo 4 gennaio, il vescovo Toso aprirà la “Scuola di Pace”, promossa dalla Fraternità Francescana “Frate Jacopa”, che si terrà all’Istituto Salesiano Gerini di Roma fino al 6 gennaio:
R. – L’indifferenza porta a non riconoscersi come simili, ossia come persone fatte per essere complementari, per la reciprocità, per il dono disinteressato. Se questo è vero, l’impegno di tutti, prima ancora che sul piano delle politiche, delle istituzioni, va allora dispiegato sul piano spirituale, culturale e pedagogico. Senza una nuova visione dell’uomo, senza l’educazione del cuore dell’uomo, diventa quasi impossibile battere quella indifferenza che vediamo tramutarsi spesso in odio e violenza. Occorre che la fraternità, assieme alla libertà e all’eguaglianza, torni ad essere pilastro della civiltà. Senza la fraternità, la libertà è per pochi. La pace o è impegno di tutti o non è.
D. – Il Giubileo può essere un’occasione per i cristiani di testimoniare la Misericordia contro quell’indifferenza che, appunto, come scrive il Papa, “uccide la pace”?
R. – Il Giubileo è senza dubbio il momento più alto per testimoniarla! Infatti, la Misericordia, intesa come vita di Dio donata all’uomo e da lui accolta, potenzia la sua capacità di vero, di bene, di Dio. In tal modo le persone non sono solo umanizzate, ma arricchite della capacità di Dio di amare, perdonare, rendere giustizia. Sperimentare la Misericordia di Dio rende capaci di realizzarla e di donarla, abilita ad essere protagonisti della giustizia più grande, ossia di una giustizia più che umana, che non esclude quest’ultima, bensì la presuppone e la trascende. La Misericordia di Dio infatti dà a ciascuno secondo non solo la propria dignità umana, ma anche secondo la dignità dei figli e delle figlie di Dio. Ciò è condizione di garanzia di ogni pace.
D. – La difesa del Creato è uno dei temi forti del Pontificato di Francesco. Ovviamente il pensiero va all’Enciclica Laudato si’. Ecco, il Papa ci mostra che difendendo il Creato si difende anche l’uomo, si difende anche la pace, vero?
R. – Pace e cura del creato vanno di pari passo. Una casa comune depredata e impoverita non può essere un’abitazione di pace. Proseguire poi nell’inquinamento, nel consumo dissennato delle risorse non rinnovabili, nella diminuzione della biodiversità, nelle migrazioni forzate di animali e persone, significa procedere sulla strada di un suicidio collettivo: è fare una guerra contro se stessi. L’alternativa obbligatoria è la cura della casa comune, perseguendo – come ha insegnato Papa Francesco – un’ecologia integrale, facendo leva su una cittadinanza corrispondente, esigendo che le convenzioni internazionali siano mantenute mediante una “governance” efficace. Il bene di un’ecologia integrale è parte integrante del bene comune della famiglia umana e della pace.
D. – Come vescovo di una diocesi italiana, e per molti anni collaboratore del Papa nel dicastero “Giustizia e Pace”, c’è un messaggio, un gesto, un’immagine di Francesco in questo 2015 che l’ha colpita?
R. – Penso al suo ultimo viaggio in Africa, dove il Pontefice ha insistito molto sulla necessità non solo di dare assistenza a popoli in difficoltà, ma ha attirato l’attenzione sulla necessità di superare i piani assistenziali, ha promosso l’idea che non ci si può limitare ad essi. La Chiesa, pur non svolgendo una funzione direttamente politica, mediante i laici svolge un servizio di umanizzazione di essa. Sull’esempio di papa Francesco deve incoraggiare i credenti a superare l’aspetto caritativo, assistenzialistico. Deve sollecitarli a dedicarsi a vivere la misericordia a 360 gradi. Il che implica non solo impegno nella Caritas diocesana o parrocchiale ma anche impegno in ordine all’elaborazione di politiche per la casa, per l’istruzione, per la sicurezza sociale. L’impegno a concretizzare la misericordia come detto è in un certo qual modo un “ritornello” nel magistero del pontefice. Aiuta a superare una visione di Chiesa ridotta a compiere solo attività caritative assistenziali. I credenti che – come ha detto bene il Papa al Convegno ecclesiale nazionale di Firenze – sono anche cittadini, hanno cioè l’obbligo di impegnarsi in campo sociale e politico, di vivere la carità di Cristo nella società politica, luogo di una carità più alta.
Radio Vaticana 29/12/2015