Dall’incontro con S. Em. Cardinal Matteo Zuppi

Dopo la breve anticipazione proposta nel Cantico di marzo sull’incontro della Domenica delle Palme con S.Em. il Card. Matteo Zuppi, riprendiamo i punti centrali della sua magistrale riflessione, su cui riflettere per una conversione profonda che porti con sempre maggiore incisività a metterci in cammino per tessere la pace a tutti i livelli, personale e comunitario. Siamo in un tempo in cui siamo chiamati a “rischiare la pace”, mettendo in atto quella manutenzione seria e perseverante per la pace, senza la quale non può esserci frutto di una pace vera.
Ringraziando per l’accoglienza e il patrocinio del Comune di Bologna, Quartiere Savena, ricordiamo la possibilità di ascoltare integralmente l’incontro alla pagina youtube fraternità francescana frate jacopa.
Link https://youtu.be/2rldd13dz20?t=7

Nell’ambito del Ciclo “Passi di pace per rigenerare spazi di vita”, promosso dalla Fraternità Francescana Frate Jacopa e dalla Parrocchia S. Maria Annuziata di Fossolo presso il Centro Polifunzionale Populonia a Bologna, S.Em. il Card. Matteo Zuppi la Domenica delle Palme ha offerto una intensa riflessione sulla responsabilità di cura in ordine alla pace, che riguarda tutti, dai responsabili delle nazioni ad ogni uomo, chiamato ad essere artigiano di pace.
Accanto ad una lettura della tragicità della guerra in atto con tutte le sue implicazioni, l’Arcivescovo ci ha donato i punti di riferimento del tessere la pace oggi attraverso la testimonianza di coloro che hanno lavorato per la pace, creando istituzioni di pace in vista della dignità di ogni popolo e di ogni uomo, assicurando a tutti noi 80 anni di pace.
Oggi nel mondo – ha esordito Sua Eminenza – il Papa è una delle figure più coraggiose e libere nell’indicare la via della pace. Nella famosa intervista, dove il suo dire è stato interpretato come una richiesta di resa, ha parlato del coraggio del negoziato. Negoziare infatti non è l’arrendersi all’aggressore, ma, supportati dalla comunità internazionale, vuol dire trovare una via che non siano le armi. La guerra infatti ha una logica terribile ed è progressiva se c’è soltanto quella.

L’OPPORTUNITÀ DI UNA RIFLESSIONE
Come può esserci la convinzione che la guerra sarà sempre contenuta all’interno di un certo limite?
300.000 persone sono già morte nelle file russe e poco meno nelle file ucraine. E noi dobbiamo interrogarci: possiamo accettare tutto questo?
Abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare di fronte ad una tragedia di queste proporzioni e dagli sviluppi impensabili? Cosa significa la sicurezza?
Dobbiamo arrivare alla sicurezza soltanto con la forza o c’è anche la necessità di dialogare per trovare la vera sicurezza? Per questo credo – ha aggiunto l’Arcivescovo – che l’opportunità di una riflessione la sentiamo tutti. Sentiamo tutti queste nubi così fosche! Noi tutti siamo coinvolti.
In questi due anni la vittoria era l’unica soluzione per avere la pace (da una parte e dall’altra) e bisogna anche dire – ha continuato Mons. Zuppi – che noi come comunità nazionale non abbiamo fatto molto per aprire altri spazi rispetto a questa logica di guerra.
Occorre cercare soluzioni che non siano solo militari. Negoziare non indica una pace al ribasso.
Tutta la generazione che ha vissuto la guerra aveva chiaro che “Siamo chiamati ad accogliere la prospettiva della famiglia umana, se non vogliamo esporci alla distruzione globale” (come ben evidenziato da Giorgio La Pira). L’Europa nasce da questa convinzione, così alta, così profetica. E chi ha combattuto non ha detto “Adesso facciamo una tregua” ma “Adesso scegliamo la pace”. Così il ripudio della guerra è nella nostra Costituzione. E la parola “ripudia” – come sottolineato dai costituenti – ha un accento energetico: implica la condanna e la rinuncia alla guerra. Per questo è stata scelta una sovranità che potesse conciliare i conflitti non con la guerra ma con il diritto, mettendo insieme le risorse (togliendo così uno dei motivi per fare le guerre). E l’Unione Europea ha tolto i confini, quei confini per i quali si sono uccise generazioni di popoli.

LA PACE É UN DOVERE
Di certo in questi due anni non abbiamo agito molto per la manutenzione della pace. Ma come ci ricordano le parole di Norberto Bobbio (1964)
“Oggi ci pare che l’uomo non possa risolvere i suoi problemi mediante la guerra perché essa ne crea altri ancora più gravi”. Il presidente Mattarella poco tempo fa a Cassino ha affermato “Siamo al limite della barbarie. La pace è un dovere: l’Italia ripudia la guerra e bisogna costruire ponti di pace”.
Bisogna trovare una via di uscita perché altrimenti la guerra è sempre in agguato.
Se non c’è l’attenzione per la fraternità è molto più facile che l’uomo sia “lupo all’uomo” (Primo Levi). C’è tanto bisogno di costruire le relazioni, la fraternità che permette di vincere la divisione – ha evidenziato il Cardinale. C’è infatti una zona grigia in cui il male si propaga. C’è anche un’ecologia umana da rispettare. Noi come cristiani dovremmo essere molto attenti a purificare l’ambiente, a riconciliare ciò che il diavolo divide e l’amore unisce. Nostro Signore ci ha insegnato a perdonare. E perdonare è l’unico modo in cui tu sconfiggi la divisione. L’odio lavora, produce altro.. Il Vangelo ci ricorda che anche chi dice pazzo a suo fratello è omicida: semina il male.
Già 60 anni fa Giovanni XXIII mise in discussione il fatto che la pace potesse essere frutto dell’equilibrio nucleare tanto che la Pacem in Terris invita a togliere questa spada di Damocle. Un equilibrio talmente instabile e rischioso che bisogna andare oltre e aiutare a superare con piú consapevolezza la situazione dei conflitti. Così don Primo Mazzolari, vedendo la guerra (l’inutile strage) capisce che la guerra è sbagliata in assoluto: “Le guerre sono tutte fratricide. Non si costruisce l’avvenire di qualsiasi popolo sull’odio ai fratelli”.
Così il commovente discorso di Paolo VI all’ONU (1965) “Mai più gli uni contro gli altri, mai più senza gli altri”, fu un inno alle Nazioni Unite, come agora del mondo finalmente unito, in cui risolvere i problemi. “È il sangue dei morti che ce lo chiede”.
E il meraviglioso discorso di John Kennedy 60 anni fa a Berlino: “Qual è il tipo di pace che stiamo ricercando? … Ciò di cui parlo è la pace vera, il tipo di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta, che permette agli uomini e alle nazioni di crescere, di sperare e di costruire una vita migliore per i loro figli. Non solo la pace per gli americani, ma per tutti gli uomini e le donne, non solo la pace per il nostro tempo, ma per sempre. Se parlo oggi della pace è perché la guerra ha assunto nuove sembianze. La guerra totale non ha senso in un’epoca in cui le grandi potenze possono mantenere forze nucleari enormi e relativamente invulnerabili, rifiutando di arrendersi senza fare ricorso a questi arsenali. Non ha senso in un’epoca in cui un’unica arma nucleare contiene una forza esplosiva quasi dieci volte maggiore di quella scatenata dalle forze aeree alleate nella Seconda Guerra Mondiale. Non ha senso in un’età in cui i veleni mortali prodotti da una reazione nucleare sarebbero trasportati dal vento, dall’acqua e dal suolo, contaminando gli angoli più remoti del pianeta e le generazioni future.
Ogni anno, noi siamo costretti a spendere miliardi di dollari per armi il cui scopo è creare le condizioni perché non vengano utilizzate, strumenti essenziali per il mantenimento della pace…
Certamente, l’acquisizione di queste scorte inutili, che possono portare solo distruzione e mai svolgere un ruolo costruttivo, non è l’unico e ancor meno il più efficace mezzo per assicurare la pace. Parlo di pace come dello scopo razionale e necessario di ogni uomo razionale… Nessun compito è più urgente di questo!”
È un forte invito a riesaminare il nostro modo di pensare come singole persone e come nazioni.
Siamo chiamati tutti in causa. La vera pace deve essere la somma di molti atti, e deve essere dinamica e non statica. La pace l’abbiamo data come scontata e non abbiamo fatto nessuna manutenzione della pace, ha evidenziato il Card. Zuppi.

TUTTI CHIAMATI IN CAUSA
Che cosa possiamo fare noi? La pace dipende da noi. Don Zeno, il fondatore di Nomadelfia accogliendo gli orfani della guerra, nel 1950 sottolineava che la pace è giustizia, deve essere giusta.
Bisogna liberarci dall’odio che abbiamo dentro di noi. La pace sarà tale solo se ogni uomo sarà liberato dall’odio contro il prossimo. La nostra decisione non è indifferente. La pace potrà essere vera solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso, se ogni uomo sarà liberato dall’odio contro il prossimo di qualunque razza o popolo. Abolire la guerra comincia da noi. Non può essere la guerra a creare un nuovo assetto, ma la cura della pace, il preparare la pace. Sempre ricordando che siamo chiamati ad essere eredi di una generazione che ci ha consegnato la pace perché sia una pace duratura.

LA PACE PRIMA DI ESSERE UNA POLITICA É UNO SPIRITO
Illuminanti infine le parole di Paolo VI riproposte da Sua Eminenza: “La pace è dovere, dovere grave. Riguarda i capi e specialmente quelli rivestiti di una responsabilità internazionale nelle nazioni e fra le nazioni… La pace è dovere dei capi, ma non solo dei capi… Oggi la società attribuisce diritti e doveri a tutti i membri della comunità. La pace è dovere di tutti, sia perché non ha il suo regno solo nella politica, ma lo ha in tante altre sfere interiori, che impegnano anche di più la nostra personale responsabilità, sia perché la pace ha la sua operativa sorgente nelle idee, negli animi, negli orientamenti morali… La pace ancora prima di essere una politica è uno spirito. Ancora prima di esprimersi nelle vicende storiche, si esprime, si forma e si afferma nelle coscienze, in quella filosofia della vita che ciascuno deve pocurare a se stesso come lampada ai suoi passi nei sentieri del mondo. Questo significa una educazione. Significa ricominciare il tirocinio della trasformazione della nostra istintiva e purtroppo tradizionale mentalità. Bisogna scuotere i cardini inveterati di tanti pregiudizi che non devono essere regolatori dei rapporti umani. Che l’interesse proprio non debba prevalere su quelli altrui. Bisogna mettere alla radice della nostra psicologia sociale la fame e la sete della giustizia insieme con quella ricerca di pace che non è un’utopia: oggi più che mai è progresso!”
Abbiamo un singolare dovere: essere buoni, che non vuole dire essere deboli, ma promotori del bene con la pazienza e il perdono, spezzando la triste logica della catena del male.
Non siamo condannati ad essere lupi. Possiamo liberare noi stessi da questa schiavitù degli individualismi gaudenti e indifferenti verso i bisogni altrui – ha sottolineato il Card. Zuppi –. Il Signore ci rende uomini della terra oltre che uomini del cielo. E la Chiesa per vivere la condizione del mondo seminando speranza di pace ci consegna la sua Dottrina Sociale, speciale aiuto ad incarnare il Vangelo nelle vicessitudini del tempo e della storia.
A conclusione dell’incontro la benedizione del nostro Arcivescovo è stata accompagnata dalla preghiera per la pace di Paolo VI, affidata a tutti noi come paterna guida per percorrere le vie della vera pace.

A cura di Argia Passoni

C’è in alcuni quasi una idea purificatrice della guerra, mentre la guerra è solo distruttiva. Non può essere la guerra a creare un nuovo assetto ma la cura della pace. Per noi, per i nostri figli, per la sacralità della vita non possiamo accettare che in qualche modo ci sia l’idea della guerra generatrice. Il prezzo è troppo alto. Cosa dobbiamo fare per capirlo? Adesso siamo su un piano inclinato. Vogliamo che esploda la violenza per trovare soluzioni e pensare qualcosa di nuovo? Questa è la sfida: essere davvero eredi di una generazione che ci ha consegnato la pace perché non sia più una tregua ma una pace che dura.
(Dalla riflessione del Card. Zuppi)

“Oggi la guerra è arrivata a tale estensione tecnica e politica che è divenuta uno strumento sproporzionato della difesa di ogni giusto diritto”. E concludeva, riflettendo sui cambiamenti avvenuti, fino ad allora giudicati impossibili: “Bisogna avere fede che nel caos di oggi sortirà un nuovo ordine internazionale dal quale la guerra dovrà essere abolita, come legalmente furono abolite la schiavitù, la servitù della gleba e la vendetta di famiglia… Tutto può cambiare!”.
(Luigi Sturzo, 1946)

“Sempre più le guerre di oggi toccano i civili: quanti innocenti, quanti bambini, su 32.000 persone morte a Gaza quasi la metà sono bambini. Ricordiamo con Dostojeski ‘Nessuna rivoluzione, nessuna guerra, potrà mai valere anche solo una piccola lacrima di bambino’. Sono tanti i bambini che portano dentro l’angoscia, la paura. C’è qualcosa di invincibile dentro a chi è vittima, rimane il ricordo per tutta la vita”. L’accoglienza dei bambini ucraini (proposta dalla Cei tramite la Caritas) intende offrire un tempo di sollievo a queste innocenti vittime della guerra. Un momento risanante di fraternità tra chi accoglie e chi è accolto è tempo di pace concreta.

“Ci è mancato capire che la pace non esiste:
esistono gli uomini che fanno la pace.
Quindi la manutenzione è davvero nostra, con vigilanza
sulla nostra umanità, sui nostri orizzonti e sogni.
Sogniamo effettivamente un futuro di pace o di
vincere il nostro avversario?”
(dalle Conclusioni di Don Stefano Culiersi).

 

PREGHIERA PER LA PACE
DI PAPA PAOLO VI

Signore, noi abbiamo ancora le mani insanguinate dalle ultime guerre mondiali, così che non ancora tutti i popoli hanno potuto stringerle fraternamente fra loro;

Signore, noi siamo oggi tanto armati come non lo siamo mai stati nei secoli prima d’ora, e siamo così carichi di strumenti micidiali da potere, in un istante, incendiare la terra e distruggere forse anche l’umanità;

Signore, noi abbiamo fondato lo sviluppo e la prosperità di molte nostre industrie colossali sulla demoniaca capacità di produrre armi di tutti i calibri e tutte rivolte a uccidere e a sterminare gli uomini nostri fratelli; così abbiamo stabilito l’equilibrio crudele della economia di tante Nazioni potenti sul mercato delle armi alle Nazioni povere, prive di aratri, di scuole e di ospedali;

Signore, noi abbiamo lasciato che rinascessero in noi le ideologie, che rendono nemici gli uomini fra loro: il fanatismo rivoluzionario, l’odio di classe, l’orgoglio nazionalista, l’esclusivismo razziale, le emulazioni tribali, gli egoismi commerciali, gli individualismi gaudenti e indifferenti verso i bisogni altrui;

Signore, noi ogni giorno ascoltiamo angosciati e impotenti le notizie di guerre ancora accese nel mondo;

Signore, è vero! Noi non camminiamo rettamente! Signore, guarda tuttavia ai nostri sforzi, inadeguati, ma sinceri, per la pace nel mondo! Vi sono istituzioni magnifiche e internazionali; vi sono propositi per il disarmo e la trattativa;

Signore, vi sono soprattutto tante tombe che stringono il cuore, famiglie spezzate dalle guerre, dai conflitti, dalle repressioni capitali; donne che piangono, bambini che muoiono; profughi e prigionieri accasciati sotto il peso della solitudine e della sofferenza; e vi sono tanti giovani che insorgono perché la giustizia sia promossa e la concordia sia legge delle nuove generazioni;

Signore, Tu lo sai, vi sono anime buone che operano il bene in silenzio, coraggiosamente, disinteressatamente e che pregano con cuore pentito e con cuore innocente; vi sono cristiani, e quanti, o Signore, nel mondo che vogliono seguire il Tuo Vangelo e professano il sacrificio e l’amore;
Signore, Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace!

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata