Questo pellegrinaggio in Terra Santa è stato lungamente atteso; solo in età matura sono riuscita a realizzare il sogno che custodivo nel cuore. Ci ha guidato sia nella fase preparatoria che nella realizzazione P. Renato Russo. Alzarsi alle tre del mattino per trasferirsi all’aereoporto, sopportare una lunga attesa per l’imbarco, un ritardo di due ore nel decollo e pure lo smarrimento di un bagaglio all’arrivo, ha pesato un po’ però, una volta arrivati a destinazione, Nazaret, c’è stata una sorpresa meravigliosa: il nostro albergo era ad un passo dalla Basilica dell’Annunciazione e, aperte le persiane della camera, avevo davanti a me la facciata della Basilica illuminata da una luce soffusa. È stato meraviglioso ripercorrere le tappe della vita di Gesù, essere nel luogo dove si sono verificati gli eventi di cui tante volte avevo sentito parlare nei Vangeli.
Ogni tappa è stata accuratamente preparata dalla nostra guida con continui riferimenti biblici, geografici, storici; ogni mattina è iniziata con l’Angelus Domini, inciso in latino sulla facciata della Basilica dell’Annunciazione. La mattina presto è stato bello scoprirne l’interno; una grotta individua il luogo dell’annuncio dell’Angelo a Maria, il luogo del sì di Maria, il luogo in cui il Verbo si è fatto Carne. Nella zona intorno alla Basilica vi sono varie grotte abitative che ci hanno fatto capire concretamente come viveva la gente in quegli spazi, come aveva vissuto la Santa Famiglia e, dopo la celebrazione alla Chiesa di S.Giuseppe, abbiamo potuto visitare uno sito archeologico che possiamo considerare quasi un battistero. Ci sono gradini esterni che servivano al battezzando per scendere in una grotta dove rimaneva al buio per rendersi conto che la sua vita era nelle tenebre; per vedere ci vogliono sì gli occhi, ma la luce è indispensabile e la luce è dono (non basta la ragione per vedere).
Sei quadrati rappresentano i primi Angeli alla cui presenza avveniva il Battesimo; un canaletto di scolo è immagine del Giordano attraverso il quale si accede alla Terra Promessa; c’è poi una pietra di basalto, che significa la roccia che è Cristo, su cui saliva il battezzato; nella risalita sette gradini rappresentano i doni dello Spirito Santo che servono per poter vivere la Grazia. Ci siamo soffermati anche nella Sinagoga a rileggere l’episodio evangelico in cui Gesù , alzandosi a leggere, proclamò “Lo Spirito del Signore è sopra di me…” Ci siamo recati poi a visitare la Chiesa Greco-Ortodossa di S. Gabriele dove, secondo una tradizione riportata dai Vangeli apocrifi, fu fatto il saluto dell’Angelo a Maria che attingeva l’acqua ad una fonte, spaventata, la fanciulla tornò rapida verso la sua abitazione dove ricevette l’annuncio.
Nel pomeriggio siamo saliti al Monte Tabor e c’è stato spazio per un momento di contemplazione, in solitudine, tra gli alti alberi che mitigavano, con la loro ombra, la calura. Il Tabor per me è sempre stato il luogo in cui incontro il Signore in modo speciale, il luogo da cui è difficile staccarsi per tornare alla quotidianità, il luogo in cui porre le tende per stare con il Signore. È stata profonda la riflessione che ha richiamato i Vangeli di Matteo, Marco e Luca per dare risposta alla domanda “Ma voi chi dite che io Sia?” e per provare ad intuire che è Gesù che si trasforma ma che anche i discepoli, noi compresi, sono chiamati a trasformarsi. A Cana di Galilea c’è stato un momento speciale per gli sposi che hanno potuto rinnovare le loro promesse. Veramente bella è stata la giornata passata per intero sul Lago di Tiberiade; sulle sue rive Gesù ha camminato, ha scelto i discepoli, ha moltiplicato i pani e i pesci, sul Monte delle Beatitudini ha indicato il cammino di un comportamento nuovo.
Abbiamo visitato delle fonti speciali che si trovano vicino a Tabga, luogo del primato di Pietro e abbiamo sostato accanto alla roccia che ricorda il punto in cui Cristo Risorto stava cuocendo il pesce per i discepoli che tornavano dalla pesca. Ci siamo fermati in mezzo al lago proprio per ricordare alcuni episodi evangelici che su quelle acque si sono verificati. È bello il paesaggio, ricco di verde, di fiori, di piante da frutto, belle le acque del lago agitate dal vento. Il quarto giorno ci siamo trasferiti a Gerusalemme ed abbiamo fatto tappa al Giordano nel luogo in cui si ricorda il battesimo di Gesù e lì, dopo aver pregato, abbiamo rinnovato le promesse battesimali e siamo stati aspersi, individualmente, con l’acqua. Nel mio immaginario il Giordano era un fiume dall’acqua limpida, corrente, nella realtà è un piccolo fiume limaccioso e un po’ stagnante, almeno nel luogo in cui ci siamo avvicinati.
Un’altra tappa è stato il deserto per vedere, dall’alto, un eremo veramente isolato dal mondo. A Gerusalemme l’albergo era posto nella Città Vecchia, all’interno delle mura, vicino alla porta di Jaffa. Giorno dopo giorno, i luoghi sono diventati più familiari. Betania è stata una tappa un po’difficile perché la nostra riflessione è stata più volte interrotta dal volume troppo alto di una comunicazione proveniente da una Moschea costruita lì vicino. È stato approfondito l’episodio della morte di Lazzaro ed è stato evidenziato il valore dell’amicizia. A Betlem è stata molto suggestiva la visita al “Campo dei Pastori” dove abbiamo celebrato la Santa Messa con un’intenzione speciale per tutti i bambini. L’annuncio della nascita del Salvatore viene fatta dagli Angeli agli “ultimi”; Dio tiene presenti quelli che gli altri non calcolano.
La Grotta della Natività me l’ero immaginata diversa, con un’atmosfera raccolta, come la grotta dei pastori ed invece… un’antica Basilica bella ma rumorosa, una lunga fila per accedere ad un luogo che non sembrava, ai miei occhi, una grotta; poi però la grazia di poter baciare il luogo della natività, una stella a quattordici punte, e la suggestione della processione dei Frati, con le fiaccole accese, fin dentro la grotta, per altre grotte, fino a risalire nella Chiesa di S.Caterina. Ho pensato a tutto l’amore che aveva S.Francesco per il Mistero dell’Incarnazione, per questi luoghi, e a come avesse voluto ricreare la Natività per meglio vedere le condizioni in cui era venuto al mondo il Salvatore.
Con fatica, nel pomeriggio, sono arrivata al luogo della Visitazione, ma quello a S.Giovanni era un omaggio dovuto in ricordo della mia mamma che ne rispettava sempre, in modo speciale, la festa; bellissime immagini di Angeli mi hanno accolto nella Chiesa superiore. La sera ci siamo recati al Muro del pianto. C’erano tanti giovani, tante famiglie che festeggiavano il Sabato. All’inizio mi sono sentita un po’ un’intrusa, una che andava ad osservare qualcosa che non le apparteneva ma poi, vedendo come le donne ebree si allontanavano dal Muro senza mai girare le spalle, per rispetto, ho ripensato alla devozione dei pellegrini per il Perdono: quelli che vengono dalla Ciociaria escono dalla Basilica camminando all’indietro senza mai volgere le spalle alla Porziuncola. È sgorgata improvvisa una preghiera; mi sono commossa; come una di loro ho messo la mia richiesta di pace in un piccolo foro del muro.
Due giorni interi sono stati dedicati a Gerusalemme per entrare dentro il grande mistero della sofferenza, dell’abbandono, della morte, della risurrezione di Cristo, della discesa dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo. Non ho potuto camminare lungo il Monte degli Ulivi né visitare la Chiesa del Pater; ho passato gran parte della mattinata alla Basilica dell’Agonia a riflettere, a contemplare i secolari ulivi. Mi hanno colpito, all’interno della Chiesa, persone che piangevano abbracciando la pietra posta alla sinistra dell’altare; chissà quale pena portavano a Gesù? Ho pregato per loro. Nel Getsemani abbiamo celebrato la Santa Messa; e, nonostante la calura del mezzogiorno, è stato un momento intenso. Nel pomeriggio è continuato il percorso doloroso dietro a Gesù.
Mi ha colpito vedere il luogo del tradimento di Pietro(questo apostolo l’ho sempre avuto nel cuore con la sua debolezza che tanto capisco), i ripidi scalini che lo condussero per la via dolorosa e il luogo in cui viene ricordata la flagellazione. Abbiamo rivissuto la scena del rinnegamento, il pianto sconsolato di Pietro dopo che il Maestro l’ha guardato mentre lo portavano via; da S.Pietro in Gallicantu si gode una vista davvero bella! Ci siamo fermati alla chiesa di S.Anna ed abbiamo ammirato i resti della Piscina di Bezetà; data la meravigliosa acustica della Chiesa, con un piccolissimo gruppo di persone, abbiamo cantato Dolce Sentire.
Percorsa la via dolorosa, siamo finalmente approdati alla Basilica del S. Sepolcro: niente di maestoso all’esterno, delle due porte d’ingresso una è murata, del vecchio campanile c’è solo un troncone, ma, entrati, ti trovi davanti a una miniera di tesori: salendo sulla destra il Calvario con sotto la Cappella di Adamo, di fronte all’ingresso la Pietra dell’Unzione, girando sulla sinistra il Santo Sepolcro custodito da una piccola Edicola, superata una zona in cui ci sono in atto restauri, si può scendere in delle grotte dove sono state ritrovate tante croci; mi ha colpito il modo in cui si è cercato di individuare quale fosse la Croce di Cristo: si narra che furono portati dei malati e furono fatti stendere sulle varie croci; uno fu guarito all’istante: quella era evidentemente la Santa Croce. La Domenica mattina, sottoponendoci ai controlli di rito, abbiamo avuto accesso alla Spianata delle Moschee.
Io l’ho guardata come il luogo in cui era costruito il Tempio ed è conservata la memoria del sacrificio di Isacco. Bella la vista che si gode, dispiace che non sia un luogo di pace quello in cui si incrociano e si sovrappongono le strade delle grandi Religioni monoteiste. Al Cenacolo ci siamo fermati per una lunga riflessione sulla grazia speciale del luogo: qui è avvenuta l’istituzione dell’Eucaristia, qui l’insegnamento della lavanda dei piedi, qui la discesa dello Spirito Santo che ha dato coraggio agli Apostoli per iniziare la loro missione. Totalmente dedicato al Santo Sepolcro il pomeriggio: c’è voluta la fila della recita di un Santo Rosario per entrare nel Santo Sepolcro e per baciare la pietra della Tomba rimasta vuota e lunga è stata anche l’attesa per il Calvario.
Ho trovato come luogo di meditazione e preghiera la cappella di Adamo: seduta sulla nuda pietra ho pregato per i miei antenati, per parenti e amici defunti, perché il Signore, perdonati i loro peccati, li faccia godere della Sua presenza. Ho pregato per tutti i miei cari, per gli amici, per coloro che me l’avevano chiesto ed ho pregato anche per coloro che in qualche modo mi hanno fatto del male, perché il Signore possa purificarli. Al deserto ed al Mar Morto è stata dedicata la giornata prima del rientro. Veramente maestosa Masada, ben tenuti gli scavi archeologici; intensa la storia di questi uomini che hanno preferito la morte alla schiavitù. Trovare cascate d’acqua nel deserto( Ein-Gedi) è stata una vera sorpresa. Ci siamo potuti bagnare: stare sotto la cascata d’acqua è stato per alcuni di noi un vero rito di purificazione interiore.
A Qumran quasi un paesaggio lunare; avevo tanto sentito parlare della scoperta fatta per caso da un pastore ma vedere i luoghi, vedere le copie dei rotoli è un’altra cosa. Piacevole il bagno nel Mar Morto: l’acqua calda, il fondo scivoloso con una creta per fare tranquillamente i fanghi e un’ acqua che ti sostiene pur essendo poco profonda. Importante, per capire la situazione dei Cristiani in Terra Santa, è stato l’incontro con il Vicario Custodiale Fra Artemio Vittores. I Cristiani sono un’esigua minoranza e quando ci sono periodi di crisi, come ad esempio l’ultima intifada, per loro diventa estremamente difficile provvedere al sostentamento personale e delle famiglie; anche la costruzione del muro ha creato nuovi problemi soprattutto per coloro che vanno a lavorare a Gerusalemme. Penso di aver capito che questi nostri fratelli possono vivere lì e restare a custodire i Luoghi Santi solo se si fa concreta la solidarietà di tutti i Cristiani del Mondo.
La nostra vicinanza la possiamo esprimere in vari modi: prima di tutto con la Preghiera, poi facendo in modo che sia continuo il flusso di Pellegrini che rafforza la presenza cristiana e che dà lavoro a tanti, ed ancora sostenendo le molte iniziative portate avanti dalla Custodia della Terra Santa (per info www.proterrasancta.org ). È stato veramente come essere sul Tabor e in tutti noi che abbiamo partecipato a questo Pellegrinaggio resterà viva nel cuore l’appartenenza a questa Terra che ci ha generati nella Fede. Tra noi pellegrini, provenienti da varie realtà, si è creato un clima di amicizia fraterna, ci si è presi cura l’uno dell’altro. L’ascolto della Parola nei Luoghi in cui è stata “proferita” ci ha irrobustito e il nostro grazie speciale va a P. Renato che si è speso senza riserve per introdurci nelle meraviglie di questi Luoghi Santi.
Amneris Marcucci