Proponiamo una traccia sintetica della riflessione svolta da p. Lorenzo Di Giuseppe domenica 10 marzo 2013, in apertura della 1ª sessione della Scuola di pace, promossa a Bologna dalla Fraternità Francescana e Cooperativa Sociale Frate Jacopa in collaborazione con la Parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo.

lorenzojpeg1 – In questo anno della Fede siamo sollecitati ad approfondire il significato e il posto della fede nella nostra vita: come la fede coinvolge tutta la nostra vita e come dalla fede derivano il nostro modo di vivere, le nostre scelte, i nostri comportamenti. Occorre sempre vigilare sulla coerenza tra le scelte importanti, tra quelli che riteniamo i valori fondamentali e il nostro quotidiano. Afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima: “Occorre affermare per tutti i cristiani la necessità della fede, di quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro, così che per loro l’amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell’amore”. Come noi viviamo l’amore del prossimo, viviamo l’amore di Dio: il nostro modo di amare il fratello dice e comunica il volto di Dio in cui crediamo o lo smentisce senza possibilità di appello. L’amore, l’interesse al fratello, è parte essenziale della vita cristiana.

La parabola del Buon Samaritano che Gesù conclude: “vai e anche tu fai lo stesso” è per noi chiara indicazione di una via. Gesù è il Buon Samaritano, ma quel “vai e fa’ lo stesso” è una consegna per tutti noi. L’apertura agli altri, l’impegnare il tempo, denaro, e risorse per gli altri, l’attitudine al servizio ci fa risalire al disegno di Dio creatore: l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio che è Trinità, amore che circola; ed è evidente come l’attenzione non è posta tanto sull’uomo singolo, ma sulla coppia come prima aggregazione, prima società.
Nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa troviamo che a fianco dell’inalienabile dignità della persona umana in Principio, nella Genesi, nel disegno creatore di Dio c’è anche la costitutiva socialità dell’essere umano (cf. n. 37). Quindi l’amore agli altri è costitutivo, iscritto nella nostra natura; il peccato lo ha corroso e quasi annullato.

2 – Tornando sulla parabola del buon Samaritano : prima di tutto accorgerci della condizione dell’uomo, vedere l’uomo nella sua realtà, vedere le sue sofferenze e le sue fatiche, come tante volte è aggredito da briganti che feriscono e massacrano la vita, rendendola problematica e spesso priva di ogni dignità e invivibile.
Nelle nazioni dove c’è la guerra le persone incontrano sofferenze inaudite: gente trucidata, distruzione di beni e strutture necessarie, costate anni di lavoro e dappertutto morte e rovine. Ci sono poi condizioni di vita di popolazioni che vivono in una povertà secolare: mancanza di cibo e di acqua, privazione del necessario per una vita umana dignitosa. Si tratta di più di un miliardo di persone, di milioni di bambini private di beni essenziali a cui hanno diritto perché creature umane. Sofferenze per la violenza, per l’ingiustizia, per le oppressioni, per la violazione-negazione costante dei diritti essenziali.
La sofferenza fa parte della vita dell’uomo sulla terra: fin dall’inizio si parla di sudore, di sofferenza, di divisioni; tuttavia siamo chiamati a combattere per le persone, perché la sofferenza è conseguenza del peccato, non è nel piano originario di Dio che chiama l’uomo alla gioia e alla pienezza di vita. Combattendo la sofferenza e la povertà noi collaboriamo ad andare verso il futuro dove non ci sarà né lutto e nè pianto.

3 – Chiamati a promuovere la Pace. La pace è l’insieme dei beni di tutta la persona umana e di tutta la società in cui vivono le persone umane. La parola ebraica “shalom” esprime il concetto di pace nella pienezza del suo significato di bene messianico nel quale vengono compresi tutti i beni salvifici e i beni umani. Bene essenziale perciò la pace, diritto di creazione. La pace non è solo assenza della guerra e non può ridursi all’equilibrio delle forze contrastanti. La pace è la tutela dei beni delle persone, la tutela e la promozione della persona umana. La pace è in pericolo quando all’uomo non è riconosciuto ciò che gli è dovuto in quanto uomo, quando non viene rispettata la sua dignità e quando la convivenza non è orientata verso il bene comune.
Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa afferma: ”Per la costruzione di una società pacifica e per lo sviluppo integrale di individui, popoli e nazioni, risultano essenziali la difesa e la promozione dei diritti umani” (cf. n. 494).

4 – Siamo molto lontani dal raggiungimento della pace, anzi se da certi punti di vista si fanno passi in avanti, da altri punti di vista il cammino dell’umanità sembra allontanarsene. Basta pensare che più di un miliardo di persone al mondo non hanno il cibo e l’acqua per vivere, che milioni di bambini muoiono per fame, sete, per mancanza di medicine.
Nuove forme di schiavitù si inseriscono nel tessuto sociale, tanto da calpestare crudelmente la dignità dei più deboli, fino ad arrivare all’inaudita strumentalizzazione di persone come pezzi di ricambio. Assistiamo poi all’erosione e al degrado dell’ambiente, della terra che Dio creatore affidò alla cura e alla custodia dell’uomo.
Cosa fare? Come francescani potremmo invocare uno stile di vita che facesse riferimento alla povertà di S. Francesco. Ma è possibile parlare oggi di stili di vita e di pace come ne parlava Francesco, 8oo anni fa? Occorre discernere quello che della sua spiritualità e della sua testimonianza rimane valido anche per l’oggi perché essenziale, e ripensare le varie forme di vita significative e possibili nella realtà di oggi. Ad esempio, a prima vista parlare di scelta di povertà oggi spaventa, quando la povertà subita sembra sempre più una minaccia che ci sovrasta! Eppure la povertà come scelta ha un significato enorme anche oggi; ci sono pensatori ed economisti che addirittura dicono che la povertà di Francesco potrebbe portare rimedio ai guai della nostra situazione. Occorre distinguere bene tra povertà subita (miseria) e povertà volontaria, scelta come stile di vita, che è ritrovare il giusto rapporto con le cose, riconoscendone il valore e la destinazione per tutti. Francesco come Gesù Cristo, scelse di essere povero per essere fratello, vicino, a fianco a tutti. Povertà vuol dire gestire le cose da fratelli, amministrarle secondo il piano di Dio.

5 – Di sicuro è necessaria anche per noi una conversione: un modo nuovo di porci di fronte ai beni, di fronte ai problemi dell’uomo. Non è possibile che continuiamo ad essere schiavi della dittatura del consumismo che snatura il nostro essere uomo, svuotandolo della sua dignità e della sua bellezza. Abbiamo bisogno di assumere stili nuovi di vita degni della grandezza della nostra umanità. Stili nuovi, ma con il cuore di Francesco, di Gesù Cristo per creare relazioni, fraternità; con stima delle cose, dei beni, delle risorse come doni di Dio per il bene di tutti; cura e custodia, promuovendo, creando condizioni per lo sviluppo e il bene di tutti. Ma tutto questo esige amore, ha bisogno di carità come sorgente da cui sgorgare: solo l’amore può animare e plasmare il nostro agire in direzione della pace e diventare forza capace di trovare vie nuove per il raggiungimento della pace. L’amore non solo verso le singole persone ma anche verso le mediazioni sociali nelle quali vivono gli uomini; e così diventa carità sociale e politica. La pace deve essere vissuta come valore profondo nell’intimo di ogni persona, nelle famiglie, nelle varie aggregazioni sociali, nella comunità politica.

6 – Si potrebbe pensare che noi non rientriamo in queste realtà, che in fondo il nostro modo di vivere riguarda solo noi, tuttalpiù la nostra famiglia. Invece è vero il contrario: il nostro modo di vivere nel quotidiano non è indifferente a questo sconfinato compito della pace, le nostre scelte incidono. Le cose che compriamo, i consumi, come ci comportiamo nella nostra professione, come viviamo nella nostra famiglia, come usiamo il tesoro prezioso del tempo… Perciò si deve discuterne e decidere insieme nella famiglia, nella comunità anche parrocchiale, nella politica. Il criterio di riferimento non sono io, i miei desideri, unicamente il mio guadagno, neanche quello che posso permettermi, ma come il mio consumo, la mia scelta, incide sul creato, incide sulla comunità, come le risorse possono riprodursi ed anzi moltiplicarsi perchè le future generazioni possano averne per vivere nella dignità e nella pace.

7 – Dunque sinteticamente:
• convertirci dal nostro egoismo, dalla nostra indifferenza, dalla nostra inerzia, dalla nostra immobilità, ed aprirci ad una vita piena di senso, ricca di amore verso Dio e verso i fratelli. I nostri gesti quotidiani siano carichi di responsabilità e di attenzione al contributo che possiamo portare alla pace, alla pienezza, alla gioia dei fratelli, a un vivere insieme diverso.
• il nostro modo di vivere diventi un lievito nuovo: al primo posto non il possesso, il conto in banca, l’accumulo, l’apparenza brillante, il tentativo spesso frustrato di rimanere giovani, ma la relazionalità, l’amicizia, la collaborazione, l’attenzione vicendevole, la gratuità ( il dono ).
• con le nostre scelte quotidiane e i nostri modi di vivere possiamo contribuire a far sì che tutti abbiano il necessario per vivere dignitosamente, non oppressi, non schiavi, ma da liberi figli di Dio, sentendo gli altri fratelli. Contribuire alla custodia, alla conservazione e allo sviluppo delle risorse di questo giardino, che è la terra, e che il Signore ci ha affidato dando fiducia alla nostra responsabilità e alla nostra creatività. Con il nostro stile di vita ogni giorno possiamo contribuire al fiorire del giardino del Signore o possiamo contribuire alla sua desertficazione.
• sentirci alleati di tutti coloro che lavorano in questo senso e che condividono gli stessi pensieri, a qualsiasi razza o religione appartengano. *Questi temi trovino posto e profonda attenzione nelle nostre famiglie cercando di educare i figli in questa direzione. Siano oggetto di colloquio e di studio nelle nostre assemblee pastorali ed entrino anche come momenti della nostra preghiera.

p. Lorenzo Di Giuseppe