Riportiamo alcune risonanze tratte dagli incontri sul Padre Nostro fatti dalla Zona Pastorale Fossolo della Diocesi di Bologna.
Per commentare il versetto del Padre Nostro: “E rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”, è stato scelto il seguente brano evangelico:
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo:
“Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato.
Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello. (Mt 18, 23-35).
La nostra cultura si pone in alternativa rispetto all’insegnamento della parabola del servo spietato, poiché considera l’uomo che è in debito come un vinto, un debole, mentre colui che vuole essere il vincente, il forte è l’uomo creditore, che avanza pretese, assolutizza i diritti e cancella dal suo vocabolario la parola “dovere” da cui deriva la parola “debito” (debeo).
Da questa parabola impariamo che convertirsi comporta un rovesciamento della mentalità corrente: l’uomo che si salva, l’uomo forte è colui che si sente debitore davanti a Dio, che ha la coscienza del peccato, della propria miseria rispetto all’ineffabile misericordia di un Dio che per-dona, ovvero dona in eccedenza, sempre. E questo per-dono è incontenibile. Chi lo riceve non può più rimanere impassibile, ma sentirà a sua volta l’urgenza di perdonare, con l’aiuto di Dio: “e quello che noi non sappiamo pienamente perdonare, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, sì che, per amor tuo, si possa veramente amare i nostri nemici e si possa per essi presso di te, devotamente intercedere e a nessuno si renda male per male, e si cerchi di giovare a tutti in te” (S. Francesco).
Lucia Baldo
Come suggerisce la traccia che ci è stata donata, noi, che siamo peccatori, da soli con le nostre forze non siamo in grado di pagare il debito di una vita, di riscattare noi stessi davanti a Dio. Per questo il servo spietato (che si illude di poter pagare il suo debito nel tempo) riceve da Dio misericordioso il condono del debito. La misericordia di Dio è sorprendente! Va al di là delle nostre aspettative!
Inoltre nella parabola del servo spietato si esprime anche l’investimento che Dio ha fatto su di noi: ci dona la sua misericordia affinché diventiamo a nostra volta compassionevoli verso il nostro prossimo.
Il perdono libero e sincero è tutt’altro che una forma di debolezza. È “una grandezza che riflette l’immensità del perdono divino” (FT 250). E noi possiamo donare il perdono al fratello solo perché lo abbiamo già ricevuto dal Padre.
Ma il servo spietato della parabola non ha questa consapevolezza. Non riflette sulla sua miseria.
Dimentica di aver ricevuto tutto da Dio e perciò non sa condonare quel poco che il fratello gli deve. Non ha imparato dal suo re. Non ha imparato a perdonare.
Ha bisogno di liberarsi dal suo rigore vendicativo che lo paralizza e gli impedisce sia di esercitare sia di ricevere la carità.
La misericordia divina che abbiamo ricevuto attende di essere impiegata e se la tradiamo ci viene ritirata. Pensiamoci quando recitiamo il Padre Nostro e diciamo: “Rimetti a noi i nostri debiti
Il Cantico
ISSN 1974-2339
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