Predazzo, 22-26 agosto 2022

Pubblichiamo la sintesi del Convegno nazionale, accompagnandola con la più viva riconoscenza al Comune di Predazzo per il Patrocinio dato all’incontro, arrivato ormai alla sua decima edizione. Un appuntamento importante per la Fraternità Francescana Frate Jacopa vissuto nella gioia della comunione con la comunità civile ed ecclesiale, che ha permesso di portare avanti un percorso determinante per il nostro tempo sulla grande trama del “custodire il creato, coltivare l’umano”. Il Convegno, che ha usufruito anche del supporto tecnico del Comune, è disponibile integralmente per le quattro giornate sulla pagina youtube Fraternità Francescana Frate Jacopa.

Il Convegno si è aperto con il saluto di accoglienza del Sindaco di Predazzo Maria Bosin, che con viva attenzione e partecipazione ha favorito fin dall’inizio lo sviluppo di questa iniziativa nazionale, nata dall’esigenza di mettere in campo il tema della custodia del creato a cui ha offerto determinanti punti di riferimento la successiva uscita della splendida Enciclica Laudato Si’ che ha contrassegnato con il principio dell’ecologia integrale ogni cammino successivo.
All’intervento del Sindaco ha fatto seguito la lettura del Saluto dell’Arcivescovo di Trento S.E. Mons. Lauro Tisi, impossibilitato ad essere presente per un concomitante impegno ecclesiale. Un intenso messaggio (pubblicato integralmente nelle pagine a seguire) che ci ha posto nel profondo orizzonte di senso del nostro convenire: l’amore di Dio in cui risiede l’origine di ogni pace.
Argia Passoni ha introdotto l’incontro evidenziando le finalità del Convegno che ha inteso offrire una riflessione su questo tempo di transizione. Un tempo che richiede più che mai di ripensare il futuro ponendo al centro il determinante tema della pace da ricostruire con l’apporto di tutti e con istituzioni orientate al bene comune della pace.
Siamo di fronte infatti ad un cambiamento epocale connotato da una crisi climatica, una crisi pandemica, una crisi provocata dalla guerra. Tre versanti che si intersecano in maniera drammatica generando un assetto politico inedito. Con l’invasione dell’Ucraina abbiamo sotto i nostri occhi ciò che sempre abbiamo tentato di mettere da parte (gli orrori della guerra in tanta parte del mondo): la disumanizzazione è apparsa in tutta la sua virulenza. Il mondo rischia di precipitare in una spirale distruttiva, rompendo l’equilibrio che sembrava nato alla fine della guerra fredda.
L’ordine globale è alla ricerca di nuovi equilibri tra occidente e oriente, tra poveri e ricchi: è in corso una trasformazione profonda, piena di incognite che sta cambiando la storia e la nostra quotidianità. La pace nasce – ha proseguito Passoni – riconoscendo l’esistenza di altri mondi, di altri modi, di altri percorsi culturali. Ed è chiaro che potremo affrontare tutto questo solo prendendo consapevolezza, a partire dal comprendere che questo tempo va vissuto come tempo prezioso di riorientamento, come tempo per guarire dalla nostra ignavia, dalla nostra cecità in ordine al bene grande della pace.
Abbiamo bisogno di luci importanti per un discernimento che aiuti ad individuare quali risorse abbiamo per la pace, quali energie di pace possiamo mettere in campo per costruire la pace. Come promuovere le ragioni della pace? Su quali strade muovere passi di pace? Sono da mettere a fuoco tutte le potenzialità spirituali, etiche, sociali, economiche, ambientali per ritrovare le vie di una pace vera e duiratura, aprendoci alle necessità proprie di una architettura della pace sempre da riformare e di un artigianato della pace sempre da attuare dal proprio quotidiano alla passione per il bene comune. Il nostro Convegno – ha concluso Passoni – intende offrire un contributo in questa direzione con l’apporto degli illustri relatori che hanno accolto il nostro invito.

SE VUOI LA PACE, PREPARA ISTITUZIONI DI PACE
La lezione magistrale di S.E. Mons. Mario Toso, Vescovo di Faenza Modigliana, sul tema “Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace”, ha aperto i lavori del Convegno, con un ampio excursus che ha permesso di cogliere i punti fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa in ordine alla pace.
A partire dalla “Pacem in Terris” che evidenzia la pace come un ordine sociale (convivenza civile) fondato su quattro pilastri imprescindibili: verità, libertà, giustizia, solidarietà (specificata come “fraternità” in Fratelli Tutti) e con l’importante apporto di “Una nuova etica per la pace” della Costituzione Conciliare “Gaudium et Spes”, sono stati posti in evidenza i temi della guerra giusta, dell’ingerenza umanitaria, della responsabilità di difesa dei popoli oppressi, da agire insieme a passi di non violenza attiva e creatrice. Il tutto in un clima di lavoro per l’eliminazione delle armi nucleari e di attenzione alle nuove modalità degli armamenti sempre più micidiali.
Proprio a partire dalla Pacem in Terris e dalla Gaudium et Spes  Mons. Toso ha posto in evidenza come oggi occorre realmente un cambio di pensiero, un cambio di visione, un modo diverso di governare il mondo e di governare le relazioni internazionali. Ci vuole una nuova cultura, una cultura della cura, una cultura della cura dell’altro.
Occorre investire in abolizione del diritto di guerra degli Stati, puntando al diritto alla pace, quindi alla cura della pace. E occorre coinvolgere gli atteggiamenti dell’anima perché la riduzione degli armamenti è pressoché impossibile se non si procede anche ad un disarmo integrale. È fondamentale lavorare per perseguire la riforma dell’ordinamento internazionale (dall’Onu alle istituzioni finanziarie, alle strutture dell’Unione Europea) assieme all’indispensabile impegno per la rigenerazione dell’arte politica.
Così è risuonato forte un appello alla responsabilità dei cattolici. È solo la forza di amare di Gesù, causa esemplare della nonviolenza attiva e creativa, che guarisce alla radice la follia della violenza, perché la sostituisce con la radice dell’amore. Non possiamo trattenere ciò che è donato per il bene di tutti, per la cura della vita e della pace. È un invito a fare più nostro il pensiero sapienziale della Dottrina Sociale della Chiesa e a farlo fruttificare.

PER UNA CULTURA DELLA PACE: ETICA CIVILE IN UN MONDO PLURALE
La seconda giornata ha indagato il tema “Per una cultura della pace: etica civile in un mondo plurale” portando in presenza anche la sensibilità del Forum di etica civile. Il Prof. Simone Morandini (teologia della creazione, ecumenismo), nel contesto in cui viviamo che si presenta quasi con contorni apocalittici, dove il futuro sembra reciso, ha evidenziato come, rispetto alle passioni tristi, la prima parola da attivare è la parola speranza, perché portiamo in noi la possibilità di fare il nuovo. La stessa Apocalisse – ha sottolineato il relatore – è un annuncio di speranza: la speranza non distoglie lo sguardo dalle novità ma si fa motrice di una azione trasformatrice a partire da un discernimento profondo.
Accanto alla speranza, lo sguardo civile unisce la parola cultura, nel senso profondo di coltivazione dell’umano, per un ambiente di pace che vada oltre la demonizzazione dell’avversario per ricostruire tessuti e rapporti nuovi. Una cultura illuminata dalla speranza mantiene forte la possibilità di ridisegnare spazi nella complessità del presente, sintonizzando libertà e bene comune per una città che sia spazio comune e per tutti accogliente, attraverso le dinamiche dell’educazione e della partecipazione civile.
Di grande rilevanza la dimensione ecumenica e interreligiosa, ancor più dopo il vulnus emerso proprio in questo terribile tempo di guerra in Ucraina, contesto nel quale purtroppo la religione appare asservita al potere politico.
Tutto questo richiede la nostra attenzione, la nostra cura, perché abbiamo più che mai bisogno di trovare quella speranza di pace che è davvero il cuore di tutte le religioni.

DA PACIFICI A PACIFICATORI PER ESSERE COSTRUTTORI DI PACE
La terza giornata con il prezioso contributo del Prof. Stefano Zamagni (Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali) ha offerto la possibilità di continuare il cammino di approfondimento, mettendo a fuoco il tema conseguente del passaggio da pacifici a pacificatori. Il punto infatti è come agire la pace, come darle sostanza, perché nella condizione attuale non si dà la possibilità vera della pace senza alcun profondo processo trasformazionale.
Il Prof. Zamagni ha invitato a cogliere la necessità di passare da “pacifici a pacificatori”, evidenziando la consistenza stringente della parola “costruire”, costruire la pace che attiene al Vangelo stesso “Beati i costruttori di pace”. In particolar modo di fronte ad una guerra globale, una guerra “a cause miste”, dove le ragioni di natura economica si sono mischiate a ragioni di tipo ideologico nazionalista, supportato anche dall’appiattimento della dimensione religiosa. Poiché il pacifismo di testimonianza in questo contesto non può produrre effetti adeguati, più che mai occorre dare luogo al pacifismo istituzionale. Vale a dire, per andare in una direzione di giustizia, capace di alimentare la pace, le istituzioni devono essere cambiate o trasformate.
Con molta chiarezza il Prof. Zamagni ha posto all’attenzione le istituzioni che richiedono riforme profonde, citandone quattro determinanti e – ha sottolineato – già possibili da perseguire:
1) A livello legale, dichiarare illegali il land grabbing e l’water grabbing che hanno alla base contratti che danno luogo a varie forme di colonizzazione devastanti;
2) Sul piano istituzionale, chiudere i paradisi fiscali, perché complicano i problemi economici degli altri paesi, assorbendone indebitamente le risorse. Quattro sono presenti in Europa: Olanda, Irlanda, Lussemburgo, Malta;
3) Sul piano strettamente economico, vanno cambiate le istituzioni che regolano il funzionamento dei mercati. Sono infatti devastanti gli effetti negativi che provocano fortissimi aumenti delle disuguaglianze;
4) A livello politico, per costruire la pace occorre aumentare il tasso di democrazia, operando affinché il principio democratico si estenda con le opportune gratualità a tutti i paesi, dando anche la possibilità all’ONU di percorrere concretamente la salvaguardia della pace.
Sempre ricordando comunque che le situazioni di conflitto si sbloccano mettendo in campo la santità, che tradotta laicamente significa mettere in atto le opere del bene comune.

TRANSIZIONE ENERGETICA, ECONOMIA GENERATIVA E CITTADINANZA ATTIVA
L’ultima giornata, a cura del Prof. Paolo Rizzi (economia politica) ha inteso offrire piste di discernimento rispetto alla domanda “È possibile progettare un sistema energetico non più fondato su combustibili fossili, e in generale un modello economico, orientato al benessere ecologico e sociale?” Quale energia mettere in campo? Quali le modalità?
Parlare di transizione energetica – e in generale di ambiente – ci richiama ad uno spirito penitenziale, di riconoscimento dell’errore a livello personale ma anche istituzionale, a fronte della situazione molto grave prodotta dall’uomo nell’ultimo secolo. Le cause degli squilibri ecologici del nostro tempo derivano infatti dalle emissioni inquinanti (carbone, petrolio e gas, deforestazione, allevamenti) responsabili di un aumento del riscaldamento di circa 1,1 c°, rispetto ai secoli antecedenti. Da qui la necessità di passare ad uno stato più efficiente, meno inquinante.
A livello planetario il 62% della produzione energetica utilizza combustibili fossili inquinanti. La spinta alle fonti rinnovabili é oggi la priorità assoluta per sostituire i vecchi sistemi di produzione energetica. E le fonti come il vento o la luce del sole si rinnovano indipendentemente dall’uso, a differenza delle materie prime di origine fossile. Dunque sono energia di pace, come sottolinea l’economista Becchetti, perché non ci sarà guerra per una fonte rinnovabile.
Il cammino della transizione, spinta e accompagnata dalle politiche internazionali e nazionali (Agenda 2030) è avviato anche in Italia, dove la crescita dei comuni rinnovabili è significativa con 40 comuni al 100% rinnovabili, in cui si è in grado di produrre più energia elettrica e termica di quella consumata. Già oggi circa 3500 comuni sono al 100% elettrici e si segnala l’avvio di 100 comunità energetiche rinnovabili. La terribile guerra tra Russia e Ucraina e la speculazione hanno certamente rallentato il cammino, con una vera tempesta dell’economia europea, mettendo in evidenza come lo sforzo per proseguire nella transizione energetica richiederà una profonda revisione non solo del sistema produttivo, ma soprattutto del sistema finanziario e creditizio. Il modello di sviluppo economico e sociale va ripensato e riprogettato per ritrovare nuovi equilibri tra ambiente e produttività, tra economia e società, tra competitività e coesione, tra qualità e quantità.
L’economia generativa immette la parola “produzione di senso” come valore aggiunto per dare senso alle persone, alle relazioni, con uno sguardo rivolto non solo al presente e con approcci virtuosi nella gestione delle imprese. E c’è bisogno di comunità – ha proseguito Rizzi – perché c’è bisogno dell’apporto di tutti che parta dalle prospettive locali per la custodia dei beni comuni e dei beni globali in un esodo dall’ “estrattivismo” e da un “consumismo divoratore”. Il tutto sorretto da una cittadinanza attiva, vale a dire da quelle forme di azione collettiva che si attuano nelle politiche pubbliche (prendersi cura del bene comune, occupandosi della polis, dei diritti e dei bisogni dei cittadini). L’iniziativa Economy of Francesco e le recenti Settimane sociali ci richiamano a tutto questo, con la strategia sulle comunità energetiche e con pratiche di rinnovamento dei nostri stili di vita, valorizzando la vocazione del proprio territorio alla luce dell’ecologia integrale.
“Fratelli tutti” pone un’esortazione chiara sul nuovo modo di vedere e vivere la politica e l’economia. Senza forme di solidarietà e fiducia il mercato non può pienamente esplicitare la propria funzione economica. E si raccomanda una attenzione al locale per camminare con i piedi per terra, ma con un cuore aperto al mondo intero. Del resto per quanto riguarda la cittadinanza attiva, dove meglio che nelle nostre comunità territoriali possiamo essere davvero cives, compartecipi del benessere collettivo, “seminatori di cambiamento”?

BUONE PRATICHE DI TRANSIZIONE ECOLOGICA INTEGRALE E CITTADINANZA ATTIVA
Di una “piccola” comunità “locale” che “fa grandi cose” (tre parole guida nella relazione del Prof. Rizzi) è stata data testimonianza proprio dalle “Buone pratiche di transizione ecologica integrale e cittadinanza attiva” della comunità ospitante, il Comune di Predazzo, le cui radici risalgono a quella Magnifica Comunità di Fiemme che oltre 1000 anni fa ha dato origine alla gestione dei beni comuni come beni collettivi. Ne ha parlato il vice sindaco, Dott. Giovanni Aderenti, Assessore alla cultura, che ha rimarcato la fecondità dell’inserimento in questo Assessorato anche della cultura ambientale, mettendo al centro la sostenibilità ambientale. E soprattutto tenendo presenti azioni sia verso le nuove generazioni, sia verso gli adulti per sensibilizzare ogni persona al cambiamento degli stili di vita e creare nel lungo periodo una comunità il più possibile a impatto zero.
Azioni molto concrete sono state rivolte ai ragazzi attraverso la scuola con giornate di pulizia dalle immondizie finalizzata a rendere l’ambiente più ospitale. Così come particolarmente sentita è stata la partecipazione all’iniziativa “Puliamo il mondo”. Da qualche anno inoltre è nata l’iniziativa dell’“Orto didattico” che ha avuto successo perché coltivare riavvicina alla terra e aiuta un’azione educativa su tanti temi trasversali (tempi della natura, tema alimentare). Interessante anche l’utilizzo dei pacchetti educativi proposti dal Museo Geologico. Sul versante adulto, la raccolta differenziata nel lungo periodo ha raggiunto importanti risultati. Inoltre da diversi anni con una associazione ambientale locale è stata promossa la costruzione di pannelli solari termici per riscaldare l’acqua delle docce del campo sportivo. Nel settore della cultura ambientale sono significative le serate dedicate all’approfondimento ambientale in collaborazione con il Museo Geologico.
Così l’iniziativa “Piantala” per non dare adito al lamento dopo la tempesta Vaia, ma a reagire con resilienza, cercando di capire cosa è accaduto e come è possibile intervenire in un territorio che sta cambiando. Ora la sfida è volta al “bostrico”, conseguenza di Vaia, che sta distruggendo il bosco con una perturbazione ecologica inedita, la quale peraltro sta dando luogo ad una rinnovazione naturale con un interessante aumento di biodiversità.
Altre azioni sono state poste per la salvaguardia del “locale” con l’iniziativa del Mercato contadino e con l’attenzione a non sprecare nulla raccogliendo le derrate alimentari prossime alla scadenza per darle alle persone bisognose tramite l’“Avisio solidale”, mentre un’altra Associazione “La Filostra” cura la gestione del riuso. Accanto a questo l’importante opera della Centrale di Teleriscaldamento, dove viene utilizzato il cippato per riscaldare tutti gli edifici pubblici, condomini e anche parecchi privati. Ulteriori azioni riguardano la rete elettrica e le infrastrutture idriche con studi volti al risparmio. Interessante a questo riguardo il biolago con l’utilizzo di acqua potabile che, oltre ad essere riciclata, viene anche depurata naturalmente. Da ultimo l’importante progetto della Biblioteca di Predazzo che per una iniziativa della cittadinanza civile sarà dotata di un sistema di recupero delle acque piovane.
Ha completato il quadro delle buone pratiche il Sindaco, Dott.ssa Maria Bosin, presentando il Progetto “Val di Fiemme da community a green community”, messo a punto grazie anche al finanziamento PNRA. “Certamente ci siamo sempre sentiti comunità green – ha aggiunto il Sindaco – perché la sostenibilità ha sempre fatto parte della nostra cultura e della nostra modalità di portare avanti anche l’economia locale. Tutta la filiera del bosco è sempre stata molto rispettosa.” Oggi alla luce dell’esperienza Vaia e del “bostrico” abbiamo voluto riapprofondire la cura del bosco. Come Sindaci di Fiemme abbiamo predisposto come prima azione uno studio su come ricostruire il bosco costituendo anche una Accademia della Foresta e del Legno.
La seconda azione riguarda l’acqua, con un monitoraggio delle sorgenti sia in entrata che in uscita per avere una chiara situazione della rete idrica. La terza azione riguarda il turismo in un territorio come il nostro dove c’è un legame importante con gli ospiti,ai quali offriamo un approccio di benessere nella semplicità, valorizzando i 360 km di percorsi con difficoltà gratuate. Un’ulteriore azione vede in gioco la cittadinanza attiva e il tema dell’abitare relativamente a case da costruire ma anche da ristrutturare. Riguarda il mettere a frutto luoghi non solo per gli ospiti ma anche per gli abitanti: in una situazione di recupero e ricostruzione complessa si sono attivate ben 12 aziende per un aiuto al tema abitativo e alla riqualificazione di una parte del centro storico. Tramite e garante il Comune.

A CONCLUSIONE

Lo straordinario apporto di ciascun relatore ha offerto un quadro di riflessione su cui lavorare per crescere nella coscienza del “da farsi” per la pace, sempre da costruire dentro di noi e nella società che ci circonda.
La drammatica condizione attuale – ha osservato Argia Passoni – interpella ad un insonne studio per la pace, fatto di preghiera, di discernimento personale e comunitario, fatto di scelte personali e istituzionali, che ci chiamano più che mai in causa verso nuovi stili di vita, trovando le vie per mettere a frutto quelle terre rare delle relazioni che ci sono donate per la fraternità e non per la guerra.
Assieme alla più viva riconoscenza ai relatori e al Comune di Predazzo per l’accoglienza – ha sottolineato Passoni – un ringraziamento speciale va a tutti i partecipanti che hanno reso vero il Convegno, facendosi protagonisti di quel convenire in cui ognuno, in ascolto dell’altro, ha portato il suo contributo, ha donato del proprio, attraverso le domande, le testimonianze, la partecipazione attenta e desiderosa di intraprendere rinnovati percorsi di pace.
E un’eco speciale alla grazia dell’incontro è stata proposta dall’Assistente FFFJ, P. Lorenzo Di Giuseppe: “Una parola è risuonata spesso dalle riflessioni dei nostri relatori, la speranza! Una speranza vissuta che si renda testimonianza. Il nostro tempo, la difficile condizione in cui vive tutta l’umanità, la tristezza che rende tutti più ripiegati su se stessi, ha bisogno di persone che, andando contro corrente, vivano nella speranza e propongano cammini di speranza. Siamo chiamati a rendere ragione della speranza che è in noi!
Dobbiamo scegliere se contribuire ad un cammino nuovo dell’umanità, secondo il progetto di pace di Dio creatore … È il contributo che spetta a noi, è il nostro debito verso un umanesimo pieno, vera garanzia di pace”.

A cura della Redazione

Come anticipato in sede di Convegno, entro novembre saranno disponibili gli Atti,
ad opera delle Edizioni Cooperativa Sociale Frate Jacopa

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata