francjpegCosa assurda è la guerra quando l’uomo, dimenticando la sua dignità di persona capace di dialogo e di ricerca di soluzioni per risolvere problemi, si fa schiavo di una catena di automatismi: una parte fa violenza, l’altra parte risponde con violenza e così via via si innesca un processo senza fine. In questi giorni stiamo assistendo a qualcosa del genere: in Siria, in Iraq, in Libia, nella striscia di Gaza. In particolare la violenza esplosa nella sempre più martoriata terra di Gaza ha conquistato il primo posto nelle cronache giornaliere: l’esercito di Israele ha invaso il territorio palestinese per vendicare il lancio di razzi su Gerusalemme e su Tel Aviv, dai palestinesi sono partiti sempre più frequentemente altri lanci, l’esercito israeliano ha deciso attacchi sempre più distruttivi e così via. E intanto la gente muore, muoiono persone pacifiche, muoiono donne, muoiono bambini, muoiono ragazzi colpiti da una crudeltà indicibile.
Tornano alla mente le parole di Papa Francesco davanti alla fiamma sempre accesa allo Yad Vaschem nella sua visita a Gerusalemme: “Adamo, dove sei?… Uomo, chi sei? …Chi sei diventato?
Di quale orrore sei stato capace? Non ti riconosco più!”. A volte la crudeltà va talmente oltre da farci pensare a chi può aver corrotto fino a questo punto la natura umana creata da Dio a “immagine e somiglianza” della sua natura, capolavoro indiscusso dell’universo. Anche in noi sorge spontanea la preghiera di Papa Francesco: “Ricordati di noi nella tua misericordia. Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare, di vergognarci di questa massima idolatria, di aver disprezzato e distrutto la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti col tuo alito di vita”.
In molti ci domandiamo: quando finirà questa guerra tra il popolo palestinese e Israele? Qualcuno ha detto: “Un bambino di sei anni a Gaza e un suo coetaneo in Israele contano già tre guerre alle spalle!”. Purtroppo né Hamas né Netanyahu sono disposti a mettersi intorno ad un tavolo e con la dignità e la intelligenza di uomini a cercare di risolvere i pesanti problemi che esistono tra i due popoli, in maniera pacifica, rispettosa della giustizia.
Ancora una volta gli uomini sono incapaci di trovare le vie giuste e pacifiche per organizzare la convivenza umana. Le vie dell’uomo non portano a nulla e i responsabili dei due popoli sembrano aver imboccato un tunnel senza luce e vanno avanti di azioni e contro-azioni, di violenze e ritorsioni. E ci domandiamo: “Quando finirà? Quanto sangue sacro dell’uomo deve ancora essere versato?” La responsabilità non è solo dei direttamente belligeranti: noi tutti, la comunità internazionale siamo chiamati a rispondere, a non rimanere nell’indifferenza e a fare la nostra parte. Siamo chiamati a fare pressione perché si torni a trattare.
Ci siamo imbattuti in una testimonianza stupenda di una donna ebrea rilasciata in occasione dei funerali dei tre ragazzi ebrei rapiti e uccisi in giugno. Angelica Edna Calò Livnè si domanda: “Fino a quando dovremo sopportare quest’odio, questa furia selvaggia?” Conclude la sua testimonianza: “Dobbiamo fermare tutto e subito. Dobbiamo fermarci e dialogare… Fermarci e decidere di perdonare. Solo il perdono ci salverà”.
Appunto il perdono. Le vie dell’uomo sembrano non portare a niente, sembrano incapaci di trovare soluzioni pacifiche. Il perdono è la via di Dio di fronte alla cattiveria. La festa del Perdono di Assisi ce lo ricorda: Dio che conosce la nostra debolezza e la nostra malvagità non ci punisce e non ci restituisce pan per focaccia, ma ci perdona e la nostra cattiveria non lo fa smettere di amarci, di starci vicino.
La via di Dio, la via del perdono rinnoverebbe il nostro vivere insieme. il perdono è l’unico modo per cominciare una nuova cultura nell’accoglienza, nella interdipendenza, nella reciprocità, che costituiscono le fondamenta della nostra umanità.

P. Lorenzo Di Giuseppe