Scuola di Pace 15-17 giugno 2012
Nell’incontro di aprile, abbiamo parlato su “diritti umani, sostenibilità e bene comune”, cercando di mostrare che, per garantire la sostenibilità dell’ecosistema, è necessario rivedere l’antropologia che sta alla base del nostro modo di rapportarci con la natura e di capire i Diritti umani e il bene comune. Di fatto, come afferma Benedetto XVI, nel mondo globalizzato, “la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica” (CV 75).
1. “Pellegrini o turisti”
Continuando in questa linea, oggi rifletteremo sugli stili di vita predominanti nella nostra società: Viviamo come pellegrini e forestieri, con lo sguardo fisso sulla meta da raggiungere, o stiamo lasciandoci prendere dalla mentalità del turista? Quali di questi due stili di vita fondamentali predomina oggi in noi e attorno a noi?
1.1. La figura del pellegrino
Il Concilio Vaticano II insiste sul carattere escatologico della Chiesa peregrinante (1). La lettera a Diogneto aveva già affermato chiaramente che il cristiano è un pellegrino: “I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il territorio, né per la lingua né per le abitudini… Abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma di tutto si sentono liberi come se fossero stranieri; qualunque nazione è la sua patria, e qualunque patria è per essi una nazione straniera” (2). Il pellegrino risponde a un ideale interno e a una meta unificatrice (3). Non cerca di essere perennemente in viaggio, bensì di arrivare alla meta. Il suo pellegrinaggio è frutto di una chiamata, una vocazione, che integra e dà senso a tutta la sua esistenza. Non si lascia sedurre per i canti di sirena che, come ad Ulisse, lo invitano ad ancorarsi nel presente, e neanche si scoraggia vedendo la precarietà della propria situazione, giacché lo sostiene la speranza. Il pellegrino valorizza la realtà presente senza lasciarsi prendere dal consumismo. Egli non fugge dal mondo, perché disprezzabile o insopportabile, ma accoglie la realtà presente senza lasciarsi acchiappare da essa, poiché la sua meta è più in là. La motivazione, pertanto, è escatologica, non ontologica. Riconosce che le cose sono buone in se stesse, però l’unico assoluto è Dio, principio e fine di tutto il creato. La povertà radicale è condizione indispensabile del pellegrino e fa possibile l’ospitalità, la gratuità. Sapendosi povero e necessitato, il pellegrino è sempre aperto alla gratuità e la sperimenta giorno dopo giorno, giacché ha bisogno degli altri per continuare il suo viaggio e per trovare alimento e riparo. San Francesco d’Assisi è stato un pellegrino. Egli ha voluto seguire Cristo, “pellegrino e forestiero”, che “fu povero ed ospite e visse di elemosina” (4). Il poverello d’Assisi accoglie senza riserve chiunque trova, accettandolo gioiosamente come compagno di cammino. In questo senso, egli esclamava: “Il Signore mi donò dei frati” (5). I francescani sono chiamati a essere “forestieri e pellegrini” (6), ospitati in casa altrui ed anelando sempre la patria definitiva. Questa visione escatologica relativizza la realtà presente, senza lasciar cadere nel manicheismo (7).
1.2. Il turista
Per comprendere la figura del pellegrino, è necessario metterla a confronto con quella del turista, che sta sempre “di passaggio”, lontano da tutto e da tutti, senza implicarsi, senza una meta unificatrice, senza una solida identità personale (8). Il vagabondo sarebbe un “alter ego” del turista, costretto dalla necessità, ma mosso dagli stessi desideri. Secondo Bauman, oggi la figura emblematica del pellegrino è stata sostituita da quella del turista. Il nostro mondo globalizzato ci obbliga a una mobilità costante. Tutti stiamo in movimento. Perfino quando siamo a casa, i moderni mezzi di comunicazione (radio, Tv, Internet) ci permettono di continuare a viaggiare “virtualmente” a qualunque parte del pianeta. La mobilità è diventata un criterio di stratificazione sociale: quanto più in alto nella struttura sociale, più si viaggia. La nostra è una società per turisti. L’individuo vive in perenne precarietà: senza lavoro sicuro, senza legami né impegni definitivi, continuamente alla ricerca della novità, dell’ultimo prodotto del mercato. La precarietà e la flessibilità, onnipresenti in tutte le attività sociali, creano la mentalità del turista.
1.2.1. Lontano da se stesso
L’individuo sperimenta incertezza, insicurezza e anonimato in una società che non gli offre un quadro stabile e indiscutibile di valori (9). I grandi valori della modernità lasciano passo allo scetticismo intellettuale e al nichilismo etico. Alla fede nel progresso illimitato, basato sulla razionalità scientifica, si sovrappone l’accento sul magico e sull’esoterico; alla medicina tradizionale, succedono le terapie alternative; alla religione ufficiale, il sincretismo intimista; ai grandi sistemi, la realtà frammentata; ai valori assoluti o dogmatici, le infinite possibilità di valore equiparabile; alle utopie, la ricerca individuale della propria felicità; alla ragione, l’emotività e l’intuizione. Ognuno è chiamato a creare il suo proprio mondo ed a riconoscere che ogni mondo ha la sua verità (10).
Il turista non ha un senso unificatore della propria esistenza
L’assenza di ideali e di utopia fa più facile la caduta nel consumismo e nel narcisismo egoista. Si perde la tensione del “già e non ancora“, tipica del pellegrino. Senza una meta che dia senso al presente, l’esistenza del turista si converte in frammentaria, in una ricerca ansiosa della gratificazione istantanea. Niente è definitivo: il turista usa, consuma e se ne va. L’individuo moderno è lontano da se stesso, senza tempo né voglia di pensare ai problemi esistenziali. Preferisce incentrarsi su questioni pratiche e, inoltre, lo fa in modo frammentario, senza una visione d’insieme. È curioso, per esempio, che tante persone usino oggi anabolizzanti e altre droghe per ottenere un corpo perfetto, pur sapendo che quelle sostanze, a lungo termine, potranno danneggiare irrimediabilmente la loro salute. La precarietà della vita spinge il turista a incentrarsi sull’immediato, lasciando da parte le questioni più profonde sulla vita e sulla morte.
Il turista non accetta il limite e la differenza
Il turista è sempre alla ricerca della soddisfazione immediata e ha molte difficoltà per accettare il limite e la differenza. Non cerca di ottenere grandi mete esterne, bensì sentirsi bene con se stesso (11). I Media rinforzano questa pretesa ingenua e pericolosa di voler ottenere tutto, immediatamente e senza sforzo. Libri e film offrono soluzioni “magiche” a qualunque problema quotidiano. Non è necessario impegnarsi per ottenere un obiettivo, basta trovare la tecnica adeguata. Ho difficoltà di comunicazione o mi piacerebbe conquistare l’amore di una giovane? Invece di avvicinarmi con rispetto ed assumere la sfida dell’alterità, mi servo piuttosto di un rito magico che facilita le cose. Mi angoscia un dubbio sul mio futuro? Invece di sforzarmi nel cercare una soluzione intelligente, preferisco usare quella specie di “stregoneria” che, inoltre, si presenta come innocente, inoffensiva e a portata di chiunque. La divinità, la natura e le altre persone finiscono per trasformarsi in oggetti che l’individuo tenta di manipolare senza alcun scrupolo.
Il turista non accetta la propria fragilità
Di fronte alla malattia, alla morte, al dolore sentiamo il bisogno di trovare un senso. Queste realtà esigono pure la compassione, la tenerezza, l’ascolto, l’accoglienza, la condivisione. Con i progressi della ricerca, riusciremo a sconfiggere l’Alzheimer, il Parkinson, ma altre malattie, ancora sconosciute, prenderanno il loro posto… Bisogna, quindi, impostare la società sulla comunione e non sul possesso, non sulla volontà di potenza. È necessario incoraggiare una cultura del limite di fronte a una realtà che può essere dura e difficile. Lo sviluppo della propria personalità, in armonia con se stesso e con gli altri, non è possibile senza l’ospitalità rispettosa, senza i piccoli sforzi di ogni giorno, senza il compromesso quotidiano per superare gli ostacoli e le tensioni. Occorre accettare il limite, il possibile fallimento, come elemento necessario dell’autentica crescita.
1.2.2. Lontano dagli altri
L’individualismo moderno ha esaltato il valore dell’identità personale a scapito dei legami familiari e sociali che davano consistenza e continuità alle comunità tradizionali. In questo modo, l’individuo è diventato più libero, ma anche più insicuro e sradicato. Il “diritto alla differenza” rischia di trasformarsi in un pericoloso “diritto all’indifferenza”, trasformando l’individuo in un essere anonimo e solitario (12).
Virtualmente più “in comunicazione” ma più soli
Paradossalmente, quanto più possibilità esistono di comunicare con qualunque persona o luogo del pianeta, più tentato si sente l’essere umano ad isolarsi, a sfuggire la cruda realtà e ad evitare l’esigente contatto faccia a faccia (13).
La difficoltà di accogliere la diversità
L’attuale società dell’informazione permette la comunicazione globale, ma può ostacolare anche l’accettazione della differenza e della diversità (14). I Media sono in grado di abbattere le barriere costruite sulla razza, nazionalità, lingua o ideologia, ma possono pure spingere l’individuo a relazionarsi unicamente con persone che gli sono molto simili, trasformando l’altro in una mera proiezione di se stesso (15). Il contatto virtuale non impegna, non suppone rischio né compromesso, neanche esige l’assunzione della propria identità.
Il turista usa, consuma e se ne va
Il turista vive le relazioni personali (perfino quelle di tipo sessuale) come se fossero un altro prodotto di consumo. Rinuncia all’impegno di farle crescere e renderle stabili. Il “finché morte non ci separi“ si trasforma in un semplice “mentre questo funziona”. Risulta significativo il crescente numero dei celibi (16) e di quelli senza legami personali stabili. Mentre il pellegrino dipende dagli altri per continuare il suo viaggio e, pertanto, vive nella gratuità, affettivamente unito a tutti, il turista paga e reclama diritti. Non si sente legato né agli altri né alle cose. Tutto è per lui transitorio, effimero, funzionale.
Il turista non ospita l’altro come fratello
Il turista accetta senza problemi che la scienza e la tecnica possano trasformare gli esseri umani in oggetti costruibili in laboratorio, sopprimibili quando sono avariati, utilizzabili per ottenere pezzi di ricambio (mercato d’organi e d’embrioni). Di fronte a questa mentalità utilitarista, bisogna rispettare la dignità della persona come limite insuperabile della ricerca. È giusto che l’uomo adoperi la sua intelligenza per alleviare le sofferenze dei suoi simili. La ricerca è preziosa e necessaria, ma si deve compiere entro i parametri inviolabili dell’eticità.
Il turista non ospita gratuitamente neanche il proprio figlio
Anche i figli entrano nella logica del possesso. Avere un figlio è un desiderio naturale, però quando questo desiderio diventa un’ossessiva volontà di potenza, disposta a tutto, la maternità smette d’essere ospitalità gioiosa e gratuita del dono della vita, bensì un’esigenza ossessiva del diritto al figlio. Il figlio diventa un oggetto posseduto, programmato secondo i propri desideri, scelto da un “catalogo”. Così facendo, si perdono completamente di vista la meraviglia e il rispetto di fronte al mistero del tu. Si dimentica che ogni essere umano ha bisogno di essere accolto come mistero che ci sorpassa e quindi amato gratuitamente.
1.2.3. Lontano dalle cose: il consumismo indolente
Per il turista, le creature non sono sorelle, bensì oggetti da sfruttare. Egli non può affezionarsi a una realtà che non sente come propria. Cerca di affermarsi accentuando la propria indipendenza da tutto e da tutti: vede la realtà in funzione di sé stesso. In questo modo, il turista si trasforma in un consumatore perfetto, che usa senza scrupoli tutto quanto trova, per poi abbandonarlo o gettarlo via. La nostra società promuove e stimola il consumismo del turista. Oggi si presenta l’essere umano come un consumatore da soddisfare, qualcuno sempre disposto ad abbracciare il mito del progresso illimitato e la ricerca compulsiva del massimo beneficio. Il macchinario capitalista ha bisogno di consumatori voraci che garantiscano i pingui benefici imprenditoriali. A questo scopo, si inducono nuove necessità e si presenta come virtù sociale ciò che prima era considerato un pericoloso spreco egoista. Lo “spendaccione” compulsivo è diventato un cittadino esemplare (“vizi privati, pubbliche virtù”), che rende possibile il buon andamento dell’economia. L’etica del risparmio è stata sostituita dall’imperativo “morale” del consumismo. Non si parla più dei valori della moderazione e della sobrietà. La pubblicità presenta tutto come necessità basilare, impellente, imprescindibile. Il nuovo “vangelo economico del consumo” (Cowdrick, 1927) induce l’insoddisfazione come base dello sviluppo. Un esempio tipico è stato la trasformazione della Coca-Cola, che passò da sciroppo medicinale a bibita comune, perché era più facile venderla appellando alla sete che presentandola come rimedio delle emicranie (17).
1.2.4. Lontano da Dio
Il turista fugge dall’incontro col Dio trascendente: preferisce un dio a misura
La fuga dall’esigente contatto “faccia a faccia” si presenta anche come rifiuto del completamente Altro, cioè del Dio trascendente, personale. Risulta più comodo farsi un dio addomesticato, compiacente, che conforta senza esigere la negazione di se stesso e senza dover portare il peso della croce. La ricerca ansiosa della propria soddisfazione e la crescente privatizzazione della vita sociale spingono a privatizzare anche l’esperienza religiosa (18), a cercare la certezza entro se stesso ed a rifugiarsi in un mondo spiritualistico ed illusorio. In questo modo, secondo Beyer, la globalizzazione starebbe emarginando la religione (19), relegandola a qualcosa di privato e individuale (20).
Una religiosità “fai da te”
Molti si avvicinano alla religione come se andassero ad una caffetteria a prendere il cocktail di credenze che meglio si adatti ai loro gusti o necessità (21). Esiste una grande varietà di prodotti e formule che “garantiscono” lo sviluppo spirituale, in modo automatico ed immediato. Sono elaborati sulla base di combinazioni di materiali psicologici, terapeutici, magici, pseudo-scientifici, esoterici. Ognuno è invitato a mescolarli ulteriormente (22), per ottenere così il beveraggio che meglio possa soddisfare il proprio ego e le proprie fantasie di potere o avventura (23). In fin dei conti, si tratta di una religiosità magica, “pronta” all’uso, un nuovo prodotto del consumismo che c’invade (24).
Il New Age
L’indebolirsi o l’assenza del confronto personale, col conseguente soggettivismo ed autonomia narcisista, si apprezza chiaramente in alcune manifestazioni spiritualistiche recenti. Movimenti come il New Age, o il Next Age (25) proclamano che ognuno è libero di creare la religione che meglio si adatta alla propria esperienza individuale, perché la divinità si trova nel nostro interno. Conseguentemente, si rinuncia all’esigente relazione con Dio, si cerca la salvezza nel presente e si mette in dubbio la tradizione delle religioni tradizionali. Il dio “New Age” non è l’infinitamente altro, che mi interpella continuamente ad un dialogo esigente e personale, bensì una divinità di tipo panteista. Si presenta come importante solo la propria interiorità, relegando a un secondo piano la relazione col prossimo e la responsabilità sociale o politica. La grazia divina non è necessaria, perché il credente deve salvare se stesso; la fede è sostituita dall’illuminazione interiore (nuovo gnosticismo), mentre scompare qualunque riferimento alla trascendenza (26).
Alla ricerca intimista della propria soddisfazione
L’illuminato sa trovare quello che più lo soddisfa, cioè le buone vibrazioni, le corrispondenze cosmiche, l’armonia. Tutto deve essere al servizio delle proprie sensazioni ed esperienze, anche la religione, l’etica e la stessa verità. Si pensa globalmente ma si agisce localmente, al servizio del proprio ego. Si parla di spiritualità planetaria, di totalità, di superamento dei dualismi, ma alla fine tutto confluisce nel proprio io, senza esigere nessuna rinuncia radicale. Si propone il cambiamento della propria interiorità per poter così cambiare il mondo che lì si riflette, ma si tratta di un cambiamento dolce, poco esigente, una mera scoperta della propria potenzialità. Si cerca un’esperienza del “sacro” senza volersi legare (re-ligione) all’Altro e agli altri. In questo modo, la New Age, ed altri movimenti simili, dissociano l’esperienza del “sacro” dall’esperienza religiosa (27).
Concludendo
La New Age, le ciber-religioni ed il consumismo di tipo religioso stanno indicando il paradosso di un mondo più interconnesso e contemporaneamente più propenso ad un intimismo narcisista, un mondo che mette al primo posto la propria soddisfazione ed evita il confronto con l’alterità. L’Altro e gli altri sono ignorati o esclusi, invece di essere accolti gioiosamente e gratuitamente.
Martin Carbajo Núñez
1 CONCILIO VATICANO II, Constituzione dogmatica Lumen gentium, 21-11-1964, 7.
2 Lettera A Diogneto, 5, citata in L. PADOVESE, Pellegrini…, 17.
3 Per completare ed ampliare quanto qui indicato sulla figura del pellegrino e del turista: L. PADOVESE, “Pellegrini e forestieri in un’epoca di mobilità. Storia e senso odierno dell’itineranza francescana”, en ID., ed., Pellegrini e forestieri. L’itineranza francescana, Bologna 2004; Z. BAUMAN, Globalization. The human consequences, Cambridge-Oxford 1998.
4 FRANCESCO D’ASSISI, Regola non bollata, [=Rnb], 9,6, in Fonti Francescane, [=FF], n. 31.
5 FRANCESCO D’ASSISI, Testamento, [=Test], n. 16, in FF 116. I fratelli devono accogliersi incondizionatamente, soprattutto nei momenti di bisogno (FRANCESCO D’ASSISI, Regola bollata [=Rb] 6,9, in FF 91; Rnb 9,13, in FF 32) o malattia (Rnb 10,1; Rb 6,11, in FF 92).
6 Test 29, in FF 122.
7 CONCILIO VATICANO II, Constitución pastoral Gaudium et spes, 7-12-1965, [=GS] 39.
8 Z. BAUMAN, La società dell’incertezza, Bologna 1999, 35; ID., Il disagio della post-modernità, Milano 2002, 97-105.
9 “Molte persone sono altamente insicure delle condizioni elementari della loro esistenza”. U. BECK, Libertà o capitalismo? Varcare la soglia della modernità, Roma 2001, 68-69.
10 “Editoriale. La fede cristiana nell’epoca postmoderna”, in Civiltà Cattolica 3418 (1992) 336-337.
11 H. BÉJAR, El ámbito íntimo. Privacidad, individualismo y modernidad, Madrid 19902, 196-199.
12 Según Barman, la persona busca colmar su necesidad de pertenencia creando otros tipos de comunidades, entre la que destaca la llamada “comunidad estética”, que fácilmente se disuelve y se reformula. Z. BAUMAN, Comunidad. En busca de seguridad en un mundo hostil, Madrid 2003.
13 La tendenza a “scappare” dall’incontro con l’altro si apprezza non solo a livello personale, ma anche a livello aziendale, giacché le grandi industrie preferiscono spostarsi a luoghi dove non ci sia conflittualità lavorativa . “Perché scontrarsi, se basta disimpegnarsi?” Z. BAUMAN, Dentro la globalizzazione…, 15.
14 “La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità”. BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, 29-06-2009, [=CV], n. 19.
15 T. POSTMES – R. SPEARS – M. LEA, Breaching or building social boundaries? Side-effects of computer-mediated communication, in Communication research 25 (1998) 690; J.K. CHALABY, New media, new freedoms, new threats, in Gazette 62 (2000) 19-29.
16 En España, el número de personas que viven solas ha pasado de 1,6 millones en 1991 a 2,95 millones en 2001. Desde 1981, el porcentaje de solteros con 25 años creció del 40% al 85%; los solteros con 29 años pasaron del 20% al 56%. INSTITUTO NACIONAL DE ESTADÍSTICA, “Censos de Población y Viviendas 2001”, in Internet: http://www.ine.es/prensa/np275.pdf.
17 Kettering (1929) afirma que la llave de la prosperidad es la creación programada de la insatisfacción. De este modo, proclama el nuevo “evangelio”, propuesto dos años antes por E. COWDRICK (The new economic Gospel of consumption). J.I. GONZÁLEZ FAUS, “La mundialización cosmovisional. Hacia una «oekumene» entre no creyentes y creyentes de diversas religiones”, in F. FERNÁNDEZ BUEY et alt., ¿Mundialización o conquista?, Barcelona 1999, 200-202; Cf. J. RIFKIN, El fin del trabajo. El declive de la fuerza del trabajo global y el nacimiento de la era posmercado, Barcelona 1996, 42ss.
18 T. LUCKMANN, The invisible religion. The problem of religion in modern society, New York, 1967, 158-159; cf. F. FERRAROTTI, Una fede senza dogmi, Roma 1991, 112-114.
19 P. BEYER, Religion and globalization, London 1994, 4.
20 La religione non sarebbe di più di “ciò che dà un senso inglobante alla vita individuale”. F.-X. KAUFMANN, La Chiesa cattolica e le sfide della postmodernità, in R. CIPRIANI – G. MURA, ed., Il fenomeno religioso oggi. Tradizione, mutamento, negazione, Roma 2002, 46.
21 R. CIMINO – D. LATTIN, Shopping for faith. American religion in the new millennium, San Francesco 1998, 187-188.
22 “L’ulteriore sincretismo individuale non è solo tollerato, ma persino incoraggiato”. T. LUCKMANN, Trasformazioni superficiali o radicali della religione, in R. CIPRIANI – G. MURA, ed., Il fenomeno…, 62; cf. H. VAN HOVE, L’émergence d’un “marché spirituel”, in Social Compass 46 (1999) 161-172.
23 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA – PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, Gesu Cristo portatore dell’acqua viva. Una riflessione cristiana sul “New Age”, 3-02-2003, (=N-Age) 3,2.
24 Sulle caratteristiche delle nuove sette: B.R. WILSON, La religione nel mondo contemporaneo, Bologna 1996 (orig. inglese 1982), 113-122. Sulle ripercussioni della globalizzazione sulla religione: L.R. KURZ, Gods in the global village. The world’s religions in sociological perspective, Thousand Oaks 1995. Una valutazione etico-teologica: R.J. SCHREITER, The new catholicity. Theology between the global and the local, Maryknoll 1997; S J. JOBLIN, Chiesa e mondializzazione, in La Civiltà Cattolica 3542 (1998) 129-141.
25 Una prova del successo della New Age sono i più di 30.000 titoli, le migliaia di pagine Web ed i più di 1200 centri relazionati con questo movimento. La New Age sorge in California, negli anni ‘70, benché le sue radici siano anteriori. L. BERZANO, New Age, Bologna 1999, 25-59. Furono significativi il festival a Woodstock, New York 1969, e la canzone “Aquarius” del musicale Hair. Alcuni percepiscono già una revisione di questo movimento, che denominano Next Age, o “Prossima Era”. Cf. M. INTROVIGNE, New Age & Next Age, Casale Monferrato 2000.
26 FR 81. Sulla New Age e movimenti simili: M. FERGUSON, The Aquarian conspiracy. Personal and social transformation in the 1980’s, Los Angeles, 1980; B. DOBROCZYNSKI, New Age, Milano 1997. Analisi della relazione tra Cristianesimo e New Age: R. BERZOSA MARTINEZ, Nueva Era y Cristianismo. Entre el diálogo y la ruptura, Madrid 1995; J.C. URREA VIERA, New Age. Visión histórico-doctrinal y principales desafíos, Santafé de Bogotá 1996. Sulla relazione tra New Age e gnosticismo: G. FILORAMO, Il risveglio della gnosi, ovvero diventare dio, Bari 1990; M. INTROVIGNE, Il ritorno dello gnosticismo, Milano 1993.
27 C. RIVIÈRE – A. PIETTE, Nouvelles idoles, nouveaux cultes. Dérives de la sacralité, Paris 1990, 117.