Testimonianza di Marzia e Ignazio Ciampi

PREMESSA. LO STILE DI VITA

ignjpegLo stile di vita si potrebbe definire come l’insieme dei comportamenti, dei modi d’agire di una persona, nelle varie situazioni della quotidianità, che consentono di delineare, come in un quadro d’insieme, l’impostazione, l’orientamento, che quella persona ha inteso dare alla propria esistenza. Dietro questo insieme di comportamenti e di modi di agire, che costituiscono in realtà l’aspetto visibile dello stile di vita, troviamo scelte più o meno consapevoli. In un normale percorso di crescita di un individuo, le scelte non consapevoli sono per lo più legate al periodo dell’infanzia, in cui il bambino adotta uno stile di vita conseguente ad una impostazione data dai genitori, sulla quale non esercita alcun ruolo attivo. In seguito, ciascuno può rivalutare tali scelte, farle proprie oppure cambiarle, mutando di conseguenza anche lo stile di vita, e rendendolo più consono alla propria maturità.
Quello che sembra accada frequentemente oggi, tuttavia, è un fenomeno che comprende due situazioni in particolare: 1) non pare delinearsi un momento di crescita in cui si dia importanza ad una revisione critica dello stile di vita ereditato, come conseguenza di una rivalutazione seria dei principi che orientano le scelte. Si prosegue nell’incoscienza infantile, aderendo ciecamente all’indirizzo ricevuto in modo acritico. In questa categoria rientrano anche coloro che conducono una vita sobria, ma frutto di abitudine; 2) nel processo di crescita dell’individuo viene consapevolmente scelto lo stile di vita tipico della società moderna, cioè quello che si basa sulla ricerca della massima soddisfazione personale, del benessere economico, del potere, del piacere. In ogni modo, si può facilmente intuire che ogni stile di vita adottato implica un camminare verso obiettivi, più o meno consapevoli, più o meno dichiarati, più o meno propri.
Infatti, per rimanere ai due casi rappresentati sopra, sia che adotti acriticamente comportamenti e abitudini – anche buoni – che mi sono stati trasmessi, sia che metta al primo posto la ricerca dei soldi, del piacere, del potere, perseguo comunque un obiettivo: nel primo caso può essere anche di bene, pur nella fragilità di una scelta inconsapevole, nel secondo sono io stesso, la massima soddisfazione personale. Il cammino della vita ha sempre una direzione e quindi ogni stile di vita esprime, implicitamente o esplicitamente, obiettivi. In realtà sono però gli obiettivi, che creano e orientano lo stile di vita.

QUAL È IL NOSTRO STILE DI VITA, COME FAMIGLIA?
Siamo sposati da 17 anni e abbiamo 2 figli, Miriam e Francesco.
Il nostro impegno come cristiani non è tanto sforzarci a tenere uno stile di vita particolare, quanto piuttosto entrare sempre meglio in relazione con Dio, perché questo è l’obiettivo che informa il nostro comportamento.
Per calarci ancora di più nella nostra realtà concreta, l’essere cristiani, e in particolare francescani, che cosa ci ha portato a valorizzare maggiormente?

1. La fraternità, cioè la relazionalità. Ovvero la diversità come ricchezza. Si potrebbe dire che tutti hanno a cuore questo, ma in realtà metterla al primo posto nella famiglia ha implicazioni che non sono tanto ben accolte dalla società attuale ed esigono un sapiente andare contro corrente. Basti pensare all’uso che si fa della televisione, a quale minaccia essa costituisca per la relazionalità in sé, oltre che per il messaggio di falsa relazionalità che trasmette. Oppure l’abuso dei giochi elettronici, con l’isolamento che creano a discapito dei giochi tradizionali, che invece implicano una relazione, un confronto continuo e lo sviluppo della capacità di mediazione. Giovani viaggiano sui mezzi pubblici per andare a scuola, con cellulare in mano, insieme ma isolati gli uni dagli altri. Fuggono dal giudizio reciproco tipico dell’età. Eppure ogni occasione è buona per fare cose insieme: leggere ad alta voce (che bello quando lo fa il papà!), cantare, ballare, fare lavori tradizionali (Francesco che taglia la legna in montagna… oddio!), giocare a carte, coinvolgere altri bambini, invitandoli a pranzo o a cena o alle passeggiate ecc. Inoltre, la fraternità quale gruppo di famiglie in cammino, nel confronto reciproco e nell’obiettivo comune di costruire una alternativa alla mentalità che ci circonda.
2. Rapporto con gli anziani. Ad esempio nel paese di montagna: ci raccontano come era la vita 50-60 anni fa, in particolare con quali difficoltà dovevano confrontarsi, rispetto ad oggi, ma anche – cosa che ci colpisce molto – quanta solidarietà e aiuto reciproco c’era fra tutti per fare qualunque cosa (ogni attività era un evento che coinvolgeva tutto il paese). E quanta solidarietà con i vicini di casa! Il sig. Mario che ci fa trovare un cancello che separa il suo orto dal nostro, per prendere quello che vogliamo, che ci fa trovare costruiti i supporti per i pomodori…. Tutti nel paese ci danno consigli per l’orto e per fare qualunque cosa (noi siamo i “cittadini” e ci “educano” affettuosamente).
3. Altro elemento importante è l’essenzialità, la semplicità, ovvero la sobrietà. Questo in parte è collegato al punto precedente, perché mettere al primo posto la relazionalità significa anche che non serve chissà quale oggetto materiale o situazione esterna per stare bene. In parte la sobrietà è legata al concetto di povertà, cioè anche a contrastare il consumismo. Ma bisogna evidenziare che sobrietà non coincide sempre con scelta più economica. Questo è molto importante. Infatti la Bellezza, l’Armonia, sono attributi di Dio, ed è non solo lecito ma opportuno che gli esseri umani, in quanto persone, esercitino la sobrietà con discernimento, nel senso di adottare una coerenza non solo con la dignità che gli è propria, ma anche con un certo buongusto. Le Chiese devono parlare di Dio… ma anche le persone sono il Tempio di Dio. Inoltre, alcune scelte potrebbero portare nella direzione di una maggiore spesa per perseguire un bene superiore, come per esempio l’educazione dei figli ecc. Per quanto riguarda l’ambiente, poi, risulta quanto mai opportuno effettuare scelte ecosostenibili, ovvero pagare il prezzo per la tutela dell’ambiente, invece di optare per soluzioni, in ogni campo, che tengono conto solo dell’economicità.
4. Educare i figli alla condivisione, alla giustizia, al rispetto degli altri e al bene comune, sapendo che per crescerli non dobbiamo “abbassarci” per metterci al loro livello, ma metterci in punta di piedi, per non urtare la loro sensibilità.
Il concetto di bene comune, che è qualcosa di molto di più di una proprietà condivisa, è un sentirsi responsabili di ciò che ci circonda e del futuro, per amore dei fratelli, delle altre generazioni e secondo giustizia.
Siamo amministratori e non padroni delle risorse naturali. Esse ci sono state affidate, come anche i figli, ma non sono un nostro possesso. Essere operatori di pace, ma secondo giustizia e verità, nel confronto e nel rispetto reciproco.
Ovviamente questi sono obiettivi da raggiungere, non conquiste fatte. Ma se gli obiettivi informano il nostro stile di vita, allora siamo contenti della nostra strada, con tutte le difficoltà che essa può comportare.

Dall’intervento al Convegno “Custodia del creato come stile di vita: giustizia, reciprocità, riparazione” (Bellamonte 28-30 agosto 2013).