Riportiamo una traccia della relazione del prof. Pierluigi Malavasi (Ordinario di Pedagogia generale e sociale, Università Cattolica di Brescia) proposta a Bologna negli incontri promossi da “Frate Jacopa” presso la parrocchia S. Maria Annunziata di Fossolo, nell’ambito della Rassegna “Segnali di Pace” del Tavolo Provinciale per la Pace, quest’anno dedicata al tema “Speranza e pace”. Il prof. Malavasi nel suo intervento ha fatto riferimento all’esperienza della 47ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi a Torino nel settembre scorso (vedi “Il Cantico” 5-6/2013 e “Il Cantico on line” ottobre 2013), a cui egli ha partecipato in qualità di Presidente della Sessione sulla custodia del creato. L’incontro, animato e stimolante, è stato accompagnato da un vivace dibattito che ha coinvolto i presenti rendendoli soggetti attivi e partecipi. Non potendo restituire a pieno l’immediatezza del dialogo, abbiamo riportato alcuni spunti offerti dal prof. Malavasi, che possono costituire interessanti stimoli per un approfondimento sul tema della custodia del creato da compiere sia a livello di singoli sia di comunità.

malavasjpegVorrei iniziare ringraziando voi per la vostra disponibilità e soprattutto il Signore per averci raccolti in questa chiesetta che è un luogo bellissimo, perché qui si prega! Noi in quanto fedeli contempliamo il Crocifisso in cui è raffigurato il mistero umano, perché l’umano è ad immagine di Dio.
Stasera ci proponiamo di contemplare l’immagine del Crocifisso che è spesso violata nel mondo d’oggi. Ma non ci dobbiamo mai abituare alla violenza, alla sopraffazione, alla miseria!
Siamo qui davanti all’immagine del Crocifisso che S. Francesco ha scelto come emblema del suo ministero. Siamo qui davanti al Cristo sofferente che ci ricorda le sofferenze dell’ambiente e al tempo stesso degli uomini, poiché l’ambiente siamo noi. Quando parliamo di ambiente pensiamo alla sperequazione, all’illusione di una finanza facile che ci lascia inorriditi. Scopriamo la voracità, la rapacità, l’egoismo, l’avidità nel contrasto tra l’obesità di alcuni e le condizioni di indigenza assoluta di altri. Oggi non c’è acqua potabile per tutti.
Il cibo basterebbe per nove miliardi. di persone, mentre oltre il 30% viene buttato, si perde nelle diverse fasi della catena alimentare oppure viene sprecato. Quindi non è vero che non ce n’è abbastanza o che cresciamo troppo. Sappiamo che le risorse ben gestite darebbero da mangiare cibo sano e di qualità a tutti. Risorse e materie prime sono in via di esaurimento nonostante le sempre nuove modalità di estrazione. Una sottovalutazione della speculazione finanziaria, che negli ultimi anni ha peggiorato le risorse di beni di prima necessità, e una serie di fattori ci restituiscono la figura di un pianeta afflitto da una grave malattia: una profonda crisi morale nel concepire i modelli di sviluppo, una profonda crisi delle scelte collettive e della governance economica.
Negli ultimi trent’anni il consumo del suolo è stato drammatico grazie anche alle troppo facili concessioni.
Che cosa possiamo fare di fronte a tutto ciò? Come afferma il Vangelo, noi non abbiamo niente. Allora dobbiamo solo preoccuparci di passare il testimonio, di trasmettere la fede, di educare. Educare è respirare.
Fin dal primo vagito, per continuare ad esistere abbiamo bisogno di qualcuno che ci educhi.
Educare è prendersi cura, coltivare, tirare fuori (come dice l’etimologia della parola), guidare, ma è anche lasciarsi istruire, poiché siamo in una situazione dialogica. Il dialogo è un rapporto.
Educare allo sviluppo umano significa contemplare l’umano che è icona e amarlo.
La parola tedesca “bildung”, che viene tradotta con “formazione”, in realtà significa “ad immagine di”.
Anche il saluto tedesco “Crüß Gott” significa “che Dio sia con te”.
La sensibilità ambientale è iniziata negli anni ’70 -’80; la “rivoluzione verde” è cominciata dal basso: bottom up e non top down.
Negli ultimi quindici anni si è diffusa a macchia d’olio non solo la sensibilità ma anche l’azione politicoeconomica a vari livelli imperniata sulla cosiddetta “sostenibilità”. Questo è un grande valore che era sconosciuto negli anni ’60. Oggi ci troviamo di fronte alla sostenibilità come bene collettivo. Alla parola “sostenibilità” si attribuiscono molti significati. Tra essi il più importante dice che le generazioni future devono avere non meno possibilità di sviluppo di quelle attuali, cioè noi oggi non possiamo distruggere quello che dobbiamo trasmettere a chi verrà dopo di noi.
Non dobbiamo interrompere la rigenerazione della natura. Per esempio un giacimento di petrolio si forma in milioni di anni, allora la norma di custodia del creato ci dice che noi non possiamo prelevare in modo indiscriminato tale risorsa naturale come se fosse inesauribile. Dobbiamo pensare alle generazioni future! È molto importante il patto intergenerazionale a cui è stata riservata la prima sessione della 47ª Settimana Sociale che quest’anno ha sviluppato il tema: “La famiglia, speranza di futuro per la società italiana”. Per la prima volta è stata dedicata un’intera sessione a questo tema largamente trasversale.
E’ stato un momento importante per riflettere ascoltando come le vie del discepolato si incontrino con la realtà, con la società che cambia.
Mi è stato chiesto di guidare la sessione sulla custodia del creato, che è stata trattata per la prima volta nell’ambito delle Settimane Sociali.
La scelta della parola “creato” è particolarmente felice perché è assolutamente cristiana, mentre l’ambiente è solamente ciò che ci circonda. Il creato non è nostro e noi siamo dentro un disegno di salvezza. Anche la parola “custodia” è assolutamente cristiana.
La solidarietà intergenerazionale diventa per noi la capacità di custodire insieme il creato, di difendere e di salvaguardare le risorse. Essa è una virtù civile che significa la frazione del pane. E’ quel gesto che non è fine a se stesso, ma è qualcosa che diventa per tutti una straordinaria ricchezza. E’ il simbolo della condivisione fraterna.
Ce n’è per tutti perché è possibile la moltiplicazione del pane.
Se veramente crediamo che lo sviluppo possa essere sostenibile, le risorse di mente, testa e cuore rendono possibile la moltiplicazione delle risorse. Negli anni ’70 abbiamo sperimentato che ogniqualvolta c’è stata una massa critica su questi temi o la volontà di generare cambiamenti importanti, si è riusciti nell’intento.
Era fantascienza pensare di ricavare energia dal sole. Se la tecnologia è arrivata ad inventare i pannelli solari allora l’ingegno umano è veramente immagine divina. Allora bisogna impegnarsi a dirigere bene il nostro impegno.
La conversione ha bisogno di persone coraggiose che prendano sul serio il cambiamento del modello di sviluppo.
Questo discorso tocca sia enti che persone singole. Con le indicazioni date nella Settimana Sociale diciamo che la speranza di pace è dentro la famiglia, è lo stare insieme, è credere intensamente che questa sera non siamo qui per caso e che siamo al cospetto di Gesù che ci dà il senso che l’uomo non si può dare da solo. Il Crocifisso ci dà il senso della condivisione e della sofferenza.Oggi il creato geme come le persone. La giustizia e la speranza ci indicano che la strada da percorrere è la conversione.
A Torino nell’ambito delle due giornate della Settimana Sociale dedicate al dibattito, ho ascoltato esperienze bellissime di persone che hanno comunicato il loro impegno nel coinvolgere le varie comunità alla responsabilità, alla conversione, ad azioni significative di sensibilizzazione, di riparazione, di cura.
Ho potuto gustare la ricchezza della Chiesa italiana che è molto unita.

Pierluigi Malavasi, Lucia Baldo, Graziella Baldo

(Il testo rappresenta una sintesi del dialogo avviato a partire da alcune riflessioni proposte dal Prof. Pierluigi Malavasi).