Relazione di p. Josè Antonio Merino – I parte
Pubblichiamo la prima parte della interessante riflessione proposta da P. José Antonio Merino nell’ambito dell’Incontro alle radici della fede “In cammino verso Firenze 2015” – In Cristo Gesù il nuovo umanesimo – (Roma 24-26 aprile 2015). Nel prossimo numero sarà pubblicata la seconda parte, riguardante i seguenti punti: cammino verso la civiltà della pace, cammino verso l’armonia con la natura, cammino verso una cultura ludica o dell’umanesimo gioioso
INTRODUZIONE
Francesco d’ Assisi, con il suo stile di vita, ha contribuito a creare una forma di essere e di vivere che molto ha influito sulla cultura occidentale. Il fondatore della fenomenologia dei valori, Max Scheler, vede nel Poverello «uno dei più grandi scultori dell’ anima e dello spirito della storia europea, che consiste nella formidabile prova di dare unità e condurre a sintesi, in un processo vitale, la mistica dell’amore onnimisericordioso, acosmico e personale, che non guarda più verso il basso ma verso l’alto, quello portato dal cristianesimo e fondato nell’amore di Gesù, assieme all’unificazione affettiva vitale e cosmica con l’essere e con la vita della natura. Tale fu la grande impresa del santo di Assisi»1.
Il francescanesimo è un grande movimento umanistico vitale, religioso, sociale, evangelico e dottrinale che, tuttavia, è impossibile affrontare nella sua complessità in una riflessione breve come quella di questo incontro. Certamente, quando ci si domanda sull’utilità o l’inutilità di una realtà umana o di una dottrina, bisogna distinguere tra l’utilità di che cosa, per che cosa e per chi.
Molte cose sono del tutto inattuali, non perchè non valgono più, ma perchè riguardano il futuro offrendo un messaggio che l’uomo contemporaneo non è in grado di recepire. In questa riflessione, non pretendo tanto di offrire una dottrina completa sull’umanesimo francescano quanto piuttosto di poter indicare un cammino possibile per l’uomo del nostro tempo affinché sia più umano. Una segnalazione che non è diretta ai francescani, ai cristiani, ai credenti, agli uomini di una determinata cultura, ma all’uomo in quanto tale.
Credo che i percorsi e i sentieri qui presentati serviranno di fermento per un nuovo umanesimo aperto e globale, confermato dalla garanzia di otto secoli di storia e con la certezza che l’uomo è eternamente umano e ha bisogno di una permanente umanizzazione. Nel nostro tempo non serve più la tesi del superuomo, e tanto meno quella dell’infrauomo. Abbiamo bisogno di scoprire il giusto cammino della vera umanizzazione; e in questa linea si dirigono i seguenti cammini, sentieri e passaggi per creare la fraternità globale.
1. CAMMINO VERSO UN NUOVO UMANESIMO GLOBALE
Il vero umanesimo, l’umanesimo dell’uomo integrale, l’umanesimo che difende e tutela la dignità e i più profondi valori della persona, non sta nei proclami solenni dei partiti né nei loro lusinghieri sistemi politici o filosofici, ma nel modo in cui si vivono le relazioni interpersonali, gli impegni sociali e la vita del lavoro quotidiano, del riposo, dell’ amore, della festa e di tutte le altre relazioni con i propri simili. È qui che si può analizzare il messaggio, il contenuto e la qualità umanistica di un sistema, di una religione, di una filosofia, di una politica o di un gruppo umano.
Ed è qui precisamente che il francescanesimo, come vita e come pensiero, si rivela in tutta la sua profondità e significato Il francescanesimo, pertanto, non è solo un modo di rapportarsi con Dio e di interpretare la relazione di Dio con l’uomo e con il mondo; è più un modo di vivere e di interpretare le relazioni dell’uomo con l’uomo e dell’uomo con la natura e con la cultura. Il modo di trattare tutte queste realtà crea uno stile, e questo stile riflette una singolare qualità che si manifesta nel gesto, nel saluto, nel tratto normale e in tutti i momenti dello stare insieme con l’altro, del vivere con l’altro e dell’essere per l’altro.
La società contemporanea ha fatto grandi progressi e conquiste nel campo della tecnica e della scienza, nei mezzi di comunicazione sociale e nell’accorciare distanze spaziali. Ma a questo progresso materiale non sempre si è accompagnato un progresso spirituale, morale e umanizzante. In effetti oggi assistiamo alle grandi e tormentate concentrazioni di solitudini, alla cultura informatica che converte moltitudini in cifre, a una dinamica della produzione e del consumo, nel quale l’aspetto personale ed etico, i valori soggettivi e i grandi spazi della comunicazione non sono sufficientemente rispettati perché non rendono né producono.
La grande secolarizzazione culturale nacque prepotentemente nel Rinascimento, allorché si sviluppò un forte movimento antropocentrico che si esaurì nel razionalismo, nell’empirismo e nello psicologismo. A partire da allora, l’io si erge come forza e come criterio decisivo, fino al punto di dividere la realtà in due blocchi: io-non io, io-tu, iosocietà, io-mondo, io-Dio, io-legge. La realtà si presenta segnatamente duale ed antitetica. Invece di vedere delle presenze nell’altro, nel tu, nel mondo, in Dio, nella società, si vede una resistenza che bisogna dominare, sottomettere o eliminare. In questo modo la vita umana si trasforma in un orizzonte ineludibile di incalcolabili fraintendimenti, che giungeranno alla loro massima espressione nella lotta contro l’altro, in un esacerbato ateismo, nello sfruttamento della natura attraverso la tecnica e in un individualismo irritante. Ne discende che il problema della cultura europea e occidentale consiste in uno scollamento tra realtà che sono divenute diffidenti ed ostili tra loro.
Tale situazione culturale ha prodotto un atteggiamento di diffidenza e di sospetto nei vari settori umani. L’incomunicabilità umana trova la sua giustificazione nella tradizione culturale occidentale. Esattamente quando Cartesio inizia la sua ricerca filosofica fonda il problema dell’altro partendo dalla ragione solitaria e non dalla ragione comunicativa.
Francesco non fu un profeta frustrato né un demagogo di turno, né un eterodosso per convenienza, né un classico dissidente. Non levò la voce contro niente e contro nessuno, né intese riformare la Chiesa né i cristiani. Cercò di riformare se stesso e gli uomini e le donne che si univano a lui volontariamente. Il Poverello fu un cristiano radicale, non un rivoluzionario sociale.
Francesco non fu mai un cristiano amareggiato né un importuno guastafeste. Perció, non creò sospetti nella gerarchia ecclesiastica perchè si potè constatare che egli non si concedeva alla critica abituale dei cosiddetti riformatori e di coloro che si credono migliori degli altri. Egli era troppo sensibile ed umile per potersi convertire in un eretico intransigente e in un franco tiratore; egli era così fortemente fraterno che non poteva limitarsi ad essere un fustigatore implacabile della società del suo tempo. Francesco, invece, si apre all’altro, lo rispetta e lo promuove esistenzialmente. Perciò, può indicare il cammino verso un umanesimo dalle porte aperte, che, superando il sospetto e la diffidenza, è capace di presentare le condizioni di possibilità per un dialogo basato sul rispetto, sull’accoglienza e nella speranza.
2. CAMMINO VERSO L’UOMO COMUNITARIO
L’interpretazione dell’uomo, tanto nella sua dimensione personale come in quella sociale, dipende dai presupposti dottrinali che la supportano. Per questa osservazione esistono tante differenti antropologie quante sono le ontologie che le configurano.
Nella scuola francescana si parte sempre da Dio, come realtà fondante, configurante ed esemplare. Ne consegue che questa visione dell’uomo si fonda sui presupposti della fede, secondo i quali l’essere umano è stato creato ad immagine del Dio uno e trino. L’uomo, infatti, in virtù dell’immagine trinitaria che porta in sè, appartiene a due mondi diversi, quello individuale e quello sociale, proprio a somiglianza dell’essere divino che è comunità di persone. L’uomo è sia per sé che per gli altri, come le persone divine sono per se stesse, ma al tempo stesso sono l’una per l’altra. Tutta l’antropologia francescana è basata su una concezione della persona come essere relazionale e vincolante.
Il francescanesimo possiede il suo proprio universo simbolico che è al tempo stesso intellettivo, affettivo, significativo, ermeneutico e operativo e che può aiutare molti uomini e donne della nostra società a vivere umanamente e cristianamente nella propria realtà e a scoprire il senso intrastorico della vita quotidiana.
Vediamo alcune forme di esistenza che potrebbero servire all’ uomo del XXI secolo, agli impegni e alla convivenza quotidiana. Sono dimensioni umane che inglobano e si comprendono a vicenda all’interno dell’ universo simbolico francescano.
a. Come imparare ad abitare.
L’essere umano viene in questo mondo per vivere; pertanto, si prepara per tante cose: un ufficio, una carriera, un posto di lavoro, ma non gli si insegna a vivere. Per questo, talvolta la vita si presenta problematica, caotica e difficile. Si rende perciò necessaria una nuova mentalità che ci insegni a scoprire la vita come il grande sacramento quotidiano, l’esistenza come grazia, la società come fraternità e il mondo come dimora. Solo in questo modo sarà possibile compiere il salto da un quotidianità superficiale ad una quotidianità profonda.
L’eccedenza di umanità che Francesco porta in sé può aiutare a colmare le lacune umane della nostra società. L’amore del Poverello per tutti gli esseri rappresenta qualcosa di totalmente nuovo che può giovare a fare luce nella mente e infondere coraggio esistenziale per trasformare l’opacità e l’abitudinarietà della vita quotidiana in un nuovo orizzonte di incontro, di accoglienza, di poesia e di celebrazione liberante. Soltanto chi sa apprezzare e valorizzare il dono della vita è capace di incontrarsi in profondità con la realtà e di creare una nuova esperienza personale e comunitaria in un mondo che deve convertirsi in dimora e in una casa accogliente.
b. Correggere la nostra memoria storica.
La storia scritta e trasmessa non sempre riflette la storia reale. È cosa nota che alcuni fanno o creano quel che si chiama storia ed altri la raccontano. Ogni eroe ed ogni battaglia ha i suoi Omero, quando non ha i suoi poeti e cronisti di parte. Quel che è certo è che le storie ufficiali di ogni nazione sono redatte con mezze verità proclamate e con molte verità deformate o messe a tacere.
Francesco d’Assisi, con il suo profondo senso del concreto e del finito, potrebbe aiutarci a purificare la nostra vera memoria storica, a superare il facile e comodo manicheismo interpretativo e deformante, e a promuovere una vicinanza storica all’ uomo reale, sia vincitore che vinto. Tutto questo può aiutare a fare in modo che le nazioni, i diversi gruppi e le persone in lotta tra loro possano trovare un nuovo orizzonte di comprensione e di integrazione, essendo tutti impastati di luci e di ombre.
c. Assumere il negativo.
In una cultura in cui la razionalità pretende di spiegare ed interpretare tutto il reale alla luce del perché, del per chi e del per come, come realtà comprensibili e verificabili, non c’è posto per il negativo, ritenuto scandalo e tormento per la nostra sensibilità puritana ed espressione di irrazionalità e di nonsenso. Non v’è dubbio che la vita quotidiana è intessuta di negativo e di positivo, per il fatto che ogni persona porta con sè un angelo e un demonio, in una lotta continua che difficilmente riesce a comporre, proiettando tale conflittualità nella vita di ogni giorno.
Non è possibile abbandonare o negare le negatività dell’ esistenza, se non assumendole e superandole, se davvero si desidera un’integrazione con la vita concreta.
Kant, molto appropriatamente, nel suo Saggio sul male radicale, ha scritto che l’uomo è destinato al bene, ma è inclinato al male. In questa tensione agonica tra destino ed inclinazione si origina l’insoddisfazione umana, con la quale bisogna fare pur sempre i conti.
d. Superare la categoria della conflittualità.
Tutte le società hanno generato gruppi di persone escluse ed emarginate, che poi non hanno saputo né accogliere né sopportare. Esistono sempre dei lebbrosi e degli appestati che devono essere isolati e separati, come esisono sempre gli inseparabili eterodossi dell’ordine costituito che bisogna sottomettere o annientare. Il XIII secolo è un secolo di gerarchizzazione e di globalità.
La stessa Chiesa si sforza di ammassare tutti i cristiani in una stessa struttura, benchè ci siano delle esclusioni: eretici, giudei, lebbrosi etc. Francesco sta al di sopra e molto al di là dei gruppi antagonisti e rivali. Nel suo vivido universo, sentito e proclamato, non esiste la dialettica amico-nemico o amico-avversario o rivale, ma semplicemente la categoria evangelica di fratello e sorella, unica forma socialmente desiderabile ed esistenzialmente necessaria per giungere a una vera e credibile convivialità.
Egli scrive a tutti i fedeli, a tutti i chierici, a tutti i governanti. Nel capítolo 23 della Regola non bollata c’è un testo essenziale nel quale Francesco mette sullo stesso piano tutti i gruppi del suo tempo senza preoccuparsi se siano socialmente privilegiati o esclusi, favoriti o sfavoriti socialmente. A Francesco sta a cuore l’ uomo concreto al di sopra della classificazione sociale e delle connotazioni convenzionali.
La dinamica della nostra società crea inevitabilmente il nemico necessario, che bisogna eliminare come ostacolo. Per il giacobino il male è il sacerdote, per il comunista il nemico del popolo è il borghese e per il nazista è l’ebreo. Come può vivere una nazione, un gruppo, un settore sociale senza un nemico reale o immaginario? Di solito il nemico è colui che deve essere eliminato come un ostacolo, un pretesto convenzionale perchè il gruppo sociale possa giustificare la sua esistenza e il suo modo di agire. Francesco si colloca molto oltre le differenze antagoniste e rivali per incontrarsi con l’essenziale dell’uomo e con i suoi problemi. Per questo egli fu un profeta della pace, dell’ armonia e della cultura conviviale.
e. La riscoperta della gratuità.
Viviamo in una civiltà contrassegnata da un continuo produrre, in cui si può comprare o vendere quasi tutto: lavoro, merci, alimenti, vestiti, spettacoli, viaggi, cittadinanza, persone, etc. La nostra è una società in cui tutto si trasforma in merce, in essa non c’è posto per la gratuità, anche perchè ciò che è gratuito è stimato o di nessun valore o è solo propaganda.
Ovviamente quando tutto nella vita ha la sua tariffa, non c’è spazio per le cose supreme. Dio, la vita, i campi, i mari, le montagne, il sole, la luna, le stelle, i fiori, gli astri sono realtà gratuite ma non superflue, e non sono facili da scoprire e da contemplare da chi ha uno spirito commerciale e possessivo. Francesco, radicalmente affrancato da ogni faccenda accaparratrice e consumistica, scoprì l’intero universo come dono divino. Ma non solamente Dio è gratuito, bensì tutto l’universo è un meraviglioso orizzonte di presenze gratuite, che bisogna saper vedere, scoprire e celebrare. Il Santo di Assisi alla società di oggi e di domani offre una cultura dell’ascesi; grazie ad essa l’uomo moderno potrà scoprire il volto gratuito della vita e potrà imparare a ringraziare e a rivestirsi di simpatia, di cortesia e di amabilità, sentieri necessari per un’utopia del quotidiano.
f. Essere accoglienti e comunicativi.
Per molto tempo si sono esorcizzati, divinizzati o demonizzati gruppi umani, classi sociali, ceti di persone, quasi come dei centri ipostatizzati di cattiveria o di bontà. Ma dopo la caduta del mito delle classi buone e cattive bisogna aprirsi alla dinamica di una relazione più personalizzata, anche se bisogna salvare tutta la società. All’atteggiamento di rifiuto e di sospetto bisogna opporre un’azione di accoglienza, di collaborazione e di partecipazione.
Pertanto, il nostro prossimo futuro non ci chiederà tanto l’eroismo della ragione quanto l’eroismo della volontà, grazie a quella rara virtù che si chiama magnanimità. Solo gli spiriti magnanimi potranno levare un canto nuovo sulla terra.
I francescani, nel corso della storia e seguendo l’esempio di Francesco con i lebbrosi, si sono preoccupati in modo speciale dell’ accoglienza dell’altro, soprattutto dei più declassati ed emarginati, con le più svariate modalità di beneficenza e di opere di misericordia. Ma, i francescani sono stati anche i principali difensori della verità che la salvezza non riguarda solo la persona, ma l’umanità e la creazione intera. Nel nostro tempo l’uomo deve sentirsi protagonista attivo nella trasformazione della società. Non bisogna favorire una neutralità di comodo nè complici evasioni, ma un’azione promotrice ed operativa, che sappia gestire e realizzarsi a partire dalle possibilità più reali di ogni persona e di ogni gruppo.
Max Scheler ha indicato come il primato del sangue, il primato della forza e il primato dell’economia abbiano caratterizzato i tre grandi periodi della storia umana. Forse, al futuro immediato, è riservato il primato della cultura dell’amore, della cordialità e delle porte aperte, nel quale tutti si sentono accolti; dove il sangue, la forza e l’economia siano sostituiti dal seguente decalogo: rispetto, accoglienza, amabilità, cortesia, benevolenza, tenerezza, simpatia, ottimismo, gioia e dialogo. In questo nuovo universo «amici e nemici si incontrano nella stessa categoria davanti all’amore, categoria che dà all’essere vivente somiglianza con Dio», come direbbe Scoto2.
p.Josè Antonio Merino
Pontificia Università Antonianum
1 SCHELER, M., Wesen und Formen der Sympathie (Bonn 1931) 130. Sull’influsso di S. Francesco nella cultura del Rinascimento cfr. HUIZINGA, J., El concepto de la historia (México 1946) 124-128.
2 Scoto, J. Duns, Ordinatio III, d. 30, q. un. n. 14.