L’evento di avvio del progetto triennale promosso dalla Fondazione Lanza sul tema della vulnerabilità ha dischiuso una mappa di sentieri concettuali da esplorare nei prossimi appuntamenti. I protagonisti hanno affrontato il tema sia sul piano filosofico, con Carla Danani dell’Università di Macerata e Stefano Semplici dell’Università di Roma Tor Vergata, come sul piano teologico con Lucia Vantini dell’ISSR San Pietro Martire di Verona e Simone Morandini dell’ISE S. Bernardino di Venezia, non senza frequenti richiami all’ambito scientifico come alla realtà di fragilità ecologica, sanitaria, geopolitica, come sottolineato nell’introduzione da Francesca Marin dell’Università di Padova e coordinatrice del Progetto Etica, Filosofia e Teologia.
Se il termine etimologicamente rimanda alla ferita-vulnus ma anche alla dimensione dell’essere toccati e colpiti dall’altro viene superato un significato solo critico-negativo del termine vulnerabilità, schiudendosi invece la prospettiva di un attivo stare con gli altri, senza negare un’originaria possibile ambivalenza del termine. In questo senso appare necessaria, anche a partire dalla vicenda di Gesù che si spoglia del proprio potere, risemantizzare la prospettiva del potere, senza derive anarchiche, ma nella logica di una fioritura nella passione, di una libertà spesa per l’altro. Proprio nella relazione all’alterità viene in chiaro un’altra faccia della vulnerabilità, cioè il superamento della prospettiva individualistica, in cui l’autonomia del soggetto tutto può: viviamo nel mondo e viviamo del mondo, non è possibile dunque prescindere dai legami, di contro ad un ideale moderno del soggetto libero dalle relazioni e non libero nelle relazioni. Se siamo in un contesto di connessioni, emerge anche il tema del rischio, che devo correre in modo consapevole e ragionevole, da cui non devo necessariamente fuggire in modo difensivo.
La vulnerabilità si offre quindi come elemento esplicativo di molte esperienze antropologiche; tuttavia essa potrebbe divenire indeterminata, mentre è possibile sottolineare le tante possibili condizioni di speciale vulnerabilità presenti a livello sociale come globale, che chiamano ad una risposta eticamente all’altezza. Se siamo abitanti di un pianeta vulnerabile, è impensabile immunizzarsi dall’altro e non assumere invece il compito di un sapiente discernimento eticopolitico. È proprio questa dimensione politica che è emersa come preponderante in tutti gli interventi e come elemento trasversale ai diversi temi richiamati, poiché non è possibile demandare alle procedure tecniche il compito di rispondere alla vulnerabilità di cui siamo costituiti: “esposti allo shock della vulnerabilità estrema, che nell’investire i nostri corpi infligge anche una ferita ai nostri stili di vita, ai nostri privilegi e certezze, abbiamo l’opportunità di aprire una breccia nella fortezza delle nostre convinzioni e presunzioni” (E. Pulcini, Tra cura e giustizia. Le passioni come risorsa sociale, Bollati Boringhieri, Torino 2020, p. 174).
È proprio in questa breccia che cercheranno di addentrarsi gli appuntamenti del primo anno del progetto di ricerca in programma da gennaio a marzo 2024.

Sintesi dell’incontro a cura di Leopoldo Sandonà,
coordinatore del Progetto Etica e Medicina.

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata