Sulle orme di S. Francesco

famigliajpegL’assunzione della sapienza della povertà riguarda in modo specifico la famiglia: una famiglia che dobbiamo imparare a vivere innanzitutto non come progetto «nostro» ma come progetto di Dio a cui siamo chiamati a collaborare.
Contro il rischio sempre più presente oggi di rinchiudersi in un amore autopossessivo, basato sulle sole proprie forze, la radicale povertà a cui ci richiama la penitenza francescana diventa via per aprirci alle potenzialità dell’amore di Dio, al suo progetto di amore. Ci chiama a ricercare insieme la sua volontà, ad essere insieme l’uno per l’altro come coniugi «servi del Signore», riconoscendo giorno dopo giorno le meraviglie del Signore nella nostra fragilità. Ci chiama a riconoscere nel «matrimonio sacramento» la potenza dell’amore di Dio, crescendo giorno dopo giorno nella scoperta di un dono ricevuto, il Matrimonio, che non è solo in funzione di se stessi, ma per il bene di ogni uomo e di tutti gli uomini.

L’essere «amministratori dei beni ricevuti», coinvolge gli sposi a divenire amministratori del bene grande della famiglia a favore di tutta l’umanità.
Essi sono chiamati a mantenere alto il valore della sponsalità, della nuzialità, in questa nostra società che sta facendo di tutto per disattendere il piano di Dio sull’uomo e sulla donna; a mantenere alto il valore dell’amore in questa società che vive ormai in una eclisse di amore e che, continuamente preoccupata del produrre e del fare, sta smarrendo il senso della vita che si dà solo nell’amore e per amore.
L’impoverimento dell’umano, oggi così evidente, interpella come non mai a rimettere in gioco tutte le potenzialità di amore e di speranza insite nella famiglia. Interpella a vivere in pienezza l’intimità familiare per poter fecondare di rinnovato senso le relazioni sociali e poter garantire i valori interiori della società, attraverso la edificazione di vere famiglie, comunità di amore.
È questo il grande compito che si presenta ai nostri occhi: siamo chiamati anche noi, come famiglie, sui passi di Francesco a «farci poveri per farci prossimo »; per farci prossimo a tante altre famiglie che sono in una agonia di amore; alle tante persone sole, abbandonate, ai tanti privi di famiglia; per farci prossimo ai milioni di poveri del mondo ai quali siamo chiamati a ridare nei fatti la dignità di fratelli.
E questo richiede vigilanza, discernimento, tutta l’attenzione e la cura per essere in cammino…
Un «farsi povero» che va ricercato nelle modalità concrete e che oggi più che mai pone la famiglia nella necessità di affrancarsi dall’eresia del consumismo imperante a cui tutto si subordina.
È col nostro stile di vita infatti che abbiamo possibilità di incidere in modo fraterno o in modo cainesco nei riguardi di tanta parte dell’umanità ridotta a vivere in condizioni subumane dall’egoismo di una piccola elite. Di quella elite facciamo parte anche noi, appartenenti al cosidetto mondo civilizzato.
Il nostro attuale benessere è ingannevole in quanto poggia su un consumo di risorse che va a danno della sosteniblità ecologica, della giustizia mondiale e delle generazioni future. Dietro al nostro sviluppo, al nostro progresso c’è l’esclusione di interi popoli, la distruzione della natura e si profilano ombre sempre più minacciose per il futuro. Le generazioni attuali stanno consumando risorse non rinnovabili e attentando al nucleo costitutivo della vita in una sperimentazione genetica di proporzioni inimaginabili prima.
Ed è ormai chiaro che non sono solo le risorse della natura che vengono erose; anche le risorse spirituali e sociali, le risorse della convivenza umana vengono ad essere dilapidate.
Questo è un fatto che ci riguarda profondamente come famiglie perché la famiglia è il primo fulcro della società e lo è anche dal punto di vista economico. È la famiglia il primo ambito educativo che orienta le scelte. È la famiglia che, proprio per l’etica del cuore che le è connaturale, può combattere l’egoismo prevaricatore. È la famiglia che proprio per le sue risorse può meglio resistere al delirio di onnipotenza oggi imperante per vivere una etica del limite, una etica della sobrietà, un’etica della gratuità.
Non possiamo dirci famiglie cristiane se non cominciamo a pensarci come unica famiglia umana, sforzandoci di rendere evidente con la nostra vita che tutta l’umanità ha un destino di famiglia, di unica famiglia di Dio.
La famiglia, culla di socialità, è il luogo in cui si scopre che il proprio io è costitutivamente in relazione. La famiglia è il luogo privilegiato della cura per condividere esperienze umane profonde fatte di rispetto per le differenze, passione per il dialogo e premura per le necessità degli altri, in particolare dei più fragili.
La famiglia è dunque il soggetto deputato naturalmente alla cura di nuovi stili di vita. Una cura che agli stessi genitori richiede la forza di iniziare una revisione della propria vita per comunicare ai figli la capacità di compiere scelte responsabili e lungimiranti per il loro futuro. Fa parte del compito difficile, delicato, fondamentale dell’educare i figli.
Con la testimonianza della loro vita i genitori aiutano i figli a incontrare Dio, a sentirlo vicino, amico sincero della loro felicità. Con essi ricerchino una vita sobria che tenga conto delle conseguenze delle proprie azioni sullo stato di salute del creato e sulla vita di tanti altri uomini nostri fratelli; li aiutino a essere liberi dal consumismo e dagli stereotipi che rendono schiavi, per aprirsi alla gioia della condivisione e della convivialità. Uno stile di vita essenziale è il più grande dono che possiamo fare ai nostri figli per crescere in sapienza e dignità.

Argia Passoni