“Nel suo Preambolo, la Convenzione del 1951 sui rifugiati stabilisce come suo scopo quello ‘di assicurare ai rifugiati il più ampio esercizio possibile dei loro diritti e delle libertà fondamentali’. Ma oggi in molte regioni del mondo, milioni di profughi non sono ancora in grado di godere di questi diritti”. Sono le parole dell’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni specializzate a Ginevra, nel suo intervento del 4 ottobre alla 62^ sessione della Commissione esecutiva dell’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
Nel suo intervento, l’Arcivescovo non ha mancato di sottolineare che nonostante gli sforzi di organizzazioni e stati per assicurare protezione e dignità ai rifugiati, permangono gravi lacune, evidenziate dai recenti drammatici eventi come “la rivoluzione del popolo” in alcune zone del Nord Africa, la siccità e i conflitti nel Corno d’Africa, che hanno scatenato grandi flussi di rifugiati, il prolungarsi dello stato di rifugiati in Medio Oriente e altrove. La prova più tragica viene dalle oltre 1.500 persone che sono morte nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, da quelle annegate attraversando il Golfo di Aden e dal numero incalcolabile di quelli che sono morti uscendo a piedi dalla Somalia alla ricerca di sicurezza, per parlare solo di quest’anno.
“L’opinione pubblica e l’opportunismo politico hanno veicolato la necessità di protezione dei richiedenti asilo in modo negativo – ha denunciato Mons. Tomasi -. Tra queste conseguenze negative, notiamo con profondo rammarico che la detenzione dei richiedenti asilo e di altre persone che necessitano di protezione è in aumento e non è più utilizzata come ultima risorsa per casi eccezionali. Queste persone che cercano protezione o altre strade per tentare di sopravvivere, sono letteralmente sotto chiave e sorvegliate come se fossero prigionieri criminali, e anche i bambini vengono trattati allo stesso modo”.
Le conseguenze sul piano fisico e psicologico dello stato di detenzione, sono disastrose, per questo è urgente promuovere delle alternative. Mons. Tomasi ha poi richiamato l’attenzione su quanti non possono tornare nei paesi di origine e sono completamente esclusi dai servizi sociali nei paesi in cui vivono. “Queste persone sono in un limbo, in un vicolo cieco, senza alcuna prospettiva” ha denunciato l’Arcivescovo, sottolineando che le politiche delle autorità statali “escludono completamente questi gruppi di persone sradicate da qualsiasi aiuto pubblico e li lasciano nella difficoltà e nella miseria, anche se hanno bisogno di protezione”.
L’Arcivescovo ha poi ricordato che attualmente più della metà dei rifugiati si trova fuori dei campi ed è particolarmente vulnerabile alla miseria, per cui “le autorità nazionali e locali devono continuare ad assumersi la responsabilità di questi rifugiati con la garanzia della solidarietà delle organizzazioni internazionali”. Centinaia di ragazzi soli, non autorizzati, dal Medio Oriente e da altri luoghi, stanno percorrendo le loro strade di tutta l’Europa sfidando il sistema di protezione dei paesi che attraversano. “In realtà i minori non accompagnati sono migliaia. Nel 2008 un totale di 11.292 domande di asilo sono state presentate da minori non accompagnati in ventidue Stati dell’Unione europea. Alcuni sono morti nascosti nei container o nel carrello dei camion” ha affermato Mons. Tomasi sottolineando la necessità di “una rinnovata attenzione al loro bisogno di protezione e allo sviluppo di misure pratiche per aiutarli ad adattarsi al nuovo ambiente”.
L’evoluzione della situazione politica ed umanitaria mondiale pone sempre nuove sfide alla comunità internazionale per proteggere le vittime degli sfollamenti forzati, ha concluso Mons. Tomasi, ricordando che “i rifugiati non sono numeri anonimi, ma sono persone, uomini, donne e ragazzi, con le loro storie individuali, con talenti da offrire e aspirazioni da realizzare”.
(SL) (Agenzia Fides 6/11/2011)