francAl tempo di S. Francesco, a differenza di quanto avviene oggi, possedere un libro era indice di ricchezza e di prestigio, poiché i libri erano oggetti preziosi e rari che pochissimi privilegiati potevano procurarsi.
Ma questa affermazione non basta a comprendere il rapporto di S. Francesco con i libri, che non è da intendere solo in senso economico, materialistico. Il fatto è che S. Francesco non si riconosce nella cultura e nel linguaggio teologico del suo tempo, perché li trova astratti e accademici, mentre, pur non essendo erudito nelle Sacre Scritture, ne scruta le profondità “con l’affetto dell’amante” (cf LM: SS 1187).
Tutta la sua cura è rivolta ad essere pienamente cristiano, piuttosto che a leggere libri per insegnare agli altri ad essere cristiani. Potremmo dire che il libro che egli ama studiare con sommo affetto e dedizione, è il corpo di Cristo. Per questo è stato definito “alter Christus”. Il Santo di Assisi è sempre mosso dal desiderio di seguire Cristo per assumere i tratti caratteristici della sua personalità: “l’umiltà, la pazienza, la pura e semplice pace dello spirito” (Rnb 17: FF 48).
Potremmo dire che S. Francesco non è uomo colto, poiché non possiede libri, ma altresì che egli è più che colto poiché è un creatore di cultura, in quanto crea un modello di vita e di pensiero il cui fine ultimo è l’amore, la comunione con Cristo.
A farci meglio comprendere il rapporto di S. Francesco con i libri di teologia, ci può aiutare la lettera scritta da S. Francesco ad Antonio, maestro di teologia: “Mi piace che legga sacra teologia ai frati, purché in questo studio, non venga estinto lo spirito della santa orazione e devozione”(FF 252). Questa lettera manifesta quanto sia riduttivo limitarsi ad affermare che il Santo rifiuta lo studio della teologia, supponendo in questo modo che i suoi seguaci, per essere tali, debbano limitarsi a fare le opere, evitando di prendere in mano qualunque libro, ad eccezione della Sacra Scrittura. Infatti S. Francesco rifiuta lo studio, solo se non è posto al servizio della valorizzazione dello Spirito del Signore e quando è rivolto all’acquisizione di privilegi e riconoscimenti pubblici.
La lettera ad Antonio è l’unico caso degli scritti di S. Francesco in cui troviamo la parola studio, così come la parola teologo compare un’unica volta nel Testamento: “Dobbiamo onorare e rispettare tutti i teologi e coloro che annunciano la divina parola, come coloro che ci danno lo spirito e la vita” (Test: FF115).
Questa unicità è indice della riluttanza avvertita dal Santo di Assisi ad approssimarsi allo studio della teologia subendo il fascino di una dottrina ideologica del cristianesimo volta ad affermare se stessa distraendo dallo “spirito della santa devozione e orazione” che un amante di Cristo deve sempre ricercare come fonte di vita vera.
Dunque possiamo affermare che lo studio, inteso come pura curiosità intellettuale, non piace a S. Francesco, perché distoglie dall’unico senso e fine della vita di un cristiano: la sequela Christi.
Ma se lo studio è imbevuto di spirito evangelico e mira a trasformare la propria affettività affinché sia sempre più conforme a quella di Cristo, allora a S. Francesco piace, perché non lo vede in contraddizione con lo “spirito della santa orazione e devozione” che, a suo giudizio, deve informare, nella predicazione come in ogni altra attività, il cuore e la mente di ciascuno.
Come sempre S. Francesco pone l’accento sulla modalità dell’agire, piuttosto che sull’agire in se stesso, come fa, invece, chi si ferma alle apparenze e non cerca di sondare l’interiorità della vita dello spirito.

Lucia Baldo