“Riflessione sui segni dei tempi: una sfida per contrastare ogni forma di schiavitù” di Giulio Albanese (II parte)

Scuola di Pace  “Frate Jacopa”  3-5 gennaio 2015

IL TERMINE “FONDAMENTALISMO”
albanese 1Un altro segno dei tempi col quale dobbiamo misurarci è quello del fondamentalismo. Anche in questo caso vi è un legame con la globalizzazione e più in generale con gli effetti di una società in continua trasformazione. Si tratta di un tentativo particolarmente vigoroso, seducente e pericoloso nelle forme, di ritornare ai principi del passato, veri o presunti. I fautori del fondamentalismo sono convinti che si stava meglio una volta, quando la società era ingessata da un complesso di norme e punti fermi che regolavano la vita della gente. Quando cioè vi era la certezza dell’autorità e di una verità assoluta.
Ma da dove viene questa parola, “fondamentalismo”? Il termine, oggi, è usato con grande disinvoltura, soprattutto dai giornalisti, in riferimento a certi movimenti religiosi nell’ambito del mondo islamico, ma si dimentica che l’origine è rintracciabile, storicamente, in quella corrente di pensiero, nata all’interno della Chiesa battista, che intendeva opporsi al modernismo e al razionalismo teologici che si diffondevano fra i fedeli evangelici. Il termine “fondamentalismo” non aveva all’origine accezioni negative come accade oggi.
Esso è legato alla pubblicazione, nel 1909, di una raccolta di dodici volumi di saggi intitolata “The Fundamentals”. I testi attaccavano le attività di filologia, storia, archeologia e critica, della scuola esegetica detta di “Alta critica”. Rivendicavano, al contrario, la volontà di riaffermare in modo dogmatico punti irrinunciabili della fede definiti “fundamentals”, fondamenti, e corrispondono anche all’affermazione della necessità di una fede facilmente comprensibile all’individuo. Questa rivendicazione aveva una prospettiva anche politicosociale, con forte critica definibile “anti-intellettuale” o “anti-elìtes” (contro il pericolo di una società, o di una morale, degli avvocati e dei filosofi). Caratteristica del pensiero dei fondamentalisti, era la riaffermazione del valore letterale del testo della Bibbia.
Successivamente, nel corso del Novecento, questo termine si è diffuso nell’uso comune per identificare tutti quei punti di vista – correnti di pensiero e pratica nell’ambito religioso – che insistono sull’interpretazione letterale dei testi sacri delle grandi religioni, che hanno carattere di movimenti anti-modernisti all’interno di esse. Da rilevare che ciascuno di questi fondamentalismi ha le sue caratteristiche e spesso è in aperto conflitto con gli altri.
Di fronte ad una questione così cruciale, e qua e là accesa da bagliori sempre più inquietanti, soprattutto dopo le tragiche vicende dell’11 Settembre (tra islam e cristianesimo), occorre scongiurare il pericolo di forzature o banalizzazioni indebite. Come ricorda Youssef M. Choueiri in un suo saggio sulla matrice islamica di questo fenomeno, il fondamentalismo “indica quella posizione intellettuale che pretende di derivare i principi politici da un testo ritenuto sacro”14. Più in generale potremmo dire che il fondamentalista, per presunzione o ignoranza, partendo dall’assunto che nell’esistenza umana esista un unico modello di riferimento, è fortemente convinto che la sua visione del mondo debba essere imposta ad ogni libera coscienza. In questa prospettiva, allora, il fondamentalismo non può certo essere circoscritto al mondo della Mezzaluna, essendo presente sotto varie etichette e con diverse sfumature in numerosi sistemi di credenza.
Le uccisioni perpetrate nello Stato indiano dell’Orissa, come anche certa intransigenza nell’ambito di alcune sette cristiane, tendono ad una concezione ottusa dell’esistenza, assoggettando ogni alterità, fino quasi a soffocarne, consapevolmente o più spesso inconsapevolmente, ogni dimensione che parta da paradigmi differenti. Occorre pertanto sorvegliare la linea di demarcazione, sfumata o subdola, di certa comunicazione che vorrebbe sempre e comunque semplificare realtà complesse attraverso spettacolarizzazioni fuorvianti o enfatizzazioni eccessive.
Per fortuna, in ogni tradizione religiosa, vi sono credenti attenti e lungimiranti a cui va tutta la nostra stima. Amos Luzzato, ad esempio, già presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha dato prova di quella libertà di spirito e onestà intellettuale che dovrebbe sancire il dialogo interreligioso, affermando coraggiosamente che “non tutti i musulmani sono terroristi, non tutti gli americani sono imperialisti, non tutti i laici disconoscono i principi altrui, non tutti i cattolici sono impositori della loro fede, non tutti gli Ebrei sono ricchi o straccioni, torturatori dei Palestinesi o vittime di bombe umane, né tutti i Palestinesi sono occulti seminatori di morte”15. Sergio Zavoli, uno dei più celebri giornalisti italiani, introducendo questo virgolettato di Luzzato, da attento analista del palcoscenico della storia contemporanea, osserva quanto importante sia scongiurare la radicalizzazione del confronto tra Oriente e Occidente, affermando che “aprirsi a ciò che pensano e sentono gli altri non solo è augurabile ma è anche necessario, se non vorremo parlarne, nella solitudine, con sommarietà e arroganza reciproche”16. Anche perché, di questo passo, come rileva sempre Luzzato, “finiremmo col trovarci sull’orlo di un baratro che stiamo scavando con le nostre stesse mani”
17. D’altronde, avvertiamo un po’ tutti che spesso le forzature sono a trecentosessanta gradi e vanno ben oltre la sfera religiosa, riguardando le stesse civiltà e culture attraverso atteggiamenti impositivi che vogliono l’omologazione a tutti i costi, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere. Le differenze possono convivere anche perché l’accoglienza dello straniero, come insegna il Vangelo, si traduce nell’abbattimento di ogni barriera, muro e divisione. Purtroppo, dobbiamo prendere atto che la disinformazione è tale per cui, nell’immaginario collettivo, quando si parla dei musulmani, pare che siano tutti terroristi o kamikaze. Ma non è vero!
Quanti intellettuali del mondo arabo sono stati i primi ad opporsi con coraggio e povertà di mezzi contro ogni forma di discriminazione, avvertendo la necessità di una lettura critica della storia islamica in netto contrasto con i fautori del “jihad” o di qualsiasi dittatura! È emblematico il pensiero dello scrittore egiziano Sayyed al-Qimani che ha difeso strenuamente il razionalismo, affermando che esso è patrimonio della tradizione islamica – riferendosi ad esempio al pensiero del filosofo Averroè – ma poi “silenziato” dai tradizionalisti fautori della sharìa, la legge islamica18. Un altro intellettuale che ha invocato il rinnovamento è stato il suo connazionale Khalil Abd al-Karim che ha presentato la propria lettura storica come alternativa alla visione fondamentalista degli estremisti19.
Per non parlare dei fatti della quotidianità raccontati dalla letteratura e dal cinema egiziano: basti pensare al romanzo del premio Nobel Nagib Mahfuz “Karnak” o al film “Siamo quelli dell’autobus” sulla falsificazione delle accuse da parte della polizia per carrierismo. Circa una cinquantina di anni fa, il padre del riformismo islamico iraniano, Ali Shari’ati, diceva che l’Islam contemporaneo è nel suo XIII / XIV secolo. Se guardiamo alla storia europea di quel tempo, cioè del XIII / XIV secolo europeo, scopriremo che per il Vecchio Continente non era ancora iniziata la riforma protestante. Secondo Shari’ati, per superare il Medio Evo islamico, i musulmani non possono pensare di saltare a piè pari cinque, sei secoli, arrivando di getto alla cultura moderna.
“Dobbiamo riformare l’Islam – scriveva l’intellettuale iraniano – rendendolo il volano di liberazione delle nostre società ancora ferme a una dimensione sociale tribale, cioè al Medio Evo dell’Oriente, mentre oggi è lo strumento usato dai reazionari per evitare il progresso e lo sviluppo sociale”20. Le parole e la vita di Shari’ati, morto ufficialmente per arresto cardiaco in Inghilterra nel giugno del 1977 – anche se sono in molti a ritenere che sia stato eliminato dalla polizia segreta dell’allora Scià di Persia – indicano chiaramente il percorso che occorre seguire per sostenere le piattaforme democratiche nei Paesi della Mezzaluna. Una responsabilità di cui deve farsi interprete soprattutto l’Europa se vuole essere coerente con i propri principi.

LE VARIE FORME DEL FONDAMENTALISMO
Proseguendo la nostra riflessione sul fondamentalismo e tenendo soprattutto conto delle finalità di questo saggio, c’è da considerare che il termine viene oggi utilizzato in senso lato anche per indicare un atteggiamento acritico e dogmatico nei confronti di testi o teorie non necessariamente religiose, e i comportamenti che ne derivano. In economia, ad esempio, i critici del capitalismo liberale accusano talvolta di “fondamentalismo” i sostenitori delle teorie secondo le quali il mercato dovrebbe essere, secondo loro, l’unico regolatore della vita sociale, sottintendendo che questo principio sia affermato in modo dogmatico. In politica, il neoconservatorismo è un’altra reazione alle paurose incertezze del nostro tempo, per cui si sostiene una visione manichea della realtà: da una parte ci sono i buoni, dall’altra i cattivi, per cui i nemici vanno spazzati via, soprattutto se sostengono iniziative antagoniste e bellicose. In campo religioso, alcuni gruppi religiosi accusano di “fondamentalismo laicista” le posizioni anticlericali dei loro avversari, ritenendoli incapaci di accettare deroghe rispetto a una visione tradizionale della laicità.islam nel mondo
A questo proposito, un’altra forma di fondamentalismo a livello scientifico e culturale, è quella dello scientismo: una concezione del sapere che considera valida soltanto la conoscenza scientifica, che nel XIX secolo è servita come supporto alle ideologie evoluzioniste e materialiste, confluite poi nella dottrina marxista del “socialismo reale”21, in contemporanea – è bene rammentarlo – a quanto sviluppatosi sul piano produttivo, con la rivoluzione industriale, e su quello economico, con il capitalismo. Ingenuità e presunzione hanno portato l’uomo a credere che il progresso della scienza, della tecnica e più in generale della ragione, avrebbero potuto risolvere da soli i problemi della gente, al punto di fare a meno della religione, ritenuta da alcuni una sorta di optional, quasi superstizione.
E’ questa la concezione secolarista: non è più necessario alcun riferimento alla Trascendenza, essendo già tutto dato e possibile sul piano umano. Gradualmente, però, nel corso del Novecento questa visione è stata scossa sia dalle due Grandi Guerre mondiali, che dalla crescente divaricazione tra ricchi e poveri con l’avvento della globalizzazione liberista. Il crollo prima del materialismo ideologico, quello delle nazioni comuniste, e la crisi poi, in questo primissimo segmento del Terzo Millennio, del sistema capitalistico, ha determinato un forte scetticismo su chiunque ancora oggi si azzardi a proporre schemi ideologici per salvare il mondo.
E cosa dire del capovolgimento degli equilibri geostrategici per cui le vecchie potenze occidentali sono state scavalcate dai Paesi emergenti come la Cina? Questo gigante è riuscito addirittura a realizzare una coincidenza tra gli estremi, unificando la dottrina del libero mercato con un regime di governo comunista. Ne è scaturito un sistema oligarchico, decisamente antidemocratico che, sfruttando la manodopera a basso costo, ha come obiettivo la crescita esponenziale delle attività produttive. Gran parte dei sociologi ritiene che l’attuale stagione possa essere definita “post-moderna”, rispetto alla modernità caratterizzata da una forte industrializzazione dell’Europa e del Nord America. Ma sulla “post-modernità” torneremo nelle pagine più avanti.
Per ora ci limitiamo a rilevare che in questa ultima striscia della storia, alcune componenti delle grandi religioni, come il cristianesimo e l’islam, con modalità certamente diverse, si sono gradualmente chiuse a riccio, affermando logiche fortemente identitarie. Nel caso delle Chiese cristiane, alcune di queste hanno subito gli influssi del secolarismo per cui o hanno patito una consistente perdita di fedeli (i quali, non trovando in esse delle risposte ai quesiti della vita, si sono rivolti altrove), o si sono aggrappate ad un’autorità assoluta in grado di fornire verità certe.
Il comune denominatore che lega queste due tipologie è comunque l’insicurezza. “La maggior parte della gente – scrive Albert Nolan – vive in uno stato di disperazione repressa, cercando qualche maniera per distrarsi dalle dure realtà del nostro tempo”22. Dello stesso pensiero è Joanna Macy, secondo cui “il terrore del futuro sta sulla soglia della coscienza, troppo profondo per ricevere un nome e troppo spaventoso da affrontare”23. Quelli che hanno mollato la religione sono andati disperatamente alla ricerca di qualcosa d’inebriante che, almeno in parte, potesse soddisfare le loro istanze interiori sul piano emozionale. Qualcuno si è rivolto agli alcolici o alle droghe.
Altri si sono tolti la vita suicidandosi. Altri ancora hanno trovato una parvenza di sicurezza nella ricchezza e nell’accumulo di beni. Qualcuno, comprensibilmente, è ricorso allo sport, al fitness, ai centri benessere, alle esperienze esoteriche tipiche di altre culture non occidentali.

QUALI LE RAGIONI DEL FONDAMENTALISMO?
Una reazione molto decisa alle incertezze che la vita riserva nel nostro mondo, è il tentativo di tornare al passato, il fondamentalismo24. Volendo comunque tentare di scavare nell’intimo del sentimento fondamentalista, si scopre che la vera ragione è determinata dall’incapacità dell’individuo o della comunità a coniugare gli ideali con la vita, lo spirito con l’esistenza, gli ideali con la storia. Questa divaricazione è tale che genera un dualismo tra anima e corpo, letteralmente privo di significato per la gente del nostro tempo. La mia esperienza con i giovani universitari degli atenei europei, che ho incontrato per quasi trent’anni nel corso del mio apostolato, è chiarissima. La stragrande maggioranza di loro, a parte qualche nicchia neoconservatrice, mal sopporta una visione dogmatica, intransigente, che pretenda sempre di trovare delle spiegazioni su qualsiasi argomento.
Recentemente uno di loro che studia astrofisica, si è sfogato dicendomi che il numero di galassie nell’Universo osservabile è compreso tra i 300 ed i 500 miliardi! “Se consideriamo che una galassia media possiede circa 100 miliardi di stelle – mi ha detto – lascio a lei, caro padre, il calcolo del numero delle stelle presenti nell’Universo osservabile, per non parlare dei pianeti e dei satelliti. Insomma, di fronte a questo mare magnum di corpi celesti, cosa siamo noi sulla Terra? È possibile che voi preti pretendete di sapere tutto sui misteri della vita, quando noi che guardiamo oltre, nello spazio, rimaniamo sempre di più senza parole?”. Ho annotato fedelmente questa conversazione sul mio taccuino, definendola una lezione di umiltà. Intendiamoci, non mi sono sentito minacciato nella fede in Gesù Cristo o nella Chiesa, ascoltandolo, ma ho davvero toccato con mano una realtà ben descritta da David Tacey sulla spiritualità dei giovani australiani25.
testo albaneseLe nuove generazioni stanno superando una visione rigida del mondo, così scientifica e meccanicistica, rendendosi conto che l’universo è un grande mistero che afferma la finitezza di noi umani. Per i giovani ciò che conta è proprio la ricerca del grande mistero che sottende l’universo. Per questo motivo diventano insofferenti e intolleranti rispetto a chi pretende d’impartire lezioni con supponenza, quasi avesse la verità in tasca. Qualunque sia il giudizio che si ricava da tutto ciò, è fuori dubbio che anche il diffuso sentire laicizzato giovanile è un segno dei nostri tempi. Forse, la prima vera risposta che andrebbe data ai fondamentalisti, è quella che troviamo nel vangelo apocrifo di Tommaso, in cui Gesù dice: “Quelli che sanno tutto, ma sono carenti dentro, non conoscono nulla” (67). I fondamentalisti, senza rendersene conto, sono ridicoli perché non hanno assolutamente coscienza del proprio limite e passano sulle altrui convinzioni e dubbi come uno schiacciasassi. “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?”26, dice Gesù nel Vangelo di Luca.
La seconda considerazione riguarda la visione della storia. Questi signori si preoccupano della fedeltà col passato, senza avere il coraggio di ripensare certe loro dottrine, imponendo, come leggiamo nel Vangelo di Matteo, “pesanti fardelli (…) sulle spalle della gente”, ma senza “muoverli neppure con un dito”27.
Chiudendo le finestre della mente al divenire della storia, i fondamentalisti non si fanno domande e minacciando l’ “Anathema sit” per chiunque. Nella vita spirituale autentica, invece, si può crescere solo se si arriva a porre degli interrogativi esistenziali sul proprio essere e sul senso stesso della propria vita. Non a caso la grande Teresa d’Avila scriveva nel Castello Interiore: “Non so se mi sono spiegata bene – questa conoscenza di noi stessi, infatti, è tanto importante che non vorrei vi fosse in ciò mia rilassatezza, anche se foste già elevate fino ai cieli, perché fino a quando saremo su questa terra non c’è cosa che ci sia più necessaria dell’umiltà” 28.

14 Cfr., Youssef M. Choueiri, Islamic Fundamentalism: The Story of Islamist Movements Continuum, London and New York 2010.
15 Sergio Zavoli, La Questione, Mondadori, Milano 2007, p. 217.
16 Sergio Zavoli, op. cit. Il corsivo è mio.
17 Ibid.
18 Giuseppe Scattolin, Islam nella Globalizzazione, Emi, Bologna 2004, p. 111 ss.
19 Ibid.
20 Riccardo Cristiano, Tra lo Scià e Khomeini – Alì Sharia’ti, un’utopia soppressa, Edizioni Jouvence, Roma 2005.
21 Per comprendere la genesi di questo tipo di fondamentalismo, dobbiamo tornare indietro nel tempo, all’epoca dei Lumi con l’accettazione totale del modello meccanicista elaborato a partire da Isaac Newton. La piena fiducia accordata alla ragione e alla teoria dell’evoluzione di Charles Darwin (1859), ha portato ad una concezione evoluzionista, perciò lineare, del progresso umano: progresso, da quel momento in poi, ritenuto possibile grazie alle scienze, a cui guardare con speranza.
22 Albert Nolan, Jesus Today, A Spirituality of Radical Freedom, Orbis Books, Maryknoll, New York, 2006, p. 15.
23 Joanna Macy, World as Lover, World as Self, Parallax Press, Berkeley, 1991, p.15.
24 Cfr. Albert Nolan, op. cit., p. 16.
25 Cfr., David Tacey, The Spirituality Revolution,, the Emergence of Contemporary Spirituality, Brunner-Routledge, New York, 2004, p. 11
26 Lc 6, 41.
27 Mt 23, 4.
28 Santa Teresa D’Avila, Il Castello Interiore, 2, 9.