difvitajpeg1. …Ritengo importante situare la riflessione sulla difesa della vita, anche quella condotta dal punto di vista scientifico-medico, dentro la Dottrina sociale della Chiesa, ossia dentro il rapporto della Chiesa con il mondo. Perché in questo consiste il ruolo pubblico della fede cattolica, che non parla solo all’interiorità delle persone, ma esprime la regalità di Cristo anche sull’ordine temporale e attende la ricapitolazione di tutte le cose in Lui, Alfa e Omega. La regalità di Cristo ha un significato spirituale [2], certamente, ma ne ha anche uno cosmico e sociale. Senza questa dimensione pubblica, la fede cattolica diventa una gnosi individuale, un culto non del Dio Vero ed Unico ma degli dèi, una setta che persegue obiettivi di rassicurazione psicologica rispetto alla paura di essere “gettati” nell’esistenza.
2. Innanzitutto il tema della difesa della vita porta con sé il messaggio della natura. Ci dice che esiste una natura e, in particolare, una natura umana. Non ci sono altre motivazioni valide per chiedere il rispetto del diritto alla vita e, per contro, chi non lo rispetta è perché nega l’esistenza di una natura umana o la riduce ad una serie di fenomeni governati dalla necessità. La vita, invece, ci riconduce alla natura orientata finalisticamente, come lingua, come codice [3]. La nostra cultura ha perso l’idea di fine [4]. Ha cominciato a perderla quando Cartesio ha interpretato il mondo come una macchina e Dio come colui che ha dato un calcio al mondo, o forse anche prima. Oggi viviamo in una cultura post-naturale, come dimostra ampiamente il perversare dell’ideologia del gender [5], da vedersi come una cultura post-finalistica. Il principio di causalità, che nella filosofia classica, era connesso con quello di finalità, se ne è staccato. La realtà non esprime più un disegno ma solo una sequenza di cause materiali. Rilanciare una cultura della difesa della vita significa allora anche recuperare la cultura della natura e la cultura dei fini.
3. Il concetto di natura porta con sé la dimensione dell’indisponibile. Se la natura è “discorso” e “parola”, essa esprime un senso che ci precede. Non siamo solo produttori di parole, siamo anche uditori della parola che promana dalle cose, dalla realtà, dalla sinfonia dell’essere. Ammettere la vita come dono inestimabile significa riconoscere che nella natura c’è una parola che ci viene incontro e che ci precede. Ogni nostro fare deve tener conto di qualcosa che viene prima: il ricevere precede il fare [6]. C’è qualcosa di stabile prima di ogni divenire. Negare la natura apre la porta culturale alla manipolazione della vita, perché viene meno la dimensione dell’accoglienza e della gratitudine. Non si è accoglienti e grati nei confronti di ciò che produciamo noi, ma solo di ciò che ci viene incontro e si manifesta come un dono di senso. Se questa dimensione viene meno a proposito della vita nascente si indebolirà anche in tutte le altre situazioni della vita e la società perderà inesorabilmente la dimensione della reciproca responsabilità, come afferma la Caritas in Veritate al paragrafo 28 [7]…

Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo di Trieste

NOTE
2 Come ha detto Benedetto XVI in Messico nel Discorso a León del 25 marzo 2012.
3 Della natura umana come “lingua” ha parlato, per esempio, Benedetto XVI nel  Discorso ad un gruppo di Vescovi degli Stati Uniti in visita “ad limina”del 19 gennaio 2012.
4 Cf R. Spaemann-Reinhard Löw, Fini naturali. Storia e riscoperta del pensiero teleologico, Ares, Milano 2013.
5 Cf G. Crepaldi e S. Fontana, Quarto Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo – La colonizzazione della natura umana, Cantagalli, Siena 2012.
6 J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo. Lezioni sul Simbolo apostolico, dodicesima edizione con un nuovo saggio introduttivo, Queriniana, Brescia 2003, pp. 41. Ho ritenuto di dover interpretare l’intesa enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate in questa chiave: G. Crepaldi, Introduzione a Benedetto XVI, CV, Cantagalli, Siena 2009, pp. 7-42.
7 «Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono” (Benedetto XVI, Lett. Enc.Caritas in Veritate n. 28).