Mitigazione, adattamento e finanza climatica. Gli obiettivi e le sfide per costruire una transizione energetica giusta e inclusiva: un obbligo nei confronti dei Paesi in via di sviluppo
La 27esima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sul clima, che si sta svolgendo a Sharm-El- Sheik in Egitto (6-18 novembre), è stata rinominata la “COP africana”, non solo per il continente che la ospita, ma per la centralità delle tematiche che riguardano gli aiuti ai paesi in via sviluppo (non solo africani), ovvero le nazioni più vulnerabili e con meno strumenti per affrontare gli effetti dannosi del cambiamento climatico.
Tra i primi obiettivi della COP27, dopo anni di discussioni, vi è infatti quello di dare concretezza agli Accordi di Parigi istituendo con urgenza un fondo per il cosiddetto loss e damage – le perdite e i danni che i paesi storicamente meno responsabili del cambiamento climatico stanno subendo e sono destinati a subire. Proprio l’8 novembre con il suo intervento il primo ministro del Pakistan, Mian Muhammad Shehbaz Sharif, ha ricordato le catastrofiche inondazioni che – solo negli ultimi mesi – hanno messo in pericolo la vita di 33 milioni di persone. La violenza di piogge e torrenti ha distrutto migliaia di chilometri di strade, danneggiato abitazioni e spazzato via 4 milioni di acri di raccolti.
“Stiamo spendendo miliardi di rupie dalle nostre scarse risorse. Da un lato, dobbiamo garantire la sicurezza alimentare spendendo miliardi di dollari e, dall’altro, dobbiamo spendere altrettanti miliardi di dollari per proteggere le persone colpite dalle inondazioni. Possiamo da soli affrontare questo compito gigantesco?” – afferma Sharif – “La stima del danno causato dalle alluvioni ha superato i 30 miliardi di dollari e tutto questo è accaduto nonostante la nostra bassissima impronta di carbonio, eppure siamo stati vittime di qualcosa con cui non avevamo nulla a che fare e, naturalmente, si è trattato di un disastro causato dall’uomo”
Ma, l’inviato per il clima USA, John Kerry, mostra le perplessità del più grande Paese occidentale: Kerry sottolinea che questo significherebbe “sborsare migliaia di miliardi di dollari”, in un momento storico in cui molti stati sono alle prese con gli effetti della guerra, dell’inflazione alle stelle e di un nuovo stallo economico. Questo, proprio mentre i delegati dei paesi in via sviluppo affermano che l’istituzione di un fondo di finanziamento per perdite e danni non possa essere ulteriormente ritardata. Raccoglie, invece, l’appello il Presidente europeo Charles Michel con le sue parole scritte su Twitter: “Dobbiamo costruire una transizione energetica giusta e inclusiva, abbiamo un obbligo nei confronti dei paesi in via di sviluppo”.
Mia Mottley, Premier di Barbados, ha evidenziato che una tassa del 10% sui profitti delle grandi aziende produttrici di combustibili fossili avrebbe permesso un contributo di 37 miliardi per il clima, nei soli primi 9 mesi di quest’anno. Un calcolo basato sui profitti delle 15 maggiori compagnie petrolifere, il cui ammontare equivale alla stima del danno subito nell’ultima alluvione dal Pakistan.
La questione del loss and damage è trasversale a tutti i temi principali che verranno affrontati in questi negoziati:
MITIGAZIONE: ridurre, compensare e azzerare le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Per raggiungere questo obiettivo è necessario sviluppare nuove tecnologie per l’uso di energia da fonti rinnovabili, efficientare gli edifici e i processi produttivi, ridurre la deforestazione, promuovere filiere agroalimentari sostenibili e sviluppare tecniche di rimozione e sequestro del carbonio.
ADATTAMENTO: adottare misure adeguate a prevenire i danni causati ai territori e alle popolazioni.
L’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) ha già detto a chiare lettere che per rispondere ai rischi climatici presenti e futuri sarà necessario raddoppiare la portata dei finanziamenti per l’adattamento.
FINANZA CLIMATICA: creare un fondo di 100 miliardi di dollari annui per supportare i paesi più vulnerabili. Già nel 2009, a Copenaghen, si era iniziato a parlare di un fondo climatico per i paesi in via di sviluppo, ma la somma prestabilita, finora non è mai stata raggiunta. A partire da COP26, però, gli impegni dei Paesi per aumentare i propri contributi sono cresciuti e, secondo le stime dell’OCSE, si potrebbe raggiungere la quota di 100 miliardi entro il 2023.
FAI
Il Cantico
ISSN 1974-2339
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