Il Covid e l’apartheid vaccinale
Alla vigilia del summit tra Unione europea e Unione africana, appello urgente di Oxfam ed Emergency per un accordo sulla sospensione dei brevetti, per permettere la produzione in Africa. Dove solo l’11% della popolazione è vaccinato con due dosi. Da gennaio nel continente africano sono morte almeno 250mila persone per Covid, quasi 7mila al giorno
L’Unione europea entro la fine di febbraio dovrà buttare 55 milioni di dosi di vaccini Covid, perché in scadenza, mentre all’Africa ne ha donate appena 30 milioni dall’inizio dell’anno. Nel frattempo in Africa, a causa della scarsità di vaccini, appena l’11% della popolazione ha ricevuto le prime due dosi e dall’inizio dell’anno si stima che almeno 250mila persone siano morte a causa del virus, quasi 7 mila al giorno. È la denuncia diffusa da Oxfam e Emergency, membri della People’s Vaccine Alliance (network di quasi 100 organizzazioni), alla vigilia del summit tra i leader dell’Unione europea e dell’Unione africana, a Bruxelles.
«Nonostante la retorica di una relazione speciale con l’Africa, l’Unione europea, che al momento è il primo esportatore di vaccini al mondo, ha dato la priorità alla vendita di dosi prodotte in Europa ai Paesi ricchi in grado di pagare prezzi esorbitanti facendo prevalere unicamente la logica del profitto delle case farmaceutiche. Solo l’8% delle dosi esportate è andato al continente africano», hanno detto Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rosella Miccio, presidente di Emergency «BioNTech, l’azienda tedesca partner di Pfizer, ha venduto solo l’1% del suo export nei Paesi africani. Allo stesso tempo, fino ad oggi è l’Unione europea, sotto la spinta della Germania, ad opporsi con maggiore forza alla proposta di sospensione dei diritti di proprietà intellettuale sui vaccini Covid, avanzata da India e Sud Africa all’Organizzazione Mondiale del Commercio con il sostegno dell’Unione africana e di oltre 100 paesi. Un passo che, se accompagnato dalla condivisione di tecnologie e know-how, consentirebbe la libera produzione di vaccini, test e cure, bloccando lo sviluppo di nuove varianti del virus».
Da quanto trapelato fino ad ora – si legge in una nota congiunta di Oxfam ed Emregency –, la spaccatura tra leader europei e africani difficilmente troverà una composizione anche nel corso del summit di domani. La scorsa estate, il Presidente francese Emmanuel Macron – che come presidente di turno del Consiglio europeo ospita il vertice tra Ue e Ua – ha annunciato il suo sostegno alla proposta di sospensione dei brevetti sui vaccini, ma da allora ha fatto molto poco per portare gli altri Paesi dell’Unione su questa posizione. L’Italia è stata assente da questo dibattito a livello europeo, schiacciandosi sulle posizioni della Commissione europea e della Germania, sebbene il Parlamento si sia più volte espresso per chiedere al Governo di promuovere la sospensione dei brevetti all’interno delle istituzioni europee.
Continuano Albiani e Miccio. «Nonostante le vane promesse di rendere il vaccino un bene pubblico globale, fatte ad inizio pandemia dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, l’Ue ha quindi una precisa responsabilità dell’attuale enorme carenza in tutto il continente africano».
«L’Ue sostiene di promuovere una partnership tra pari con l’UnioneAfricana, eppure sta gettando più dosi di vaccino di quante ne stiano donando a noi, continuando a bloccare la sospensione dei brevetti che ci consentirebbe di produrne autonomamente.
Cosa c’è di paritario in questo? » ha aggiunto Sani Baba Moham-med, segretario regionale per l’Africa e ilMedio Oriente del Public Services Inter-national «L’apartheid vaccinale, che l’Unione europea continua a perpetuare, ha un costo immane in termini di vite perse, impatto sulle economie e sui sistemi sanitari dei Paesi africani. È incoraggiante che l’Unione africana assuma una posizione forte su questi temi in occasione del summit Ue-Ua e chieda di inserire la deroga sulla proprietà intellettuale dei brevetti nel documento finale del vertice di domani. È un passo fondamentale per tutta l’Africa».
Sulla carta, l’Unione europea fino ad oggi ha messo in campo diversi progetti per sostenere l’avvio della produzione di vaccini nei Paesi africani, ma lo ha fatto sempre sotto il controllo delle aziende farmaceutiche che ne detengono i brevetti e continuano a tutelare in primis i propri interessi commerciali.
Un esempio lampante è quello di BioNTech, che ha recentemente annunciato l’intenzione di produrre complessivamente 50 milioni di dosi in Africa, una cifra inferiore alla propria produzione mensile in Germania. «L’Unione europea continua ad anteporre gli interessi delle case farmaceutiche all’obiettivo di salvare vite in Africa, l’ultima parola continuano ad averla le aziende produttrici. Su queste basi non si riesce quindi a capire come si possa definire un’agenda di lavoro condivisa con l’Unione africana», concludono Albiani e Miccio.
Nel frattempo il Covax – l’iniziativa dell’Organizzazione Mondiale che avrebbe dovuto garantire l’accesso ai vaccini nei Paesi in via di sviluppo, che era stata sostenuta dalla Ue con 3 miliardi di euro – sta facendo i conti con la mancanza di finanziamenti da parte dei Paesi donatori, dopo aver mancato l’obiettivo di vaccinare il 20%della popolazione dei Paesi più poveri entro la fine del 2021. Ad oggi Covax ha consegnato 1,18 miliardi di dosi a fronte dei 2 miliardi che si era impegnato ad inviare entro fine anno. Il tutto, mentre la sola Germania ha incassato 3,2 miliardi di euro di entrate fiscali da BioNTech, l’azienda che, insieme a Pfizer, aveva ricevuto 2,5 miliardi di dollari dei contribuenti, già prima di ricevere l’autorizzazione all’uso di emergenza dei vaccini.
Il Cantico
ISSN 1974-2339
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