Relazione al Convegno “Annuncio del Vangelo oggi secondo Evangelii Gaudium”
Roma, Casa Frate Jacopa, 3 maggio 2014

Pubblichiamo la relazione proposta da Mons. Antonio Interguglielmi, Direttore dell’Ufficio per le Aggregazioni laicali e le Confraternite della Diocesi di Roma, all’“Incontro alle radici della fede” (Per la sintesi dell’Incontro, a cui hanno portato il loro contributo anche il Card. Velasio De Paolis e Don Massimo Serretti, vedere Il Cantico 5/2014 on line).
La relazione di Mons. Interguglielmi presenta la dimensione dell’evangelizzazione in una chiesa in cammino, nel contesto della diocesi di Roma – madre di tutte le diocesi –, dove si è avviato da marzo un progetto sulla “Missione dei laici nella città”, che fa perno sul coinvolgimento delle Aggregazioni ecclesiali. L’interessante contributo di condivisione di una esperienza in atto si è intersecato con motivazioni e prospettive che riguardano la vita delle aggregazioni laicali e il modo di relazionarsi al mondo, tenendo conto degli apporti del Concilio e del cammino della Chiesa Italiana.

1. PREMESSA
Introduciamo l’argomento partendo dalle conclusioni della relazione del Cardinal Vallini al Convegno dei Responsabili delle Aggregazioni Laicali Ecclesiali e di ispirazione cristiana (“La missione dei laici cristiani nella città”), tenutosi alla PUL il 7 e 8 marzo scorso, a cui molti di voi, penso, abbiate preso parte:

interjpegFaccio appello a voi Responsabili di associazioni, gruppi e movimenti cristiani di riprendere tra gli obiettivi formativi dei vostri membri quello di prepararli ad essere presenti da cristiani responsabili negli ambienti di vita. Sentano la fierezza di dirsi cristiani e di agire con coerenza non solo nelle realtà associative, ma nella complessità della società. Che siano testimoni e portatori di valori forti per contribuire ad “umanizzare la città”. La Chiesa non sogna una cristianità post-secolare, non ha aspirazioni temporalistiche, vuole essere una comunità di uomini e donne fortificati dallo Spirito Santo e testimoni umili e coraggiosi del Vangelo, con la chiara consapevolezza che la testimonianza cristiana è prima di tutto l’esercizio di un cristianesimo vissuto con gioia, lievito e luce nella tormentata vicenda umana.
Mi piace concludere con le parole scritte dal Beato Giovanni Paolo II alla fine del Giubileo del 2000: «Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull’aiuto di Cristo. Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell’uomo, compie anche oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederla, e soprattutto un cuore grande per diventarne noi stessi strumenti»

1. Il Cardinale evidenzia la necessità di un nuovo impegno dei laici nelle diverse realtà della nostra città: a tal fine la diocesi sta coinvolgendo in maniera nuova le associazioni, le aggregazioni laicali e i movimenti, per dare una spinta all’impegno cristiano nella nostra città, rispondendo all’invito avanzato nell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium da Papa Francesco, di una rinnovata opera di evangelizzazione e di missione.
Quale dunque il ruolo delle aggregazioni laicali in questo rinnovato coinvolgimento nella vita ecclesiale della nostra città?

2. IL QUADRO DELL’IMPEGNO DELLE ASSOCIAZIONI LAICALI NELLA DIOCESI DI ROMA
Il famoso Convegno diocesano, voluto dal Card. Ugo Poletti nel febbraio del 1974, su “Le attese di carità e di giustizia nella diocesi di Roma”, di cui quest’anno ricorre il 40° anniversario, fu un evento importante della storia religiosa, soprattutto per rendersi conto che lo scenario era già profondamente cambiato e che l’esigenza di aprirsi alle nuove vie tracciate dal Concilio Vaticano II era improcrastinabile.
Uno scenario che, ancora oggi, presenta la necessità di un’apertura nuova a quanto lo Spirito Santo sta operando nella Chiesa, sempre sollecito nell’“aiutare il cammino di Salvezza dell’uomo”, che deve però essere capace di assecondarlo.
Prendiamo ancora come spunto l’analisi fatta nella sua relazione di apertura al Convegno di marzo dal Cardinale Vallini, dove si mettono in luce gli aspetti sociali che contribuiscono all’allontanamento di tante persone dalla Chiesa e dai suoi principi:

a) La perdita di una identità collettiva, con la caduta dell’appartenenza urbana ad una storia comune e condivisa. Di qui la mancanza di socializzazione. La gente vive nell’anonimato.
Roma è diventata un agglomerato di quartieri diversi, che le periodiche ondate migratorie hanno trasformato in maniera strutturale (in 60 anni ha acquistato più di un milione di abitanti). Non c’è più una sola Roma.
b) L’aumento del disagio sociale. La gente si impoverisce, cresce il numero degli anziani soli, degli immigrati, si ingrossano le sacche di emarginazione e di povertà. E’ stato giustamente scritto che a Roma «è forte il contrasto tra lo splendore storico, culturale e urbanistico e le difficoltà e le povertà di una parte non piccola dei suoi abitanti».
c) L’aumento delle distanze sociali: classi e gruppi sono sempre più lontani; cresce la disoccupazione e il precariato, con lo sgretolamento del ceto medio.
d) La coesione sociale dà segni di sfilacciamento e le reti di protezione e di sostegno sono insufficienti.
e) L’assetto urbanistico non aiuta a far interagire le diversità nella nostra città. Sono evidenti le resistenze tra i vari gruppi sociali. Sarebbero necessarie – per usare un termine proprio dei biologi – delle membrane cellulari che permettessero il fluire delle diversità da considerare non come problema ma come risorse. La domanda è: come far interagire i diversi gruppi sociali etnici, economici, religiosi, per la crescita della vita collettiva?”2.

In questo scenario ci poniamo la domanda: quale è il ruolo che stanno svolgendo i laici, le aggregazioni laicali nella nostra città, includendo in questo concetto i vari tipi di associazionismo, quindi con i movimenti e le nuove comunità?
Quali sono gli aspetti che l’esperienza concreta ci mostra affinché lo Spirito Santo che indubbiamente opera sempre, possa non essere impedito ma aiutato nella Sua opera?
La diocesi di Roma rappresenta in questo senso uno scenario privilegiato, dove la presenza del Santo Padre come nostro Vescovo e la ricchezza delle realtà presenti, ci permette di avere un quadro molto ricco di come si stia evolvendo la realtà associativa nella Chiesa.
Dal mio osservatorio – comunque ristretto e ripeto privilegiato perché della diocesi del Papa – riporto di getto alcune sintetiche riflessioni.

a) La necessità della “lettura dei segni dei tempi” è “saper riconoscere l’azione dello Spirito”: in questi anni, sia a livello associativo, sia anche a livello Parrocchiale, l’impegno dei laici ha avuto un impulso notevole, ma non sempre nella stessa qualità.
La diversità è dovuta sempre all’esistenza, nell’aggregazione laicale o nella Parrocchia, di un itinerario di formazione spirituale che sia adeguato alla mutata realtà; in sostanza alla progressiva scristianizzazione delle ultime generazioni.valjpeg
L’adeguatezza dipende dalla capacità di saper riconoscere i carismi: la costruzione della realtà ecclesiale di salvezza, come segno positivo dell’azione dello Spirito santo nella Chiesa, richiede però l’abbandono di schemi vecchi e talvolta stantii.
L’impegno che si auspica nella realtà temporale, non può prescindere da un itinerario di formazione, serio e completo, che non si aggancia ai miei “schemi”, ma che si adegua a quello che riporta le persone a Cristo.
Così – faccio un esempio personale – è stata la mia esperienza con i gruppi di Rinnovamento Carismatico: molto simile a quella che raccontava Papa Francesco nella famosa intervista in aereo di ritorno alla GMG di Rio.
Quando si cerca di applicare i propri schemi – anche se validi – spesso si assiste a risultati deludenti o temporanei: legati magari alla bravura del sacerdote, alla sua capacità e attrattiva, ma destinati a finire con lui…
La ricchezza del fenomeno associativo, in particolare dei movimenti, è proprio di non essere legato al contingente: è un carisma che si afferma, legato spesso ad un fondatore, ma che vive poi di vita propria. Da qui anche la necessità di creare strutture giuridiche stabili e riconosciute, che rendano quel carisma un dono per tutti.
Ma prima di tutto, come approfondiremo più avanti, occorre sapersi aprire alle esigenze dello Spirito,assecondandolo.
Solo così si può continuare l’opera di Cristo nel mondo.
Saper leggere i segni dei tempi non è dunque solo fare analisi sociologiche, di cui altre scienze sono più preparate di noi, ma saper “riconoscere dove soffia lo Spirito…”.
È Giovanni Paolo II, Papa e Santo, che ci ha insegnato che avere una corretta antropologia dell’uomo significa prima di tutto abbracciarne la complessità, la ricchezza, la fragilità e saperne indirizzare le potenzialità:
“Le scienze umane e la filosofia sono di aiuto per interpretare la centralità dell’uomo dentro la società e per metterlo in grado di capir meglio se stesso, in quanto “essere sociale”. Soltanto la fede, però, gli rivela pienamente la sua identità vera, e proprio da essa prende avvio la dottrina sociale della Chiesa, la quale, valendosi di tutti gli apporti delle scienze e della filosofia, si propone di assistere l’uomo nel cammino della salvezza”3.
Anche questo aspetto veniva ricordato dal Cardinale Vallini nella sua relazione introduttiva al Convegno di marzo:
L’invito della CEI a prepararci al Convegno ecclesiale di Firenze del 2015 sul tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Nel cammino postconciliare della Chiesa in Italia è necessario ripensare e rilanciare la presenza dei cristiani, per rispondere alla crisi antropologica in atto con una proposta di un nuovo umanesimo.
Saper leggere i Segni dei tempi è applicare il metodo induttivo del vedere-giudicare-agire: lo troviamo dapprima applicato nei documenti dedicati alla dottrina sociale della Chiesa, in cui l’aspetto prevalente è proprio dato dal vedere, come riconoscimento e interpretazione dei segni dei tempi, che Papa Giovanni XXIII definirà “rilevazione delle situazioni”
4. A mio avviso “vedere” vuol dire in pratica saper riconoscere che nelle nuove associazioni, nei movimenti, nei gruppi laicali si trova oggi quella novità e freschezza dell’Annuncio del Vangelo che risponde alla necessità dell’uomo di oggi, che non si accontenta più – giustamente – di verità da rispettare e osservare, ma esige le risposte alle domande che il Vaticano II nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes ricorda al numero 10:
“In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. Da una parte infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; d’altra parte sente di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato ad una vita superiore.
Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe”

5. È necessaria a questo punto una precisazione che ritengo fondamentale, e che approfondiremo più avanti con il compito dei Sacri Pastori.
Nell’ecclesiologia apologetica pre-conciliare la Chiesa difende i principi immutabili dal mondo, che viene considerato come pericoloso perché corrompe le anime degli uomini: usa nel suo rapporto con la realtà secolare un metodo che chiamiamo deduttivo. Quindi da un uomo che vive nel mondo, poco ci si aspetta di buono, è qualcosa da cui tenersi a distanza, da guardare sempre con sospetto. Ne discende una grande distanza dal mondo e un’identità ecclesiale caratterizzata dal principio di autorità impegnata a mantenere l’ordine, pochissimo o per niente aperta al dialogo, alle iniziative di chi vive nel mondo, all’incontro (salvo sparute eccezioni…).
Il Concilio, malgrado alcuni spiragli si intravedessero già in alcuni dei documenti della dottrina Sociale della Chiesa, al contrario passa al metodo induttivo e apre al dialogo, all’iniziativa dei laici; riconosce la ricchezza della vocazione laicale, come via per la santificazione… e da santificare, soprattutto.
Nell’approccio con le realtà aggregative laicali non va dimenticato questo passaggio, altrimenti si rischia di approvare formalmente i documenti Conciliari, ma poi non se ne applica il nuovo metodo, rimanendo ancorati ai vecchi schemi.
L’analisi non è tracciata a partire dalla realtà che abbiamo davanti, ma si deduce a priori dai nostri principi e schemi, talvolta non volendo riconoscere i frutti o strumentalizzandoli, non rispettando alla fine il Soffio dello Spirito Santo, che è sempre creativo, sempre innova, sempre ci sorprende.
La lettura della realtà che muta non contrasta con le realtà immutabili in cui tutti noi crediamo; anzi ne confermano la validità. Ancora nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes al numero 10 si legge:
“Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli”.

b) L’approccio alla realtà è dunque fondamentale per valorizzare l’operato dei laici. Saper riconoscere il ruolo prezioso delle associazioni, per evitare il pericolo di voler ridurre la realtà ai nostri schemi prefissati.
L’apertura allo Spirito a cui invitava Papa Paolo VI nella sua meravigliosa introduzione dell’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi:
“Di qui il dovere di confermare i fratelli, che Noi abbiamo ricevuto dal Signore con l’ufficio di Successore di Pietro, e che è per Noi un «assillo quotidiano», un programma di vita e d’azione, e un impegno fondamentale del Nostro Pontificato; questo dovere Ci sembra ancora più nobile e necessario allorché si tratta di incoraggiare i nostri fratelli nella missione di evangelizzatori, affinché, in questi tempi d’incertezza e di disordine, essi la compiano con amore, zelo e gioia sempre maggiori” 6.
Questi concetti vengono ripresi da Papa Francesco, che ha voluto sottolineare l’attualità di questo documento di Paolo VI nel suo discorso d’apertura del Convegno della Diocesi di Roma il 16 giugno scorso:
“Anche oggi è il documento pastorale più importante, che non è stato superato, del post-Concilio. Dobbiamo andare sempre lì. E’ un cantiere di ispirazione quell’Esortazione Apostolica. E l’ha fatta il grande Paolo VI, di suo pugno”.
Applicare il Concilio significa avere una visione positiva del mondo in cui viviamo, quale realtà che attende l’Annuncio della Salvezza e riconoscere quanta efficacia abbiano i laici in questo.
aggrjpegApertura allo Spirito di cui il Vaticano II costituisce l’impulso: è ancora leggendo l’inizio della Costituzione Gaudium et spes che si trova questa apertura ad una realtà mutata, che deve stimolare nella Chiesa un salto innovativo: il mondo non è più visto come un luogo di peccato e di corruzione, da cui i credenti devono fuggire e difendersi, ma è il posto dove si svolge la storia degli uomini e in cui i cristiani sono chiamati a portare la Santità, con la loro testimonianza. Questa visione è nelle parole con ci si apre il Proemio della Gaudium et Spes:
“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
Si intravede lo sguardo attento e sapiente di Paolo VI, la sua lucida analisi sul cambiamento dei tempi. Di fronte all’evoluzione storica, Papa Montini nella Lettera apostolica Octogesima adveniens7, pubblicata in occasione dell’ottantesimo anniversario della Rerum novarum, ricorda nel numero 4:
“Sono differenti le situazioni in cui, volenti o nolenti, i cristiani si trovano impegnati, a seconda dei paesi, dei sistemi socio-politici, delle culture… di fronte a situazioni tanto diverse, ci è difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore universale. Del resto non è questa la nostra ambizione e neppure la nostra missione”.
Questa lucidità di Papa Paolo VI è indispensabile per analizzare il fenomeno della fioritura delle associazioni post-Concilio, ma anche per un’opera di vera incisività nel mondo laico.
Scrive a tal proposito Emilia Palladino in un interessante libro intitolato “Laici e società contemporanea”:
“Paolo VI richiama la Chiesa alla consapevolezza che la dottrina sociale non produce giudizi universali ed eterni, non è un ricettario da applicare alle situazioni difficili, ma rappresenta uno sforzo costante di comprensione delle “cose del mondo”, perché essa sia in grado di accompagnare più speditamente ogni uomo e tutti gli uomini verso quell’unico obiettivo ritenuto importante: la salvezza”
8.
Questa apertura – nient’altro che l’applicazione del metodo induttivo del Concilio – ci permette di guidare e accompagnare le nuove realtà associative nel loro cammino di crescita, di sostenerle e incoraggiarle ad acquisire una mentalità ecclesiale. Giovanni Paolo II nel discorso ai movimenti e alle nuove comunità parlava delle “diverse” stagioni della vita delle aggregazioni: stagione dell’infanzia, dell’adolescenza e poi della maturità9.
Vedo e sperimento nel mio lavoro in diocesi quanto sia importante accompagnare le associazioni, soprattutto le nuove, in queste fasi di vita, di avere la cura che si ha con un bimbo che sta incominciando a camminare, che ha bisogno di qualcuno che gli dia sicurezza, che lo incoraggi, non che lo sgridi o gli imponga quello che non sa ancora fare perché troppo piccolo.
Nella pratica si dimostrano molto valide le linee guida del discernimento e dell’accompagnamento spirituale indicate in Christifideles laici10.
Il gusto rinnovato per la preghiera liturgica e sacramentale, la contemplazione e la preghiera.
L’animazione per il fiorire di vocazioni al matrimonio cristiano, al sacerdozio ministeriale, al diaconato permanete, ai ministeri istituiti, alla vita consacrata.
La disponibilità a partecipare ai programmi e alle attività della Chiesa a livello sia locale sia nazionale o internazionale.
L’impegno catechetico e la capacità pedagogica nel formare i cristiani.
L’impulso a una presenza cristiana nei diversi ambienti della vita sociale e la creazione e animazione di opere caritative, culturali e spirituali.
Lo spirito di distacco e di povertà evangelica per una più generosa carità verso tutti.
La conversione alla vita cristiana o il ritorno alla comunione di battezzati “lontani”.

3. COMPITO DEI PASTORI VERSO LE INIZIATIVE DEI LAICI
Affermava Giovanni Paolo II nel Discorso ai movimenti e alle nuove comunità del 1998:
“L’aspetto istituzionale e quello carismatico sono quasi co-essenziali alla costituzione della Chiesa e concorrono, anche se in modo diverso, alla sua vita, al suo rinnovamento ed alla santificazione del Popolo di Dio. È da questa provvidenziale riscoperta della dimensione carismatica della Chiesa che, prima e dopo il Concilio, si è affermata una singolare linea di sviluppo dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità”11.
Finora abbiamo sottolineato il ruolo e la ricchezza dell’apostolato laico. Perché sia opportunamente valorizzato, incentivato e guidato, è fondamentale il ruolo dei pastori e in primo luogo, oltre quello del Romano Pontefice a livello Universale, quello del Vescovo diocesano, chiamato a riconoscere i carismi che lo Spirito Santo ispira nella Chiesa a lui affidata.
Leggiamo nella Costituzione dogmatica del Vaticano II, Lumen Gentium, al numero 30:
“I sacri pastori sanno bene infatti quanto i laici contribuiscano al bene di tutta la chiesa; sanno di essere stati istituiti da Cristo, non per assumersi da soli tutta la missione salvifica della chiesa verso il mondo; la loro eminente funzione è quella di pascere i fedeli e di riconoscerne i ministeri e i carismi, in modo tale che tutti cooperino concordemente all’opera comune nel modo che è loro proprio”12.
Questa funzione nel riconoscere e saper valorizzare costituisce l’aspetto più complesso ancora oggi all’interno della comunità ecclesiale: quando si realizza il reciproco “riconoscimento” di valore, chiamiamolo così, la comunità cristiana, parrocchiale, diocesana o universale, realizza la parola di San Paolo ai Corinzi citata sempre in Lumen Gentium, al numero 32:
“La diversità della grazia, dei ministeri e delle operazioni serve a raccogliere in unità i figli di Dio, perché “è l’unico e medesimo Spirito che opera tutte queste cose” (1 Cor. 12,11).
Quando si realizza questa comunione d’intenti e di Spirito, questo reciproco riconoscimento del valore del proprio carisma, i frutti sono sempre abbondanti, le persone sanno riconoscere – lo sappiamo tutti, credo – dove al posto dell’invidia o del sospetto, della paura di perdere potere e talvolta “privilegi”, si trova invece il desiderio di lavorare insieme, in comunione per l’edificazione del Regno di Dio.
Dove manca questo – e qui il ruolo dei Pastori è determinante – lo Spirito è come soffocato, i carismi stentano a realizzare la loro missione.
Possiamo parlare quanto vogliamo di apostolato, di servizio, di carità, di opzione per i poveri e via dicendo… ma se alla base non c’è questo desiderio di attuare quello che lo Spirito ispira nella Chiesa, ben pochi saranno i risultati pratici.
Questo compito di discernere i carismi, proprio del Vescovo, esige la collaborazione dei singoli sacerdoti: “quali saggi collaboratori dell’Ordine episcopale e suo aiuto e strumento…”, come si legge in Lumen Gentium 28.
Nella mia esperienza nella diocesi di Roma ho visto tanti esempi dei frutti di questa apertura, anzi parlerei più propriamente di “rispetto”, verso i doni dello Spirito Santo: alcune Parrocchie, in particolare, dove il Parroco e gli altri sacerdoti sono disponibili e aperti alla collaborazione dei laici, singoli o riuniti in gruppi, associazioni o movimenti, i frutti sono sempre stati abbondanti e tante persone si stanno riavvicinando alla fede: la “comunione” sempre attrae… Ci dice Cristo: “Da come si amano li riconoscerete”13.
Così, del resto, il riferimento contenuto nel documento della Congregazione della Fede Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione (28 maggio 1992), al numero 4:
“(la comunione)… non è una realtà ripiegata su se stessa bensì permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché inviata al mondo ad annunciare, testimoniare…”.
Ovviamente questo comporta un lavoro molto più impegnativo e faticoso: significa – come dice tante volte Papa Francesco – avere il coraggio di sporcarsi le mani, di entrare in realtà che non ci appartengono o che non comprendiamo: ma questo non è forse il compito di noi pastori?veljpeg
Un cuore missionario è consapevole di questi limiti e si fa “debole con i deboli […] tutto per tutti” (1 Cor. 9,22). Mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità auto difensiva. Sa che egli stesso deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada.
Questo significa attuare quanto richiede il Concilio (Lumen Gentium, 37):
“(I Sacri Pastori) Con affetto paterno prendano in considerazione in Cristo le iniziative, i voti e i desideri proposti dai laici. I pastori riconosceranno e rispetteranno quella giusta libertà che compete a tutti nella città terrena”.
E ancora in Evangelii gaudium, 44:
“…bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno”.
Certo, si tratta di un lavoro faticoso, che ci porta spesso a confronti e difficoltà, ma noi sacerdoti siamo o no dei Padri, come tante volte ci ricorda e ci conforta con il suo esempio Papa Francesco?
Il padre di famiglia che vuole essere tale per i suoi figli, non li accontenta in tutto, non li ignora e neppure gli da ordini categorici perché facciano solo quello che lui vuole: questo i figli lo capiscono subito e le conseguenze – lo sapete meglio di me – sono sempre negative. Fare il padre davvero comporta affrontare la fatica di riconoscere l’unicità di quel figlio, rispettarla e con amore guidarla. Si parla tanto del problema della “negazione del padre”, che ha generato enormi problemi alle ultime generazioni. Ricominciamo noi a mostrare cosa significa “essere padre”.
In questo ruolo, i pastori hanno il carisma specifico di “saper rispettare e riconoscere i frutti” senza scandalizzarsi delle inevitabili imperfezioni, legate alle persone o alla progressiva comprensione dello Spirito:
“Il seminatore, quando vede spuntare la zizzania in mezzo al grano, non ha reazioni lamentose né allarmiste. Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti”. È ancora Evangelii gaudium, al numero 24.
Anche il Cardinale Vallini lo ha ricordato, sempre nella Relazione introduttiva al convegno dell’8 marzo, affermando:
“Certo, in questi decenni tanti cristiani laici hanno preso coscienza con entusiasmo e fiducia della loro vocazione e l’hanno sviluppata. Le associazioni e i movimenti, caratterizzati da forti identità, hanno prodotto e producono un grande bene alla comunità cristiana con la loro carica spirituale”.
Mi ha personalmente sempre sorpreso come di fronte alla lamentela “viene sempre meno gente in chiesa”, di tanti pastori, Vescovi e sacerdoti, non si voglia vedere come lo Spirito continua a manifestare, davanti ai nostri occhi, dei frutti meravigliosi attraverso tanti gruppi e movimenti: compito non facile, senz’altro, quello del discernimento, ma che i pastori hanno il dovere di esercitare come segno profetico del proprio ministero.
Del resto, i segni della validità dei diversi carismi della Chiesa da sempre costituiscono il compito del discernimento, in primo luogo ovviamente da parte del Vescovo. Ma non solo. Come scrivevano i maestri orientali, la caratteristica della vita del cristiano è proprio il discernimento degli spiriti (in greco diákrisis), che se per Origene è segno della Santità, per Antonio è segno primo della vera carità, quella che attira oggi tante persone a rientrare nella Chiesa (Atanasio, Vita S. Antonii 36, PG 26,896):
“Le buone aspirazioni fanno nascere una gioia inesprimibile, il buon umore, il coraggio, il rinnovamento interiore, la fermezza nei pensieri, la forza e l’amore per Dio”.
Da sottolineare quindi che fa parte della tradizione della Chiesa questo atteggiamento di apertura: del resto, occorre anche ricordare che da sempre i Padri hanno evidenziato che la prima e vera carità non sia tanto quella sociale, quanto l’annuncio della Salvezza che viene dall’incontro con Gesù Cristo. Di questo annuncio ne sono strumento privilegiato i tanti gruppi di laici che lo Spirito oggi sta ispirando nella Sua Chiesa.
Soffocarli, qualsiasi ne sia la giustificazione, vuol dire, dunque, attuare la più grave mancanza di carità.
Da parte delle nuove forme di aggregazione dei laici appare scontato ribadire la necessità di ricercare la comunione con i pastori, riconoscendo in loro il carisma del discernimento e il compito di guida; dall’altra, l’esercizio dell’autorità deve cercare di rispettare il carisma e deve quindi esercitarsi come un servizio e non ergersi a dominio:
“L’autorità nella Chiesa deve essere evangelica non soltanto nel suo fine ma anche nelle modalità del suo esercizio, che vanno permeate e sostanziate di carità”14.
Così nel documento pastorale dell’Episcopato italiano, Comunione, comunità e disciplina ecclesiale, approvato dall’Assemblea del 26 ottobre 1988, al numero 27.
Tanti gli strumenti che vengono in aiuto ai Sacri Pastori per questo delicato e complesso discernimento: dal Codice di diritto canonico del 1983, all’Esortazione apostolica Christifideles laici di Giovanni Paolo II, ai diversi documenti della Conferenza Episcopale Italiana.
Per la ricchezza degli spunti, che possono aiutare non solo i Pastori in questo discernimento, ma anche le nostre aggregazioni laicali per darsi una più consapevole strutturazione e organizzazione, ritengo necessario e utile citare almeno i principali documenti della CEI che trattano di questo argomento, di modo che, se non possiamo qui tracciare un discorso sulle loro linee portanti, molto utile, ma che richiederebbe molto spazio, li teniamo comunque presenti come punto di riferimento:
• Nota pastorale della COMMISSIONE EPISCOPALE PER L’APOSTOLATO DEI LAICI, Criteri di ecclesialità dei gruppi, movimenti e associazioni, 22 maggio 1981
• Documento pastorale, Comunione e comunità missionaria, 29 giugno 1986
• Documento pastorale, Comunione, comunità e disciplina ecclesiale, 1 gennaio 1989
• Documento pastorale, Evangelizzazione e testimonianza della carità, 8 dicembre 1990
• Documento pastorale, Evangelizzare il sociale. Orientamenti e direttive pastorali, 22 novembre 1992
• Nota pastorale della COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL LAICATO, Le Aggregazioni Laicali nella Chiesa, 29 aprile 1993

4. CONCLUSIONI: “Essere prima di fare”.
Per una breve conclusione di queste note sparse, penso sia utile ricollegarmi al saluto introduttivo che Sua Ecc.za Mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della CEI, ha tenuto due giorni fa, il 1 maggio, alla XV Assemblea nazionale ACI. Mons. Galantino ha detto concludendo il suo discorso:
“Ricordiamo però che la capacità di essere lievito nel nostro contesto e corresponsabili non si improvvisa. Essa richiede un tirocinio spirituale e culturale costante; richiede percorsi formativi adeguati”15.
Come realizzare questo “tirocinio spirituale”, come affrontare il problema dell’evangelizzazione degli adulti? Qui è la vera sfida delle nuove aggregazioni: non possiamo operare dimenticando che avere cristiani adulti e quindi consapevoli e capaci non solo a livello operativo, ma soprattutto formati spiritualmente, è la base per costruire quella “comunione d’intenti” di cui abbiamo parlato in particolare nel paragrafo sul ruolo di discernimento della gerarchia. L’amore e l’obbedienza alla Chiesa non si improvvisa, né si può pretendere a priori, ma si forma con la riscoperta della fede.
Questa è l’evangelizzazione che il nostro tempo richiede e che lo Spirito Santo, attraverso i laici, sta attuando nella Chiesa. “Persone nuove in Cristo Gesù”, è appunto il titolo dell’Assemblea nazionale ACI di questi giorni.
Come creare queste “persone nuove”? Partendo dalla realtà di un mondo oramai scristianizzato, che ha necessità di ri-conoscere la bellezza della fede in Cristo, perché ne ha oramai dimenticato gli elementi portanti.
Ecco allora che, accanto ai criteri già citati per il discernimento sulle nuove realtà ecclesiali, è fondamentale, prima del fare, assicurare che la realtà associativa garantisca la crescita spirituale dei suoi membri.
È questo aspetto che caratterizza una aggregazione laicale come strumento al servizio dell’Evangelizzazione e della carità hanno.
È quanto richiede come visto il Concilio Vaticano II:
• Far vivere la comunità, riacquisire la dimensione del “popolo in cammino”.
• Assicurare il rapporto con la Sacra Scrittura.
• Riscoprire – progressivamente – il valore salvifico dei Sacramenti.
Solo da questa formazione nascono poi tutte le altre attività, che sono frutti dello Spirito:
Così la “vocazione dei fedeli laici è piuttosto una presa di coscienza graduale, e non senza l’aiuto della Grazia divina, del progetto di Dio per la propria esistenza, da avverarsi nel mondo” come affermava Mons. Miguel Delgado Galindo, allora Capo Ufficio del Pontificio Consiglio per i Laici, ora Sottosegretario, nella sua Relazione tenuta a Budapest il 25 aprile 2005, nella Giornata di Studio “Consacrazione nei movimenti ecclesiali e nelle nuove forme – aspetti teologici e giuridici”16.
Questa è la ragione perché, come spiega bene Mons. Galindo nella relazione citata, nelle aggregazioni laicali dove si realizza questa formazione alla vita cristiana, aiutando gli uomini a riscoprire gli elementi propri dell’iniziazione cristiana, le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono tanto numerose.
Ancora il Cardinale Vallini:
“La pastorale non è riuscita a dare ai laici una formazione popolare robusta che facesse crescere la coscienza laicale alla responsabilità propria. Salvo eccezioni si è limitata generalmente (e si limita ancora oggi, purtroppo) alla catechesi per i sacramenti, mentre sarebbero necessari itinerari formativi, che partendo da motivazioni forti per credere giungessero a mostrare la bellezza della vita laicale vissuta nelle strutture del mondo”.
Questa caratteristica di riscoperta del carisma di cristiano, in sostanza del Battesimo, caratterizza le aggregazioni laicali più fiorenti e ne fa uno strumento provvidenziale: Rinnovamento carismatico, Movimento dei Focolari, Neocatecumenali, Azione Cattolica, Comunione e liberazione, e tante altre, dove il ruolo dei laici, se è accompagnato dalla guida di pastori illuminati, dà sempre frutti meravigliosi. Si attua quella ecclesiologia di comunione alla base dei documenti Conciliari17.
La comunità deve esprimere quella apertura che è segno di Cristo, della Sua umiltà: la povertà di spirito del Vangelo di Matteo nel Discorso della Montagna, significa riconoscimento della necessità dell’intervento dello Spirito, negazione della autosufficienza.
Si legge nella Nota Pastorale della Conferenza Episcopale italiana sul Volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia:
“Non si può dare per scontato che si sappia chi è Gesù Cristo, che si conosca il Vangelo, che si abbia una qualche esperienza di Chiesa… C’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede…”18.
Questo esige però saper riconoscere e rispettare quelle forme nuove e talvolta particolari in cui i laici stanno raccogliendo tanti frutti di conversioni e di ritorno alla Chiesa: creare uno stato privilegiato di ricettività in rapporto all’azione divina.
Apertura, come segno di umiltà, è innanzitutto conoscenza del valore di ogni uomo, di ogni iniziativa sincera che cerca di avvicinare a Cristo, di rispetto per i doni dello Spirito che possono spesso sorprenderci e sempre ci superano: è l’attuazione di un principio cristiano che fa parte della tradizione della Chiesa. Perciò, quello che scrive Giovanni Climaco a livello personale, può applicarsi come criterio base a livello ecclesiale, guarendoci dalla tentazione clericale di voler essere noi al centro di tutto:
“In rapporto al prossimo l’umiltà ordina quindi di non rimproverare nessuno, di non giudicare nessuno, di non dominare su nessuno”.
E San Basilio scrive che l’umiltà non consente di attribuire a sé i doni di Dio19.
Afferma in questa linea il Cardinal Rylko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, nell’introduzione all’incontro con i movimenti e le nuove comunità del 25 giugno 2011:
“… di fronte al moltiplicarsi di iniziative di studio sulla nuova evangelizzazione, anche di per sé valide e interessanti, bisogna guardarsi dalla illusoria tentazione, sempre presente negli ambienti ecclesiastici, di cercare una “formula magica” per l’evangelizzazione, una sorta di metodo infallibile dall’efficacia garantita”20.
Questo non significa ovviamente non dover discernere e distinguere, come più volte ricordato il compito dei Pastori, specifico del Romano Pontefice e dei Vescovi (can. 394); e non significa che le nuove forme di associazione e i movimenti non debbano continuamente riconsiderare la loro vocazione e missione, in costante e obbediente dialogo con coloro a cui il Signore ha donato il Munus regendi.
Significa invece – lo ripetiamo ancora – attuare la reciprocità dell’ambito istituzionale e carismatico che il Concilio ha portato come novità nella vita della Chiesa tra dimensione istituzionale, fondata dalla Parola di Dio, dal ministero ordinato e dai sacramenti, e appunto la dimensione carismatica:
“(i movimenti)… non c’è dubbio che essi si siano rivelati, nella stragrande maggioranza dei casi, dei canali eminenti per contribuire alla recezione degli insegnamenti del Concilio”21.
Allora l’invito di “essere” prima che di “fare” porterà ai risultati auspicati nel recente Convegno dei Luglio il Responsabili delle Aggregazioni laicali della diocesi di Roma, tenutosi il 7 e 8 marzo scorso.
E’ anche questo l’invito che ci ha rivolto il Cardinale Vallini nelle conclusioni della sua Relazione introduttiva al Convegno di marzo sull’impegno dei laici nella società, con cui abbiamo aperto queste nostre riflessioni:
“Rileggendo a cinquant’anni di distanza gli insegnamenti del Concilio Vaticano II sul laicato, mi pare urgente rilanciare la responsabilità laicale per “umanizzare la città” e i suoi ambienti di vita. E’ necessario svegliarci da un certo torpore e passare dalla diaspora della responsabilità alla presenza dialogica e attiva”.
Collegandomi a questo importante Convegno di marzo scorso, concludo segnalando una recentissima novità della nostra Diocesi, frutto di questi due giorni di incontri.

E’ la nascita di un «Osservatorio sulla città», come «strumento agile di coordinamento delle realtà associative» laiche della diocesi, che «preservi la spontaneità delle singole associazioni e al tempo stesso sia in grado di favorirne la sinergia e il potenziamento reciproco».
È questa la novità pastorale che il Cardinale Vicario Agostino Vallini ha annunciato con la lettera inviata lo scorso 7 aprile ai rappresentanti di associazioni, gruppi e movimenti. A quanti, in pratica, hanno partecipato al convegno su «La missione dei laici cristiani nella città», che ha riunito centinaia di persone, nella Pontificia Università Lateranense, gli scorsi 7 e 8 marzo.
La notizia è uscita proprio ieri, 2 maggio, sul Bollettino diocesano Roma 7 on-line, dove si precisa:
L’«Osservatorio» è il frutto di questo convegno, ed è lo strumento per «proseguire e sviluppare», sottolinea il Cardinale Vallini, il cammino così iniziato. Il porporato presiederà il nuovo organismo diocesano che lavorerà soprattutto su tre fronti: si occuperà di «promuovere connessione» e fare rete tra le varie associazioni; curerà «la formazione, che interessa tutti»; svilupperà «il radicamento sui territori». Il tutto con l’obiettivo di portare avanti «un progetto culturale e sociale per la costruzione di una società realmente ispirata ai valori cristiani ».
Vorrei concludere ancora con le parole di Paolo VI, con cui chiudeva l’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, perché ci sia di guida e di incoraggiamento per la nostra opera di evangelizzazione, donandoci la fiducia e lo zelo della Vergine Maria:
“Tale è il voto che siamo lieti di deporre nelle mani e nel cuore della Santissima Vergine Maria, l’Immacolata, in questo giorno che Le è particolarmente consacrato, nel decimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. Al mattino della Pentecoste, Ella ha presieduto con la sua preghiera all’inizio dell’evangelizzazione sotto l’azione dello Spirito Santo: sia lei la Stella dell’evangelizzazione sempre rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Signore, deve promuovere e adempiere, soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza! Nel nome di Cristo, benediciamo voi, le vostre comunità, le vostre famiglie, tutti coloro che vi sono cari, con le parole che San Paolo rivolgeva ai Filippesi: «Ringrazio il mio Dio ogni volta ch’io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo… Vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa, … nella difesa e nel consolidamento del Vangelo. Infatti, Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell’amore di Cristo Gesù»22.

Roma, 3 maggio 2014

Mons. Antonio Interguglielmi
Direttore dell’Ufficio per le Aggregazioni Laicali e le Confraternite della Diocesi di Roma

1 Card. AGOSTINOVALLINI, Relazione introduttiva al Convegno dei Responsabili delle Aggregazioni Laicali e di ispirazione cristiana, Roma, 7 marzo 2014, da http://www.vicariatusurbis. org/Documenti del Cardinale Vicario.
2 Card. AGOSTINOVALLINI, Relazione introduttiva al Convegno dei Responsabili delle Aggregazioni Laicali e di ispirazione cristiana, Roma, 7 marzo 2014, cit.
3 GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Centesimus annus, nr. 54, 1 maggio 1991 (EV XIII, pp.38-183)
4 E. PALLADINO, Laici e società contemporanea, Metodo e bilancio a cinquant’anni dal Concilio, Assisi, 2013, p. 122.
5 CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes, 7 dicembre 1965 (EV I, pp. 1319-1644).
6 Esortazione apostolica di PAOLO VI Evangelii nuntiandi, sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo, 8 dicembre 1975, in EV 5/1588-1716.
7 PAOLO VI, Lettera apostolica Octogesima adveniens, 14 maggio 1971 (CE-Ras, pp. 479-506)
8 E. PALLADINO, Laici e società contemporanea, cit., p. 125.
9 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai movimenti e alle nuove comunità, 30 maggio 1998, n. 6.
10 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica Christifideles laici, 30 dicembre 1988, nr. 30 (EV XI, pp. 1020-1243).
11 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai movimenti e alle nuove comunità, cit., n. 4.
12 CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Lumen Gentium, 21 novembre 1964 (EV I, pp. 284-456 ).
13 Cfr. Nota pastorale della CEI, Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia, 30 maggio 2004.
14 Documento Pastorale dell’episcopato Italiano, Comunione, comunità e disciplina ecclesiale, 26 ottobre 1988,in Edizioni Dehoniane, 1989, pp. 48.
15 NUNZIO GALANTINO, Persone nuove in Cristo Gesù. Corresponsabili della gioia di vivere, Discorso d’apertura della VX Assemblea nazionale ACI, Roma, 1 maggio 2014 da www.chiesacattolica.it/chiesa_cattolica_italiana
16 MIGUEL DELGADO GALINDO, Consacrazione nei movimenti ecclesiali e nelle nuove forme – aspetti teologici e giuridici”, in Vita Consacrata 46/4 (2010), pp. 203-309.
17 Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera “Communionis notio”, su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, 28 maggio 1992, EV 13, pp. 1774-1807.
18 Nota pastorale della CEI, Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia, cit., nr. 6.
19 BASILIO, Homilia 20,3-4, PG 31, 529-533.
20 STANISLAW RYLKO, La Nuova Evangelizzazione, tra l’essere e il fare, Intervento introduttivo all’incontro con i movimenti eccelsiali e le nuove comunità sul tema della nuova evangelizzazione, Roma, 25 giugno 2011.
21 MONS. MIGUEL DELGADO GAINDO, La Recezione del Concilio Vaticano II nei Movimenti Ecclesiali, Lectio tenuta alla Giornata di alleanza dell’Associazione Via Pacis, il 14 aprile 2013.
22 PAOLO VI, Es. Apostolica Evangelii Nuntiandi, conclusioni, cit.