P. Lorenzo Di Giuseppe

madjpegSentiamo consegnato a noi il ricco Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima. Un Messaggio semplice, profondo ed anche di una attualità sorprendente. Ci parla della povertà in un orizzonte che interessa tutta l’umanità: infatti mentre in una parte del mondo si discute in modo ossessivo di come fronteggiare i problemi di un impoverimento che incombe nel quotidiano, in altre parti del mondo interi popoli, milioni e milioni di persone vivono nella povertà che doveva essere estirpata e che invece va estendendosi sempre più.
Papa Francesco propone il suo Messaggio come “riflessioni che possono servire al cammino personale e comunitario di conversione”. La Quaresima è un tempo adatto per la conversione e il Messaggio ci precisa cosa vuol dire conversione: confrontare il nostro modo di pensare, di amare e di agire con quello di Gesù Cristo, con i suoi sentimenti, con le sue azioni.
Il Messaggio ci richiama alla mente le parole del padre S. Francesco che nella Regola dice ai suoi fratelli: “Il Signore si è fatto povero in questo mondo.
Questa è la sublimità di quell’altissima povertà, che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatti poveri di cose e vi ha innalzati con le virtù. Questa sia la vostra parte di eredità” (FF 90). Ancora nell’Ultima Volontà, dettata da S. Francesco poco prima di morire e lasciata alle “povere signore” di S. Damiano, quasi come suo commiato: “Io, frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre e perseverare in essa fino alla fine” (FF 140). I biografi di S. Francesco parlano di un amore così grande per la povertà, fino a definirlo un vero sposalizio tra lui e madonna Povertà.
Il Papa, come S. Francesco, nella prima parte del suo Messaggio, ci mette davanti a Gesù Cristo partendo da un passo di S. Paolo: “Conoscete infatti la grazia del Signore Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2 Cor 8,9).
Prima di tutto il Messaggio ci aiuta a capire la “grazia del Signore Gesù Cristo” che non possiamo comprendere senza andare alla povertà volontaria, scelta libera di Gesù Cristo.
Questa è l’altissima povertà, la povertà che manifesta l’amore di Dio che in Gesù, da ricco che era, si è fatto povero per noi, e non ha esitato a spogliarsi delle sue prerogative divine, ma si è svuotato, è sceso per farsi vicino e rendersi del tutto uguale a noi fuorchè nel peccato. È il grande mistero dell’Incarnazione, mistero dell’amore di Dio per noi, amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, che non esita a donarsi e a sacrificarsi per noi. È questa la grazia di Cristo. Il modo in cui Gesù ha vissuto la povertà ci parla chiaramente dello stile di Dio che non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza, ma con quelli della debolezza e della povertà.
In che senso la povertà di Gesù Cristo ci libera e ci rende ricchi? Il Messaggio risponde: “È proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il buon samaritano… Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio”. La povertà di Cristo ci arricchisce poi di un insegnamento fondamentale per la nostra vita: una sconfinata fiducia in Dio Padre, un affidarsi a Lui in ogni momento. Così è vissuto il Messia povero.
Dopo aver delineato la Grazia che viene da Gesù Cristo, il messaggio ci domanda: l’altissima povertà di Cristo è una via anche per il nostro mondo? Forse noi pensiamo di salvare il mondo con adeguati mezzi umani! La risposta è “in ogni luogo e in ogni tempo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo.
La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo”. Tutti noi e tutta la comunità cristiana non possiamo distogliere gli occhi dalla povertà di Cristo.Nella seconda parte del Messaggio siamo invitati a passare dalla grazia della povertà di Cristo al suo comportamento verso i poveri e a farci alcune domande sulla nostra testimonianza. Intorno a noi c’è una povertà non volontaria, ma subita, una povertà estesa che ci circonda da tutte le parti. Possiamo chiamarla miseria. Prima di tutto c’è una miseria materiale, quella che ordinariamente chiamiamo povertà. Questa tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana, senza diritti fondamentali e senza i beni di prima necessità, come il cibo, l’acqua, il lavoro. Il nostro impegno è andare incontro a questi bisogni, curare le piaghe. Nel volto dei poveri e degli ultimi a vedere il volto di Cristo. C’è poi una miseria morale che consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato, con la conseguente perdita della dignità e del senso della vita. Dice il Messaggio che questa può ben chiamarsi “suicidio incipiente”.
Questa miseria si collega alla miseria spirituale che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente la buona notizia del perdono e dell’amore di Dio, il tesoro a noi affidato ma per consolare tanti cuori affaticati ed affranti.
Occorre allargare il nostro sguardo e imparare a vedere le numerose espressioni della miseria. Di fronte ad essa possiamo passare oltre come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano? Come Gesù, il Buon Samaritano, siamo chiamati a “guardare le miserie dei nostri fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle”.
Soprattutto in questo tempo di Quaresima tutta la Chiesa deve sentire l’urgenza di testimoniare a quanti vivono nella miseria il messaggio evangelico “che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona”. Potremo farlo solo se imitiamo Gesù che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà.
“La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri”. Attenzione, ci dice Papa Francesco, che la vera povertà duole, non è sentimentalismo, non è donare qualche spicciolo; la spogliazione comporta una dimensione penitenziale.
Per convertirci ed avere in noi questa attenzione e questa responsabilità verso la miseria umana, per divenire misericordiosi e operatori di misericordia abbiamo bisogno della grazia dello Spirito Santo che venga a renderci persone nuove, veri figli di Dio come Gesù Cristo.