Riportiamo alcune risonanze tratte dagli incontri sul Padre Nostro fatti dalla Zona Pastorale Fossolo della Diocesi di Bologna.

Per commentare il versetto del Padre Nostro: “Non abbandonarci alla tentazione”, è stato scelto il seguente brano evangelico:

“Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti:“Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito” (Mt 27,35-50).

“E non abbandonarci alla tentazione!” Questa implorazione richiama il grido di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Cristo sarebbe sceso volentieri dalla croce dimostrando la sua potenza in quanto Dio. Invece scelse di seguire la volontà del Padre, accettando di offrire se stesso in espiazione dei nostri peccati.
Noi, invece, rifiutiamo la croce, rifiutiamo di specchiarci nel volto sfigurato del crocifisso (“scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” 1Cor 1,22), perché vogliamo poter fare a meno di un Dio che “non ha apparenza né bellezza” (Is 53,2) e che ha scelto di farsi simile a noi nella debolezza, fino ad assumere sulla croce “il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio” (Benedetto XVI).
Signore, non abbandonarci alla tentazione di pensare che, affermando la nostra volontà in opposizione alla tua volontà, potremo diventare dio di noi stessi e liberarci dalla fatica di seguire Te crocifisso!
Insegnaci a vivere fino in fondo la nostra umanità accettando di portare la tua croce, per poter condividere il tuo destino glorioso nella risurrezione. Insegnaci a non cedere alla tentazione di voler “scendere” dalla croce, con l’illusione di poter divenire super-umani, trans-umani, post-umani (secondo le ideologie del nostro tempo) e insegnaci ad essere semplicemente e fino in fondo umani, per non perdere il privilegio che ci hai riservato di essere “tua immagine e similitudine” e per non precipitare nel “buio di Dio” (Benedetto XVI) che segna il trionfo del disumano.

Lucia Baldo

 

Nel brano di Matteo Cristo viene tentato di scendere dalla croce. Viene provocato da tutti quelli che passano di lì, che intendono la sua figliolanza divina e il suo potere in maniera umana. Viene provocato a non fare la volontà del Padre.
Anche noi possiamo subire questa tentazione nella sollecitazione di Satana affinché neghiamo la nostra identità di figli di Dio.
Come osserva il papa nell’Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium” la cultura attuale non ci aiuta a vincere questa tentazione, anzi ci porta ad avere una “preoccupazione esagerata per gli spazi di autonomia” (EG 78).
Ma S. Paolo ci dice che siamo predestinati ad essere figli.
Se vogliamo costruire la nostra identità di figli di Dio dobbiamo svuotare il cuore dal desiderio di autonomia esagerata, per potere ospitare la Parola che scende dall’alto nel nostro cuore per renderci figli.
In questo svuotamento, nella povertà di spirito possiamo avventurarci lungo il cammino esperienziale che ci fa agire legati a Lui. È un legame di partecipazione nelle scelte da fare per incarnare in noi la Parola che ci trasforma in figli di Dio.
Come barche a vela abbiamo bisogno di dispiegare la nostra vita al soffio dello Spirito. Agendo in comunione con Cristo acquistiamo quella forza che non si sa dove condurrà, ma che ci fa assomigliare al Figlio di Dio e ci dà pienezza di vita nell’essere figli come è stato Lui nella fedeltà al Padre anche sulla croce.

Graziella Baldo

Il Cantico
ISSN 1974-2339
Pubblicazione riservata