Maria Rosario Restivo

Global strike for climate è stata chiamata la mobilitazione giovanile che, partita in sordina, è diventata un vero e proprio movimento, lo Youth for Climate al grido di «A noi ragazzi non rimarrà niente». Non è troppo tardi per salvare la Terra, ma occorre far presto, perché ogni giorno che passa è un giorno perso nella lotta ai cambiamenti climatici. L’Onu calcola che ogni anno muoiono per malattie legate all’inquinamento ambientale 6-7 milioni di persone. Gli scienziati avvertono che siamo giunti ad un vero bivio: se continuiamo sulla strada attuale, ci aspetta un futuro terribile per l’umanità, pertanto è necessario impegnarsi su un percorso di sviluppo più sostenibile e radicalmente differente. L’allarme sui rischi per il pianeta chiede misure concrete per arrivare entro il 2050 ad emissioni zero di gas serra.

Il rapporto dell’Onu – il sesto Global Environmental Outlook, un volume di 740 pagine redatto negli ultimi cinque anni da 250 scienziati di oltre 70 paesi – spiega che siamo in enorme ritardo. Anche se venissero tagliate le emissioni di gas serra in linea con l’accordo di Parigi del 2015 – cosa molto improbabile visto che alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, hanno poi rigettato l’intesa e gli obiettivi nazionali fissati sono del tutto flessibili – le temperature invernali nell’Artico aumenteranno di 3-5 gradi entro il 2050 e di 5-9 entro il 2080, devastando l’area e provocando l’innalzamento del livello dei mari in tutto il mondo, con conseguenze disastrose.
Lo studio conferma, inoltre, che l’inquinamento atmosferico è la principale causa di malattie e provoca milioni di morti premature. Anche gli inquinanti nell’acqua dolce sono un grandissimo rischio: le infezioni resistenti ad antimicrobici e antibiotici possono moltiplicarsi e diventare fra le principali cause di morte in tutto il mondo entro il 2050, con un impatto anche sulla fertilità maschile e femminile e sullo sviluppo neurologico dei bambini.
Il cambiamento climatico è la sfida chiave del nostro tempo: la nostra generazione è la prima a sperimentare il rapido aumento delle temperature in tutto il mondo e probabilmente l’ultima che effettivamente possa combattere l’imminente crisi climatica globale.
Gli effetti del cambiamento climatico sono ben documentati e si avvertono ovunque nel mondo: il drammatico aumento di ondate di calore, con inondazioni, siccità e frane, lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari. Carenze di risorse idriche e crisi dei raccolti sono solo alcuni dei risultati immediati.
Alcuni storcono il naso di fronte all’esposizione mediatica e all’aura di celebrità che si è creata attorno a Greta Thunberg, proposta già da qualcuno per l’assegnazione del Nobel per la Pace. Ma Greta non è il capo di un movimento. Greta è un’ispirazione. È un simbolo. O, se vogliamo, un esempio. Per evitare comunque che la narrazione mediatica si concentri sulla sua figura, per non cadere in personalizzazioni e inopportune celebrazioni personali, allora non parliamo di lei, ma di ciò che il suo esempio ha ispirato.

Parliamo del movimento contro i cambiamenti climatici. Le ragioni e gli obiettivi di questo movimento vanno ben al di là delle iniziative di una singola persona, per quanto carismatica. La questione climatica è importante ed urgente perché si basa su una scienza solida e condivisa, non sulla biografia, sulla simpatia, sulle idee di questo o quell’attivista. Stiamo assistendo a una straordinaria opportunità di mobilitazione collettiva che potrebbe portare a compiere azioni decisive per il clima. Anche un aumento della temperatura globale di mezzo grado centigrado in più può essere rilevante per gli effetti ambientali che può causare. In una lettera pubblicata sul sito della rivista Scientific American, 240 scienziati hanno dato il loro sostegno al movimento globale degli studenti.
Questo passaggio della lettera è eloquente: “Gli studenti di oggi delle scuole elementari e delle superiori hanno vissuto le loro brevi vite su un pianeta sensibilmente diverso da quello in cui ha vissuto qualsiasi altra generazione nella storia della civiltà umana. Ogni anno della loro vita è stato uno dei 20 anni più caldi da quando si è iniziato a registrare le temperature e hanno anche assistito a eventi meteorologici estremi sempre più frequenti, eccezionali e costosi”. La generazione che in queste settimane in tutto il mondo manifesta per il clima è nata ed è vissuta nel pieno dell’accelerazione del riscaldamento globale che si è verificata negli anni più recenti. È proprio per questo che la sua mobilitazione è particolarmente significativa. Ed è per la stessa ragione che dovrebbe costituire per tutti noi un monito: non abbiamo più tempo. Tra l’altro è una mobilitazione che non nasce dal nulla, ma da anni di attivismo e impegno di movimenti, associazioni e scienziati. Invece di considerare tutto questo, molti si rivolgono accuse reciproche. Ditemi, dunque: perché non siamo stati noi più grandi in questi anni a fare quello che hanno fatto gli studenti in questi giorni?
Perché non siamo stati noi, oggi adulti, a iniziare un’azione di massa? Perché non abbiamo chiesto noi, per primi, che il clima e altri temi ambientali entrassero veramente nell’agenda dei potenti? Tanti di quelli che manifestano in queste settimane non hanno neanche l’età per votare ed erano bambini quando, anni fa, già non si faceva quello che si sarebbe dovuto fare, quando gli allarmi rimanevano inascoltati. I giovani di #FridaysForFuture sono cresciuti in un mondo in cui troppi adulti hanno rimandato, ignorato, sottovalutato, spesso perfino negato e boicottato. Ora chiedono il conto. Mi pare cristallino e ineccepibile.

Solo un mondo asfittico e rancoroso può guardare all’ipotesi di un complotto pianificato per manipolare l’opinione pubblica invece di vedere la bellezza di questi ragazzi, la loro grande maturità, la visione ampia e la capacità di riconoscere con forza la legittimità e la responsabilità delle istituzioni e del potere legislativo ed esecutivo. Greta manifesta davanti al parlamento svedese e parla nelle Conferenze delle Parti sul Clima delle Nazioni Unite e lo fa perché crede nella democrazia rappresentativa e nel suo potere di cambiamento molto più dei suoi detrattori, molto più di quanto faccia oggi ciascuno di noi.
In un mondo in cui i giovani vengono accusati da noi adulti di rimanere inebetiti dietro i grandi e i piccoli schermi, questa ragazzina dalle semplicissime e splendide treccine che non acquista abiti nuovi se non necessari, mentre le sue coetanee si travestono ogni sabato sera da burlesque, ci dà la speranza che nasce dall’azione, dalla forza del pensiero. E questo ci dà fastidio, diciamolo, perché ci pone innanzi la nostra mediocrità. Ci dà la speranza che qualcosa di buono siamo ancora capaci di realizzare, ci fa credere che possiamo cambiare le cose e lottare per un futuro migliore. Ci fa volare alti, lontani dalla bassezza della inamovibilità di chi si nasconde dietro le responsabilità dei potenti per cui “noi” non possiamo far nulla.
La cultura dell’apparenza, che ci induce a vivere per le cose che passano, è un grande inganno. Perché è come una fiammata: una volta finita, resta solo la cenere. L’ uomo è spesso tentato di fermarsi alle cose piccole, quelle che danno una soddisfazione ed un piacere “a buon mercato”, a quelle che appagano in un momento, cose tanto facili da ottenere, quanto ultimamente illusorie. Le cose finite possono dare barlumi di soddisfazione o di gioia, ma solo l’infinito può riempire il cuore dell’uomo. Dio è venuto al mondo per risvegliare in noi la sete di cose grandi.
La battaglia per il clima ha questo sapore. E’ arrivato il momento di mobilitarsi tutti per il futuro dei nostri figli e delle nuove generazioni. Mi auguro che mia figlia crescendo si lasci ispirare da tali esempi piuttosto che dall’effimera convinzione che la modaiola e botulinica apparenza conti più dell’essere e dell’agire.

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