Alfiero Salucci

Mi affaccio alla finestra richiamato da rumori che da tempo non sentivo. “Arancia! Limone! Mandarino! Mela!” scandisce la filastrocca ritmata dal “ciocco” (suono) della corda sul selciato.
Il rumore di “scattini” (pattini a rotelle) oggi è sostituito da quello dei “roller”, ma gli urli durante la gara sono gli stessi.
Il rimbalzo di un pallone completa la strana sinfonia. Manca il colpo secco del palla contro la serranda del garage usata come porta. Il “bong”, che meglio del fischio dell’arbitro, attestava che il tiro era, inequivocabilmente, entrato in “rete”.
Potenza dei blocchi da coronavirus: dello stop a piscine e palestre.
I “cinni” (termine bolognese traducibile con “ragazzini) si sono riappropriati di spazi e tempi sottratti loro dalla pianificazione, prepotentemente imposta, dai ritmi di vita degli adulti.
La rinata vita nel cortile sotto casa mi fa tornare “cinno” nella Bologna di fine anni ‘60.
Ora, rientrato nei panni di insegnante, la riflessione prende altre strade. Anzitutto cade sullo stato emotivo con cui gli studenti e le loro famiglie si accostano, in tempi di coronavirus, al mondo della scuola. Sul tema scrive Gaetano Fuiano in una lettera ad OrizzonteScuola (5-4-2020):
“Non si può immaginare di fare “scuola” senza considerare che in questo tempo ci sono modificazioni tali che creano indubitabilmente delle interferenze interne ad ogni persona, docente o alunno che sia, quali paure, debolezze, solitudine, crisi delle certezze (questo è il tempo in cui un invisibile virus sta chiedendo a tutti di modificare il mondo vissuto e percepito), spaesamento, senso del lutto e della mancanza. Accanto a queste interferenze interne si manifestano quelle interferenze esterne che derivano dalla prospettiva di precarietà e incertezza che molte famiglie vivono come conseguenza della tipologia di lavoro dei genitori (pensate a chi ha genitori nel Sistema Sanitario o in fabbrica su linee di produzione!), ma anche al rischio di chiusura dell’attività commerciale o professionale o comunque dell’azzeramento in molti casi del reddito familiare (attività commerciali, studi e molte altre attività libero professionali anche di alta qualificazione, partite IVA). Queste “interferenze” si aggiungono alla più profonda dimensione del cambiamento strutturale del nostro modo di essere nel mondo. Le persone con cui oggi facciamo didattica a distanza sono in qualche modo “diverse” da quelle che abbiamo incontrato nelle nostre aule e nei nostri corridoi”.
Già il tema della didattica a distanza. Al di là di ogni altra considerazione era dovere del mondo della scuola “esserci”. Riannodare una parvenza di normalità nella eccezionalità della situazione. Farsi strumento (prossimo) per riallacciare rapporti e relazioni significative con coetanei e adulti attraverso le possibilità offerte dalla DAD (didattica a distanza).
La scuola, inoltre, non si poteva sottrarre al dovere di garantire il diritto all’istruzione, seppur con tutti i limiti del contesto dato. Questo tuttavia non esime da ulteriori considerazioni sul tema.
Un terzo delle famiglie non possiede un computer. Se la media scende al 14,3% in quelle con la presenza di un minore, aumenta però il divario geografico: il 6% in Lombardia, l’8,1% nel Nordovest, 21,4% nel Sud. Di fatto almeno la metà dei ragazzi condivide con i famigliari un pc o un tablet.
L’accesso alla rete non sempre è garantito con la qualità e la stabilità dovuta in tutte le aree del Paese. Quattro minori su dieci abitano in case molto piccole e disagevoli. Il 41,9% dei minori vive in abitazioni sovraffollate.
Sono dati ISTAT del 2018-19; prima del Coronavirus e della didattica a distanza. Dati che ci dicono, come già con l’esperienza personale avevo percepito, che molti alunni sono costretti a condividere con i fratelli, o con i genitori impegnati in attività di smart working, risorse e spazi angusti.
L’emergenza ha ridotto il diritto all’istruzione di tutti, ma non in eguale misura, al solito i più colpiti sono minori con famiglie in condizioni economiche, sociali o culturali svantaggiate: proprio quelli per cui la scuola la scuola democratica è stata concepita come “ascensore sociale”.
La rapidità e la gravità dell’emergenza può far a giudicare in modo meno severo questo stato di fatto.
Il ritornello “nulla sarà come prima” induce però a maggior cautela. Fa pensare, che dopo questa accelerazione verso la DAD, non sarà possibile tornare indietro. Che il mondo della scuola dovrà essere riformato a partire da questa esperienza.
Il possibile che, da strumento per far fronte all’emergenza, la DAD si trasformi in una riforma radicale della scuola strisciante, cioè fuori dal confronto sia con le parti sociali sia con l’opinione pubblica.
Più del contenuto, preoccupa il metodo di un sua introduzione surrettizia, che potrebbe trovare ulteriore spazio data la necessità di una lunga Fase 2.
Come e con il contributo di chi sarà progettata questa fase? Quanto durerà?
Il mondo della scuola coinvolge più di 9 milioni di persone: un milione di lavoratori (dirigenti, personale tecnico e amministrativo e docenti) e 8 milioni di ragazzi. Come porli in condizioni di sicurezza durante la convivenza con il coronavirus?
Come applicare il distanziamento sociale, l’unica arma per ora considerata efficace, nelle “classi pollaio” con 27-30 alunni (mettiamo anche 20-25) tenendo conto della cronica carenze sia del numero sia delle dimensioni delle aule?
Anche in questo caso il ricordo torna alla Bologna di fine anni sessanta: si prospetta il ritorno ai doppi turni, e l’opzione didattica a distanza ritorna come alternativa a questa ipotesi. Resterebbero consolidati tutti i limiti dovuti alla carenza di mezzi tecnologici adeguati per famiglie e docenti. Si rischia che aumenti il già elevato abbandono scolastico, aggravato da una ulteriore compressione del diritto all’istruzione per i nostri minori.
L’articolo “Classi da dieci e lezioni all’aperto. Il piano della task force per la scuola” (Repubblica 1 maggio 2020) riporta le dichiarazioni di Patrizio Bianchi alla guida del comitato di esperti per la ripartenza della scuola italiana: “Dobbiamo rivoluzionare l’approccio alla questione online. Ce l’hanno chiesto genitori e studenti: vogliono una scuola dentro i tempi che viviamo. Il tablet è solo l’ultimo ingranaggio, il rubinetto rispetto alla diga. Serve la diga: un’unica grande piattaforma digitale nazionale, dedicata interamente alla scuola. Sarà la base di una nuova didattica. Approfittando di questo disastro chiamato Covid, possiamo costruire gli apparati di un’istruzione diversa e ricucire ritardi di vent’anni. Non dobbiamo immaginare solo tre miliardi a settembre, come hanno spiegato i calcoli realizzati nei giorni scorsi da Repubblica.
Serviranno tre miliardi ogni anno per i prossimi cinque anni”. Direi che si va ben al di là della ripartenza di settembre, quando, evidentemente confidando nella clemenza del clima, si prevede una partenza con un utilizzo spinto delle lezioni all’aperto: “«Il Trentino dovrà sfruttare i suoi boschi, Milano i musei, Roma i suoi parchi. Il territorio è materia educativa, la comunità educante non sono solo muri e professori»”. Prosegue l’articolo “«Nei nostri lavori indichiamo la cancellazione delle classi pollaio e la separazione delle attuali realtà standard.
Le aule saranno più piccole e moderne». Questo accadrà, soprattutto, per infanzia e primaria. «In classe i bambini devono guardarsi in faccia, a debita distanza, e non soltanto la nuca. Immaginiamo 9- 10 piccoli, al massimo, insieme»”. Giudiziosamente l’articolista osserva: “Meno alunni — meno della metà, nel dettaglio — corrisponde a un numero di sezioni che cresce.” Non manca un riferimento alle scuole secondarie superiori: “Per gli studenti di licei e tecnici a queste soluzioni si aggiunge la possibilità della lezione a distanza”. L’articolo chiude con la dichiarazione di Augusta Celada direttore generale dell’Ufficio scolastico della Lombardia: «La campanella non suonerà più alle otto per tutti». Tutto lascia pensare che sarà un autunno di turni e rotazioni. Resta la domanda: come sarà e chi costruirà la scuola del “dopo corona virus”?

Il Cantico
ISSN 1974- 2339
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