Sabato 6 maggio a Torino si è sviluppata la terza tappa del percorso preparatorio del Forum di Etica Civile (che si concluderà il 18/19 novembre a Palermo) per raccogliere riflessioni, idee, esperienze sul delicato rapporto tra pace e sostenibilità ambientale e sui modi concreti in cui oggi sia possibile costruire la pace e percorrere le sue vie.
A ospitare l’incontro è il Sermig – Arsenale della pace che, a partire dal 1983, ha trasformato i 40.000 metri quadri di superficie della fabbrica di armi in una “casa” a servizio della pace, un villaggio organizzato per rispondere ai bisogni di ogni persona che qui bussa alla porta. Fu allora e continua ad essere il lavoro di giovani volontari che dalla Bibbia prendono indicazione e forza per operare alla visione di un tempo nuovo di pace.
“Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci” (Is. 2,4)
Il Sermig è oggi modello di convivenza e di partecipazione in vista di un bene comune: offre accoglienza notturna e casa, assistenza sanitaria, corsi di lingua e di cultura italiana, servizi di ascolto, di orientamento e assistenza al lavoro, laboratori di antichi mestieri, di recupero di materiali; è sede di preghiera, di università del dialogo, di condominio solidale, di progetti per bambini e ragazzi di 20 nazionalità. Missioni di pace nei teatri di guerra ed aiuto ad “amici” di 155 nazioni tracciano, ad oggi, un percorso “di tanti chilometri quanti sono necessari ad andare 102 volte sulla luna”.

Il suo fondatore, Ernesto Olivero nel salutarci, ricorda come Torino si sia mossa subito, allo scoppio della guerra in Ucraina: i cortili dell’Arsenale si sono riempiti 20 volte di Tir e di migliaia di persone, per portare subito sul posto tutti gli aiuti necessari e qui sono state accolte 200.000 persone. Ripensando ai suoi inizi, racconta come egli stesso sia stato accolto, ascoltato e spronato da Giorgio La Pira, in un lungo dialogo di riflessioni sul profeta Isaia.
Oggi ci incoraggia a continuare con azioni incisive per cui ogni uomo possa dire “Basta armi!”.

Il Sindaco, Stefano Lo Russo, portando il saluto della città, spiega che da tempo Torino si interroga sui problemi che il Forun sta riportando in luce, costruendo riflessioni e dibattiti, cercando di andare verso risposte multiple: oggi serve un lavoro di cesello e non di accetta, non di polarizzazione che può solo coltivare il terreno per l’intolleranza; si cerca di individuare la strada da percorrere nell’essere rivoluzionari nel pensiero, riformisti nell’essere.
Invita a continuare lo sforzo di aggregare persone intorno alle problematiche, persone che possano stimolare la politica a prendere le necessarie decisioni per dare soluzione alle esigenze concrete.
La pastora valdese Maria Bonafede rimarca come questo sia un “luogo” di ragionamento e di pensiero che oggi si interroga sulla complessità della parola “pace”, che tutto connette e implica.
Chiede ad ognuno di guardare dentro di sé, a partire dalle intolleranze che albergano nel nostro cuore. Riflette anche sul ruolo delle chiese e delle religioni nel corso del tempo e della storia, partecipi spesso degli spiriti di guerra e degli stimoli che le sostengono e sulle responsabilità grandi della storia: non è scontato che il contributo delle religioni sia un contributo innocente.
Ogni chiesa si forma sulla fede e l’armonia dello spirito: crediamo che Dio è pace, pienezza di vita, Colui che dà un senso alla vita, alla speranza.
Alcune parole aiutano il cammino della parola “pace”, sono a lei coniugate: libertà (non ci può essere pace tra muri e restrizioni), scelte (non si può essere liberi senza adoperarsi per chi libero non è), giustizia (articolandone i modi), laicità.
Tutto sta insieme: libertà, giustizia, responsabilità, esposizione personale.

Anche il Vescovo, mons. Roberto Repole, portandoci il suo saluto benedicente, ci sprona a continuare in atti di discernimento, a esprimere la “qualità” della presenza cristiana nella società, vivendo la fraternità universale, il prendersi cura l’uno dell’altro senza rivendicazioni, ma esprimendo valori non negoziabili: il valore della vita, della misericordia e del perdono.

Il saluto del Prof. Simone Morandini è un guardare/ guardarci tutti negli occhi: “Siamo qui, terza tappa di preparazione del quarto Forum, per declinare la parola “Etica civile” che soddisfi il bisogno di ritessere una convivenza, una strada di pace, consapevoli del lento e lungo processo che comporta, processo coraggioso che possa operare un taglio di prospettiva”.

La Dott.ssa Raffaella Dispenza, presidente ACLI Torino, introduce il lavoro del Prof. Leonardo Becchetti che riflette su “L’economia civile come risposta alla crisi globale” e pone domande su come trasformare la società, come alimentare il desiderio che fa scattare la molla per portarci all’impegno.
Presenta Next, Nuova Economia per Tutti, associazione di promozione sociale creata nel 2011, processo di rete per lo sviluppo sostenibile dei territori, di iniziative di cittadinanza attiva e di consumo responsabile anche attraverso Gioosto, la piattaforma di ecommerce sostenibile per scelta di prodotti di qualità fatti rispettando persone, ambiente e comunità locali.
Il Prof. Leonardo Becchetti ci indica il significato e come essere più “generativi” e “votare con il portafoglio”.
Ricorda che già nel 1700 Antonio Genovesi diceva che non si può fare la nostra felicità senza fare quella degli altri e presenta la generatività come la capacità di incidere positivamente sulle vite altrui.
“Quello che veramente conta … è la possibilità di fare felici e di migliorare le condizioni di altri esseri umani, soprattutto quelli più in difficoltà”. “La visione religiosa della vita ha sempre lavorato per dare dignità a tutte le persone cercando di capovolgere gerarchie e logiche di successo mondano mettendo al primo posto gli ultimi perché più bisognosi”. (spesso invece oggi il povero viene visto come qualcuno che non si è impegnato abbastanza nella vita).
Costruire relazioni è la soluzione che soddisfa il dare senso alla vita, a partire dalla fiducia: essere meritevoli di fiducia e quindi insieme creare e dare fiducia, base per il cooperare.
Sul fronte del “votare con il portafoglio” ci ricorda che siamo noi a poter premiare con le nostre scelte di consumo e di risparmio i prodotti leader nel coniugare qualità, dignità del lavoro, sostenibilità ambientale, e quando, per batterci per il disarmo, preferiamo quelle ditte che non producono armi.
La piattaforma Gioosto e Etica sgr ci possono essere di aiuto nelle nostre scelte di consumo e per agire consapevolmente sui mercati finanziari attraverso i nostri risparmi. Conosciamo ormai tutta una serie di problemi relativi alla produzione, commercializzazione, spreco del cibo, durata limitata della vita dei prodotti, ricerca spasmodica di massimizzare il profitto attraverso il costo del lavoro, delocalizzazione là dove la mano d’opera è a costi minori o infimi, dove non si pagano costi nell’inquinare, sedi d’azienda fissate in paradisi fiscali…
Rispetto all’emergenza climatica il problema fondamentale è però che siamo di fronte ad un male pubblico globale che necessita, per contrastarlo, della somma degli sforzi di tutti i paesi del mondo.
E certamente non se ne esce senza comportamenti sostenibili da parte del mondo delle imprese e senza cambiamenti degli stili di vita dei cittadini.
Il conflitto in Ucraina, con l’invasione dell’esercito russo, ha reso la parola guerra drammaticamente reale e ha fatto comprendere a chi non ha visto il secondo conflitto mondiale quanto sia importante lavorare per la pace e quanto sia importante la democrazia.
“La verità è che la transizione ecologica è una delle risposte e delle soluzioni al problema. La spinta dei prezzi, a partire dal gas, ha messo in crisi famiglie e imprese, ma chi ha avviato per tempo la transizione ecologica si è trovato in minore difficoltà.
Oggi sappiamo che le fonti rinnovabili sono superiori non solo dal punto di vista di clima e salute, ma anche dal punto di vista di pace, democrazia, volatilità dei prezzi e convenienza di costo”.
I giovani inoltre sanno che “nella rete non c’è spazio conteso da conquistare, quanto una comunità di connessioni da condividere, dove ciò che conta non è la proprietà ma l’accesso e tutto ciò che viene scambiato e condiviso vale di più quanti più soggetti vi partecipano. Partecipazione, condivisione, accesso, comunità sono le parole del futuro”.

P. Claudio Monge ribadisce che la pace è fondata sulla fiducia e sulla coerenza, non su sicurezza e confini. Essere segno di un Dio disarmante che è disarmato vuol dire anche riformulare il senso che diamo al “noi”, in termini comunitari, in termini inclusivi: dove siamo noi? da che parte stiamo nei confronti della violenza? “Dov’è tuo fratello?”.
Gli ideali politici di pace sono in genere monoculturali, ma oggi meglio avviarsi a praticare interculturalità e non multiculturalismo. Prima di una pace tra le religioni è necessario praticare una pace attraverso le culture.

Anche il Prof. Franco Vaccari, fondatore di Rondine Cittadella della Pace, racconta del suo legame con Giorgio La Pira e il suo gruppo di collaboratori, di come dal 1986 tornarono a Mosca incontrando i personaggi che uscivano dai gulag, della mediazione e trattative segrete per arrivare al cessate il fuoco al tempo della lotta della Cecenia.
Oggi Rondine è un luogo dove si ospitano coppie di giovani “nemici”, bosniaci e Kosovari, palestinesi e israeliani, indiani e pakistani… che convivono insieme per 2 anni per scoprire cos’è la “persona nemico”.
Insieme si scopre come trasformare i conflitti, andare verso il “nemico” e portare possibilità di pace.
Rondine è un luogo da toccare con mano: da sette anni possono venire qui ragazzi italiani del quarto anno di scuola superiore ad incontrare persone di 30 paesi diversi e insieme possono condividere anche il dolore, la fatica per superare i conflitti, cioè la differenza che si incontra nella relazione (di sesso, religione, cultura, popolo…). La relazione, habitat della fiducia, non è io e te, ma un terzo: per rispettarci tra me e te c’è sempre una soglia, invisibile; a Rondine non ci sono porte, solo soglie.

Al termine la presidente nazionale Focsiv, Ivana Borsotto, richiama alla responsabilità di ciò che non riusciamo a fare perché non uniamo le nostre forze: abbiamo imparato che nessuno si salva da solo, e anche nessuna soluzione oggi può aversi se non globale. Sollecita a fidarsi gli uni degli altri, fidarsi delle istituzioni e delle forze politiche.
Ricorda che la forza sta non tanto nel cosa facciamo, ma nel come facciamo e con chi.

Il saluto finale di Simone Morandini certamente vuole spronare tutti, nel ripensare la giornata vissuta, a proseguire questo cammino di riflessione, condivisione e concretezza che vede in tutta Italia, da Torino a Palermo, l’unione di persone, gruppi, movimenti e organizzazioni, per ritrovarci in Sicilia a concludere il Forum.

Maria Rosa Caire

 

Il Cantico
ISSN 1974-2339
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