Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Riportiamo alcune risonanze tratte dagli incontri sul Padre Nostro fatti nel 2021 dalla Zona Pastorale Fossolo della Diocesi di Bologna.
Per commentare il versetto del Padre Nostro: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”, è stato scelto il seguente brano evangelico:
Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno ». Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?». Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno (Gv 6,20-44).
Gesù parla in parabole espresse attraverso un linguaggio metaforico. Le metafore sono figure retoriche che fanno comprendere una realtà più profonda nascosta dietro immagini di comprensione immediata. Comunque occorre tenere presente che il linguaggio metaforico delle parabole richiede il dono dell’illuminazione dello Spirito Santo per essere compreso in modo che possiamo rispondere a ciò che Dio ci dice attraverso Gesù.
In questa parabola Gesù si presenta come il “pane della vita”. Questa metafora, che fa pensare al nutrimento del nostro corpo, rimanda al nutrimento dell’anima attraverso Lui, perché è Lui quello che ci manca.
È Lui il nutrimento che ci manca per vivere e per avere la vita eterna.
Di Lui abbiamo bisogno e, se da Lui accettiamo di essere nutriti, compiamo un atto di fede in chi ci può sfamare.
La “fame” è una metafora che rimanda all’anelito, al desiderio, all’inquietudine, alla povertà di senso della nostra vita senza di Lui.
Chiedere di essere sfamati da Lui significa chiedere che qualcosa di suo diventi nostro e noi lo ingeriamo affinché contribuisca alla costruzione della nostra vita.
Il pane rappresenta anche il cibo dell’alleanza, che sazia la nostra richiesta di non essere soli, di non essere dispersi e perduti. E come è emerso chiaramente dal tempo in cui viviamo, tutti abbiamo bisogno di vicinanza.
Cristo fa la differenza, ma la nostra comunione con Lui è spesso blanda, perché non crediamo che sia la risposta al nostro anelito. Invece la comunione con Lui è così efficace che neanche la morte può separarci.
Graziella Baldo
“Noi di cosa abbiamo fame? Che cosa ci manca?” chiede la traccia.
Che cosa mi manca? Risponderei dicendo che non mi mancano cose, ma che sono io la mancante: come il mio corpo non basta a se stesso, ma ha bisogno di cibo e di acqua per vivere, così il mio spirito non mi basta, perché è incapace di trovare senso in se stesso. Esso ha bisogno di attingere forza da un pane di vita che non sia effimero come le cose di questo mondo. Il mio corpo e il mio spirito in se stessi non sono autosufficienti. Non mi bastano.
Sento che per essere felice i miei sentimenti, i miei pensieri, il mio agire, cioè tutto il mio spirito deve lasciar trasparire lo Spirito del Signore, così come Gesù lo ha manifestato nella sua vita e nelle sue opere. Il mio spirito non deve farsi spessore di se stesso, poiché se sono “pieno di aceto – dice S. Agostino –, come potrà Dio riempirmi di miele?”.
S. Francesco, nel suo commento al Padre nostro, invoca da Dio il Pane della vita, il Signore nostro Gesù Cristo, “a ricordo e a riverente comprensione di quell’Amore che ebbe per noi e di tutto ciò che per noi disse, fece e patì”.
Lucia Baldo